Passi Sparsi | Esercizi di Empatia in narrativa

Libri & Scrittura

Passi Sparsi #06

2018-11-04 07:34:22

Passi Sparsi di Francesco, web designer, anni 34.

Fu mentre camminavo sotto la pioggia, un sabato mattina, lungo le bancarelle del mercato, con nelle cuffie questo brano, fu lì che vidi passare Francesco e il suo sguardo mi invitò a entrare. Così feci una passeggiata dentro di lui, per una decina di minuti.

[S.O.]

__________

È venuta a trovarmi oggi, dopo settimane che non si faceva vedere. Non che mi fosse mancata, anzi, ho goduto a lungo per la sua assenza, mi sentivo più libero, potevo andare e venire senza preoccuparmi di lei. All’alba di stamani mi ha svegliato, inaspettata. L’ho ascoltata per un po’, finché non mi sono deciso ad aprire gli occhi, ad alzarmi, a guardarla con sguardo di sabbia attraverso i vetri. Solo a quel punto ho capito che mi era mancato soprattutto un senso di lei: l’intimità che mi regala ogni volta che torna, la sensazione di essere un piccolo uomo, di dovermi fermare a far qualcosa per me o, semplicemente, a pensarlo. Nulla sa farsi amare così, credo, nessuna cosa di questo mondo, o forse il mare, quando lo rivedi dopo anni, nel sole o nel grigio, coi gabbiani o senza. Nulla ti obbliga a fermarti in te, come sa farlo una pioggia di fine estate. Spalanco la finestra, mi affaccio su Corso Mameli e seguo per un po’ le gocce che cadono sugli ombrelli. Visti da quassù sembrano delle bolle colorate in movimento. Decido di scendere, di entrare nel flusso. Mi porterò l’ombrello rosso, quello che usava Marta, uguale al suo rossetto. Quando chiudo i vetri e mi volto, la rivedo, per un attimo, in piedi vicino alla porta d’ingresso, con i capelli mogano e le labbra rosse, i sacchetti della spesa in mano. Mi sorride alla sua maniera, quella che mi faceva sentire il cuore nelle orecchie.

A quest’ora era già scesa e aveva fatto le commissioni del mattino. Si alzava sempre prima di me.

Accendo il PC, avvio il download dei files di cui ho bisogno per terminare il lavoro. Mi preparo in pochi minuti e scendo in strada. Il caldo da serra, il vociare asiatico misto al rumore della pioggia, per un attimo mi riportano ai giorni del monsone di Nuova Delhi, ma l’odore di cibo nostro che esce dalla bottega di fronte, mi fa tornare indietro. Cammino verso piazza Rovetta. Vedendo le bancarelle del mercato mi ricordo che è sabato, che oggi posso evitarmi di lavorare. Questo pensiero mi fa chiudere l’ombrello, non so perché. Alzo il cappuccio della felpa, mentre le voci si mescolano su tappeti di formaggio e di fritto. Attraverso il fiume di gente, tiro dritto verso Porta Bruciata, sentendomi un superstite, non appena sfioro l’ultima bancarella di Piazza della Loggia e mi avvicino al bar dove spesso facevamo colazione insieme. Penso alle dimensioni del mio corpo, al fatto che ora occuperei la metà dello spazio se mi sedessi a un tavolo. Mi sento amputato e mi chiedo se anche Marta prova questa cosa, o se invece ha già trovato qualcuno con cui potrebbe sedersi qui, andare in libreria a tirare mezzogiorno, sfogliare veloce un libro respirandolo vicino col naso, camminare fianco a fianco al ritorno, magari voltarsi qualche volta per sorridergli.

Con me sì, con me lo faceva.

Non immagino di poterci andare ancora in quella libreria a odorare profumo di stampa. Con chi potrei scambiare libri e aromi differenti a seconda dell’edizione? Chi potrei controllare tra gli scaffali da lontano? Quale testa cercare con gli occhi? Quale sorriso attendere là dentro? Forse questa piccola piazza lo sa, o gli scalini delle barricate possono dirmelo, com’è successo che siamo andati oltre lei ed io, oltre il normale passeggio, oltre i sessanta secondi di un minuto, oltre i nostri passi uguali, oltre la lunghezza di un sorriso. Giro i tacchi, torno ai portici, passo dietro al monumento per i caduti della strage, mi fermo davanti alla vetrina del negozio di bigiotteria economica, a guardare le collane che Marta collezionava. Speravo di vederla lì, con lo sguardo perso nell’indecisione e i denti che le mordicchiano il labbro inferiore storto, ma non la trovo. Riapro l’ombrello ora, tornerò verso casa nella mia bolla rossa, oppure andrò alla deriva tra i banchi del mercato, acquisterò un pezzo di sabato fritto, da mangiare insieme al gatto. Francesco web designer anni 34