Marco Boscarato scrive

Parole che si fanno strada

Marco Boscarato scrive

Parole che si fanno strada

Parole per dare voce 3 - tra COCCOLE e NEBBIA. Una ghirlanda di parole da casa di Mariarosa ed Elisa

2022-08-05 12:15:15

La terza parola è una raccolta di parole. Quelle che ho ricevuto durante il cammino dagli amici che mi hanno accolto per il pranzo.

PAROLE DI CASA


La famiglia di Mariarosa ed Elisa fa pensare alla casa per antonomasia.

Una casa di antica tradizione, un luogo nel quale c'è rifugio per tutti i viandanti, in cui l'accoglienza è sacra.

I muri della casa sono spessi, bianchi di calce, la struttura è disposta a corte, i campi dell'azienda agricola sono tutti attorno.

Ci conosciamo da molto tempo, ma questo non toglie bellezza e stupore al momento dell'incontro, in cui ho raccolto i segni di una amicizia: ad accogliermi, stanco per tre ore di cammino sotto il sole quando si erano ormai fatte le 12.30, sono stati in realtà i sorrisi sinceri di sempre.

Semmai ero io in una condizione di maggiore ascolto. Il cammino aiuta a percepire meglio l'elemento sottile della sincerità e della gratuità. Nelle modalità lavorative siamo presi da impegni e pensieri, riusciamo meno a vivere in una condizione di ascolto. Durante il cammino, invece, i sensi si aprono e si coglie con maggiore facilità "l'altro", qualsiasi cosa questo significhi.

Oltre che da una confortante amicizia, in questa casa sono stato accolto anche da una rete piena di parole! Quando hanno saputo che il mio cammino era per DARE VOCE tutti i membri della famiglia mi hanno voluto manifestare la loro parole dell'intenzione, e li ringrazio di cuore.

Cominciando con Tecla, l'ultima arrivata, alla scoperta del mondo da pochi anni, che non ha esitato un istante nel dirmi la sua, mentre ancora avevo lo zaino sulle spalle.

Dimmi una parola che ti piace Tecla! COCCOLE.

Come possiamo dare torto a Tecla? È una parola in cui c'è tanto, forse tutto, almeno tutto il mondo che possiamo volere da piccoli. C'è anche la spontaneità del bisogno, coccole è originario e fresco come lo sono i gigli dei campi quando vanno in fiore. Grazie Tecla, sono certo che non ti mancheranno.

Anche Angela mi dona la sua parola: SPENSIERATEZZA. Si coglie qui il mondo che si fa adulto e manifesta un'altra esigenza, quella di tornare a una condizione nella quale il pensare non sia greve e pesante. Nel quale non solo il pensare, ma il contesto nel quale ci muoviamo non sia pieno di pastoie e di freni, nel quale si possa cogliere il senso intimo e originario della libertà. Capisco l'intento, sono in cammino per " dare voce" proprio perché abbiamo perso questa parola nel nostro vocabolario, e la stiamo tutti cercando. Tutti. Serve metterci la giusta intenzione, la fatica per ritrovare la strada e le parole; che servono, che ci aiutino a ritrovarla. Grazie.

TRAGEDIA di Andrea ci riporta nel tempo e nello spazio. Ci riporta al di qua di quella soglia che vorremmo attraversare per uscire, ci troviamo distanti da quel paesaggio che nella testa e forse nel cuore immaginiamo, con i piedi nel fango. Del resto, senza tragedia non c'è soluzione all'enigma, senza tragedia Edipo non sarebbe arrivato davanti alla sfinge risolvendone la questione che ha come risposta: l'uomo.

Senza fango non possiamo costruire case e mattoni. Va atteso che si asciughi e va lavorato, con pazienza. Ma con quel fango possiamo costruire case e templi, come le moschee che nel paese del Mali innalzano al cielo, fatte di fango e di ingegno. E allora accettiamola questa tragedia, aggiungiamoci il nostro ingegno, forse ne verranno innalzati templi. Grazie anche ad Andrea!

La parola di Manuela è SERENITÀ. Torniamo nel campo oltre la soglia, evocato dalla "spensieratezza" di cui si è detto prima. Ma qui il tono è diverso, evoca il legame tra cielo e anima dell'uomo. Il cielo può essere sereno, l'anima può essere serena, senza nubi. Se siamo nella tempesta possiamo manifestare l'intenzione di un cielo limpido e senza ostacoli, di un momento di pace. Si manifesta una dicotomia tra tragedia e serenità, tra l'al di qua e l'al di di una soglia, tra quel accade e quel che vorremmo fosse.

LUCE. La parola di Mariarosa illumina questa dicotomia. Senza luce non possiamo vedere. La luce è per le cose, ma anche per i nostri occhi. La luce è forse anche NELLE cose. La luce ci consente di vedere le cose come se fossero ombre (l'ombra non esiste se non c'è una luce che la manifesta) e forse dietro a quell'ombra, dietro alla manifestazione che le cose sono, possiamo immaginare una luce di pensiero che le ha generate. Le cose così si formano e diventano visibili alla luce solare, che diventa occasione per il nostro occhio di immaginare, tramite le cose, una luce più profonda, più intima, "invisibile agli occhi" (come l'essenziale citato dal Piccolo Principe di Saint Exupery), una luce che si manifesta non agli occhi ma al cuore. Grazie a Mariarosa, che certamente conosce questa luce e ne presenta l'intenzione, con la sua parola.

Elisa invece mi dice: LETIZIA. Subito il pensiero va a San Francesco, alla sua "perfetta letizia", a quell'insegnamento in base al quale gli accadimenti mondani, per quanto terribili e dolorosi, non possono scalfire la dimensione di letizia perfetta che ci coglie nel momento in cui ci scopriamo intessuti d'amore. Letizia è anche il nome della sua prima figlia, è certamente una parola che Elisa coltiva da tempo, una parola davvero bella. È la luce dell'anima. È la luce che, nell'anima, ci fa cogliere la trama del mondo al di là dell'ordito, la sua componente essenziale, perfetta letizia e gioia. Grazie Elisa.

Da qui, un ARCOBALENO! Ed è proprio Letizia che ci dona la sua parola, dopo un momento di esitazione. Arcobaleno! Per una bambina (lei un po' più grande e un po' riflessiva di Tecla, che è un piccolo vulcano 😄), arcobaleno credo possa essere questo: letizia e luce vanno bene, ma io sono ancora piccola, fatemi scoprire il mondo! La luce si frange e si scompone in molti colori, voglio poterli esplorare, vedo che sono belli, vedo che mi potranno dare qualcosa. Li voglio vedere. Per la luce bianca,che torni ad essere un riassunto, una sintesi, ci sarà tempo. Ora io voglio essere moltiplicazione, voglio essere mondo. E chi può darti torto Letizia? Grazie anche a te!

Con Ermes torniamo alle cose nella loro concretezza. Tutto bello, certo, tutto legittimo. Ma c'è da lavorare. C'è da mettersi in cammino, la vita va vissuta giorno per giorno e masticata a lungo come una mollica di pane, se si vuole scoprirne la dolcezza. Ma serve un ottimismo che parta da dati di realtà. INCERTEZZA e NEBBIA dice Ermes. Mi viene in mente il cammino del pellegrino, spesso nella nebbia e nell'incertezza. Quante volte chi cammina si ritrova in questo frangente! Eppure il cammino si fa. Eppure un giorno si parte per arrivare da qualche parte, che non sappiamo bene quale sia. "È una luce preziosa a cui si tende". E se si tende a quella luce, pure quella luce dobbiamo aver conosciuto in un nostro lontano passato, altrimenti non la cercheremmo. In mezzo, nebbia ed incertezza. Giusto ricordarlo, grazie e te, Ermes, per averlo fatto.





Dopo questa doccia di parole così belle e significative, un invito a pranzo, quanto mai gradito, con un pasto semplice a base di quanto di meglio non avrei potuto sperare. Riso al formaggio e un paio di polpette, oltre ai cappucci dell'orto con due pomodori.

Un ristoro ottimo per il pellegrino in marcia, che si è concesso subito dopo un riposo sotto un albero, ed è ripartito verso Morgano verso le 15, grato di questa pausa, nutriente in tutti i sensi.


by Marco Boscarato
54