Stefania Bartolone

Founder Junior

IL PORTONE DEL DIAVOLO Via XX Settembre Torino Il portone ideato da Pietro Danesi nel 1675, a Parigi su commissione di Giovanni Battista Trucchi di Levaldigi, Conte e Generale delle Finanze di Carlo Emanuele II. La porta è riccamente intagliata e adornata con fiori, frutta, animali amorini, e altre simbologie, ma prende il nome dal suo particolare più inquietante, il battente bronzeo rappresenta satana con tanto di corna e bocca spalancata e all'interno due serpenti Si dice che il portone sia comparso dal nulla una notte, alimentando le credenze popolari. Si narra che, quella notte, un apprendista stregone avesse invocato le forze oscure e lo stesso Satana, infastidito dall’invocazione, imprigionò il mago costringendolo a restare all'interno per l’eternità Fabbrica dei tarocchi Si narra che nel 1600, al piano terreno del palazzo, ci fosse la sede della prima Fabbrica dei tarocchi. Coincidenza o conferma della magia nera, fu che il palazzo fosse, in quegli anni, posizionato al numero civico 15, che nei tarocchi è associato al Demonio. La leggenda del maggiore Melchiorre Du PerrilModifica All'inizio ‘800, durante l’occupazione francese, il maggiore Melchiorre Du Perril entrò nel palazzo per consumare un pasto veloce, prima di partire con documenti segreti ed importanti. L’uomo, atteso fuori dal portone, non uscì mai dal Palazzo. Sembra che vent’anni dopo, durante i lavori di ristrutturazione del palazzo, alcuni operai, abbattendo un muro, trovarono uno scheletro imprigionato e sepolto in piedi. La leggenda della ballerinaModifica Nel 1790, epoca in cui il Palazzo apparteneva a Marianna Carolina di Savoia. La leggenda narra che durante una importante festa di carnevale, una delle danzatrici che si esibiva per intrattenere gli ospiti cadde a terra pugnalata mortalmente. Il colpevole non fu mai ritrovato né tanto meno l’arma del delitto. La notte stessa dell’omicidio si scatenò sulla città una tempesta di vento e pioggia con lampi accecanti, tuoni fortissimi e assordanti e vetri frantumati. Un vento freddo soffiò all’interno del Palazzo, si spensero tutte le luci e gli invitati fuggirono urlanti. Poco tempo dopo venne avvistato un fantasma che girovagava per le stanze del palazzo, quello della ballerina uccisa la notte della festa. Un'altra versione parla dell’apparizione, il giorno seguente all’omicidio, di un quadro raffigurante la ballerina danzare sulle fiamme dell'inferno.

Stefania Bartolone

Founder Junior

Victor Hugo diceva che “la malinconia è la gioia di essere tristi“. La malinconia non sarebbe possibile senza memoria. È un sentimento che ci ricorda che ci manca qualcosa che c’è stato, che ci faceva sentire bene....

Stefania Bartolone

Founder Junior

"Adulto è colui che ha preso in carico il bambino che è stato, ne è diventato il padre e la madre. Adulto è colui che ha curato le ferite della propria infanzia, riaprendole per vedere se ci sono cancrene in atto, guardandole in faccia, non nascondendo il bambino ferito che è stato, ma rispettandolo profondamente riconoscendone la verità dei sentimenti passati, che se non ascoltati diventano presenti, futuri, eterni. Adulto è colui che smette di cercare i propri genitori ovunque, e ciò che loro non hanno saputo o potuto dare. E’ qualcuno che non cerca compiacimento, rapporti privilegiati, amore incondizionato, senso per la propria esistenze nel partner, nei figli, nei colleghi, negli amici. Adulto è colui che non crea transfert costanti, vivendo in un perpetuo e doloroso gioco di ruolo in cui cerca di portare dentro gli altri, a volte trascinandoli per i capelli. Adulto è chi si assume le proprie responsabilità, ma non quelle come timbrare il cartellino, pagare le bollette o rifare i letti e le lavatrici. Ma le responsabilità delle proprie scelte, delle proprie azioni, delle proprie paure e delle proprie fragilità. Responsabile è chi prende la propria vita in carico, senza più attribuire colpe alla crisi, al governo ladro, al sindaco che scalda la poltrona, alla società malata, ai piccioni che portano le malattie e all’insegnante delle elementari che era frustrata e le puzzava il fiato. Sembrano adulti ma non lo sono affatto. Chi da bambino è stato umiliato, chi ha pensato di non esser stato amato abbastanza, chi ha vissuto l’abbandono e ne rivive costantemente la paura, chi ha incontrato la rabbia e la violenza, chi si è sentito eccessivamente responsabilizzato, chi ha urlato senza voce, chi la voce ce l’aveva ma non c’era nessuno con orecchie per sentire, chi ha atteso invano mani, chi le mani le ha temute. Per tutti questi “chi”, se non c’è stato un momento di profonda rielaborazione, se non si è avuto ancora il coraggio di accettare il dolore vissuto, se non si è pronti per dire addio a quel bambino, allora “l’adultità” è un’illusione. Io ho paura di questi bambini feriti travestiti da adulti, perché se un bambino ferito urla e scalcia, un adulto che nega le proprie emozioni è pronto a fare qualsiasi cosa. Un bambino ferito travestito da adulto è una bomba ad orologeria. L’odio potrebbe scoppiare ciclicamente o attendere a lungo per una sola e violenta detonazione, altri preferiscono implodere, mutilando anima e corpo, pur di non vedere. Ciò che separa il bambino dall’adulto, è la consapevolezza. Ciò che separa l’illusione dalla consapevolezza è la capacità di sostenere l’onda d’urto della deflagrazione del dolore accumulato. Ciò che rimane dopo che il dolore è uscito è amore, empatia, accettazione e leggerezza. Non si giunge alla felicità attraverso la menzogna. Non si può fingere di non aver vissuto la propria infanzia. Non si può essere adulti se nessuno ha visto il bambino che siamo stati, noi per primi". Janusz Korczak

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