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Alessandra oltre il tumore al seno: «Ho trasformato la mia malattia in musica»

2018-07-31 13:30:07

L’artista si è ispirata al rumore della risonanza magnetica per creare dei brani È una mattina del maggio 2015. La mammografia evidenzia un problema e occorre fare un esame più approfondito. Alessandra si avvia alla risonanza magnetica e, durante l’esame, viene assalita da un fremito: «Perché non trasformare i rumori freddi e metallici della macchina diagnostica in calde note musicali?». Il referto è inequivocabile: tumore al seno. «Dentro di me già lo sapevo ma, finché non hai un responso definitivo, speri sempre che non sia così. Ricordo - racconta Alessandra Laganà (49 anni) avvocato e musicista - quella mattina drammatica. Il mio bravo medico, Carlo De Felice, grazie alla sua diagnosi precoce mi aveva già detto che dalla mammografia era emerso un problema: il guaio è che di problema non ce n’era uno solo! Quando sono entrata nel tubo della risonanza ho vissuto una scissione: il mio corpo si preparava ad andare in battaglia, la mia mente doveva emigrare altrove e ho deciso di trasformare quei rumori cacofonici in melodia. I suoni della risonanza sembrano musica elettronica e, appena uscita dal tubo, ho comunicato al mio compagno, che attendeva in anticamera, la mia intenzione». Tommaso Marletta, il suo compagno, è ingegnere del suono: «Lui deve avermi preso per pazza - continua Alessandra - però ha subito aderito ed è nato il primo brano: “Résonance Magnétique”, per trasformare il dolore in un’opera d’arte». Da questo primo brano nasce un tragitto ricco di straordinari progetti tuttora in corso. «Mi son fatta dare il dischetto della risonanza e ne ho stampato il contenuto: la foto del mio seno. Ho evidenziato il tumore, ho disegnato una freccia che lo indica, ci ho scritto sopra I’m not here, perché io non sono il mio tumore, la mia vita non dovrà ruotare intorno al cancro, devo uscire dal tunnel con le cure e con l’arte. Ho creato un volantino e, ricoverata in ospedale per operarmi, ho detto ai medici: voglio fare di questo volantino un’opera artistica». Poco dopo sono nati due album, cui hanno partecipato una ventina di musicisti: «Dolce veleno», canzoni scritte e cantate da Alessandra; «Suoni lenitivi per adulti», musica sperimentale. È nato il docu-film «Noma»: «Il titolo viene dal greco, significa lacerazione, il mio carcinoma. È il racconto per immagini e testimonianze di persone con problemi analoghi al mio e di specialisti che le curano. Un altro modo di distrarmi dall’ossessione della malattia, trasmettendo la mia esperienza agli altri: bisogna parlare per esorcizzare la paura e uscire dalla solitudine». Come affermava Oriana Fallaci quando nel suo corpo si annidò «l’alieno»: bisogna avere il coraggio di pronunciare la parola «cancro», è come dire di avere l’epatite, la polmonite o una gamba rotta. «Certo! - ribatte Alessandra - questo è lo scopo del film, che nel 2017 ha ricevuto un premio per il suo valore umanitario all’Accolade Global Film Competition di Los Angeles!». È nata un’associazione, Noma World, che promuove scambi socio-culturali per il benessere psicofisico attraverso la pratica delle arti. Il nuovo progetto è «Soma»: «In greco significa corpo, ma è anche un acronimo: spazio operativo per la musica e l’arte, per coinvolgere pazienti e terapisti con laboratori creativi, contro gli effetti distruttivi della malattia». Insomma, Alessandra ha trasformato il suo problema in una missione. «Mi chiedono spesso: come hai fatto? Ho coltivato una lucida resistenza al male: la forza arriva per forza». di Emilia Costantini

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A 80 anni riconquista la Grande Cima di Lavaredo

2018-07-31 13:25:34

La straordinaria impresa di Reiner Kauschke, che per il suo 80esimo compleanno ha ripetuto (e migliorato) la grande scalata alla vetta che aprì lui stesso nel 1963 Come regalo di compleanno si è concesso una "sgambata" non da poco: tornare a toccare il cielo con un dito, dopo oltre mezzo secolo. Reiner Kauschke aveva solo 23 anni quando, nel 1963, aprì per primo la Via dei Sassoni sulla parete nord della Grande Cima di Lavaredo, la più altra delle tre vette più famose delle Dolomiti. Già allora la scalata rappresentò un'autentica impresa. Oggi ne ha 80 tondi tondi ma, per Reiner, l'età è rimasta solo una questione burocratica dell'anagrafe. Nel 1963 l'arrampicata fu compiuta in inverno, in condizioni meteo estreme, e durò 17 giorni. Stavolta è salito in vetta a 3mila metri in appena 17 ore, in compagnia dell'alpinista Christoph Hainz, che ha postato sui social delle memorabili foto ricordo. La scalata del '63 «La nord non è una passeggiata, figuriamoci a 80 anni - commenta la guida alpina -. Cinquantacinque anni fa Reiner e i suoi due compagni, tutti sassoni, scrissero un capitolo della storia dell'alpinismo». Nonostante l'esperienza decennale, Hainz se la sogna una tempra così: «Ho dormito una notte d'inverno nella parete nord con l'attrezzatura moderna e mi è bastato - racconta -. Loro hanno resistito 15 notti a -30 gradi, dormendo appesi in parete in sacchi per patate: davvero incredibile». La scalata durò tanto perché allora ogni chiodo veniva trapanato a mano, e il cibo era tirato su lungo le pendici con una fune. Dopo quella fatica Reiner si stabilì in val Pusteria, semper in Alto Adige, dove per molti anni ha gestito una pompa di benzina. Ora si è fatto un regalo davvero unico. di Giuseppe Gaetano https://www.corriere.it/cronache/18_luglio_31/a-80-anni-riconquista-grande-cima-lavaredo-137f6594-94b3-11e8-8f77-2ea13bfc36ea.shtml

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L’energia di Sammy Basso: «Farò il ricercatore e spiego la genetica anche in dialetto»

2018-07-19 11:58:29

A 22 anni è il più longevo al mondo tra gli ammalati di progeria, malattia che provoca un invecchiamento precoce. «Una volta mi davano del marziano, oggi la gente mi stringe la mano e chiede un selfie con me» «Con l’alloro in testa e il diploma di laurea in mano mi sono sentito come un imperatore romano. E a me l’antica Roma è sempre piaciuta» scherza Sammy Basso, da poche ore dottore in Scienze Naturali con 110 e lode all’Università di Padova. «Per me è un traguardo, ma anche l’inizio di un nuovo percorso perché voglio specializzarmi in Biologia molecolare». Guarda avanti Sammy, 22 anni,il più longevo al mondo tra gli ammalati di progeria, malattia genetica rarissima che provoca un invecchiamento precoce. Un ragazzo imprigionato nel corpo di un anziano, anche se lui non ama questa descrizione: «Sono solo un ragazzo che vuole crescere e fare qualcosa di buono». La tesi Al mondo sono in 70 con questa malattia, in Italia 4. L’aspettativa di vita è di 13 anni, Sammy l’ha ampiamente superata. I genitori Laura e Amerigo hanno lo sguardo pieno di orgoglio: «Siamo una squadra, ma è sono la sua determinazione e la sua ironia che lo hanno portato fin qui». Titolo della tesi: Novel use of Crisps-Cas9 System as a therapy for Hgps. Sammy ha studiato la sua malattia scrivendo di una nuova terapia messa a punto fra Spagna e Italia per rallentare la sindrome. «Forse non potrà servire a me, ma a tutti quelli che verranno dopo di me. Ho discusso in inglese, ma ai miei genitori l’ho spiegata in veneto, che considero la mia madrelingua, e ne vado orgoglioso». I limiti della malattia Sammy è pieno di energia ma vive ogni giorno i limiti della malattia. «Lo so, sono diverso dai miei coetanei, ma io le diversità le incoraggio se fanno crescere, fino a quando non diventano discriminanti. Non posso correre, non posso saltare, non posso fare sport. Due volte alla settimana faccio fisioterapia e molto spesso controlli medici. Porto scarpe ortopediche rialzate e cammino solo per brevi tratti. Però peso solo 20 chili quindi se sono stanco qualche amico mi prende in groppa!» racconta con sorprendente ironia. Con la famiglia vive a Tezze sul Brenta, piccolo comune in provincia di Vicenza. Per motivi di mobilità ha seguito le lezioni all’Università in streaming e si è presentato a Padova solo per i laboratori e gli esami. Soffre di tutti quegli acciacchi tipici dell’età avanzata: problemi cardiovascolari, calcificazioni ossee, artrosi cute raggrinzita, assenza di grasso cutaneo. Gli unici organi che non sono attaccati sono il cervello e i nervi. Passi avanti Nel 2005 ha fondato l’Associazione italiana Progeria Sammy Basso («ero stufo che nessuno conoscesse la mia malattia»). Si è fatto conoscere dal grande pubblico per il suo viaggio negli Stati Uniti lungo la Route 66, che è diventato un (divertente) docufilm di National Geographic e un libro Rizzoli. Nel 2015 ha partecipato a Sanremo e con ironia ha indossato un paio di occhiali da alieno. Lo ha anche chiamato Papa Francesco con una telefonata a sorpresa. «Di sicuro non passo inosservato — racconta — ma le cose sono cambiate. Una volta i bambini mi fermavano per chiedermi se fossi un marziano, ma loro sono innocenti. Gli adulti mi fissavano senza capire, e mi faceva male. Oggi è più facile che mi fermino per stringermi la mano o per fare un selfie con me. Una bella conquista no?». di Cristina Marrone su Corriere della sera https://www.corriere.it/salute/malattie-rare/18_luglio_18/sammy-basso-sua-lotta-contro-vecchiaia-grazie-malattia-saro-ricercatore-22339bcc-8ab4-11e8-8e77-5f617f178436.shtml

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