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"La concezione economica che si ricava dal Nuovo Testamento è di uno squallore desolante. Pauperismo esasperato: esaltazione della povertà, condanna della ricchezza e fiducia nella Divina Provvidenza. Nient’altro.
Queste le parole di Gesù: “Beati voi poveri…Beati voi che ora avete fame…”; “Ma guai a voi, ricchi…Guai a voi che ora siete sazi…”; “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”; “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi”; “Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”; “Vendete ciò che avete e datelo in elemosina” . Sono cose che già sappiamo.
È un pauperismo radicale, iperbolico, a volte astioso. Vi pare che una concezione economica di questo tipo sia oggi seriamente proponibile nelle nostre società? Di più: vi pare che questa concezione economica possa semplicemente dirsi “umana”? È immaginabile un governo che adotti un programma economico intenzionalmente rivolto a impoverire il Paese per ridurre quella “maledetta” ricchezza che costituisce uno dei più gravi impedimenti all’ingresso dell’uomo nel regno dei cieli? O un sindacato che lotti per la decurtazione delle retribuzioni? O una famiglia che si impegni con determinazione a contrarre drasticamente il proprio reddito al fine di costituirsi un cospicuo tesoro in paradiso?
Certo, ci sono ancora oggi individui che (...) sposano di buon grado e con sincero trasporto madonna Povertà. Ma sono un’infima minoranza di mentecatti. (...) Un tempo il denaro veniva considerato lo sterco puzzolente di Satana.
Oggi le cose sono a tal punto mutate, tanta è l’auri sacra fames, che pochi troverebbero disdicevole emulare quel curioso coleottero cui gli entomologi hanno affibbiato il nome di geotrupes stercorarius. C’è poco da dire, la stragrande maggioranza di coloro che pure si professano cristiani si guarda bene dall’obbedire al chiaro, preciso, radicale comando di Gesù che impone ai propri discepoli di rinunziare a tutti i loro averi.
(da "La Malafede" di Renato Testa, Edizioni Formamentis)
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IL SUICIDIO DEL CAPRIOLO
Pochi sanno che un capriolo può suicidarsi per sfuggire alla caccia. Giancarlo Ferron è un guardiacaccia che lavora sul Monte Pasubio e sulle Piccole Dolomiti vicentine. Il suo compito consiste nello smascherare i bracconieri. Nel suo libro “Il suicidio del capriolo”, descrive tra l’altro la caccia al capriolo fatta con i segugi: “Quando il capriolo è inseguito dai cani viene aggredito da un terrore che può portarlo alla morte in vari modi. Ho visto con i miei occhi caprioli inseguiti per giorni interi dai segugi, li ho visti passarmi vicino con la schiuma alla bocca spalancata per la fame d’aria. Ma non potevano rallentare perché la muta li incalzava senza sosta. So di bande di uomini, che si definiscono cacciatori, che addirittura hanno due o tre mute di cani, quando una è stanca mettono sulle tracce quella fresca. Ma il capriolo è sempre lo stesso, e a un certo punto non ce la fa più.”
"(...) Se il capriolo nella sua fuga passa davanti alle poste, dove un cacciatore è in attesa, si becca una fucilata e muore. Ma può essere anche sbranato dai segugi. Oppure può passare davanti a un bracconiere che si trova lì perché sta facendo un altro tipo di caccia, ma che non si lascia sfuggire l’occasione e gli spara con un fucile a pallini, adatti per gli uccelli, così il capriolo rimane solo ferito e muore dopo un’agonia di diversi giorni; ogni anno Ferron trova parecchi caprioli morti impallinati e mai recuperati.
Un giorno era appostato in mezzo a una zona boscosa, battuta dai segugi, e sentì la braccata che si avvicinava, poi fucilate a catena. Sentì l’ultimo che aveva sparato gridare a un suo collega: “Mi pare di averlo toccato, ma non sono sicuro”. Ferron sentì un rumore di foglie secche che si avvicinava e procedeva incerto, poi con il binocolo riuscì a inquadrare la fonte di quel rumore: era un capriolo maschio seminascosto dai tronchi, che ansimava con la bocca aperta e bave lunghe fino a terra. I cani stavano arrivando e il capriolo si mosse in avanti di qualche metro: aveva la pancia completamente aperta dalla pallottola, l’intestino gli cadeva fuori in una massa sanguinolenta che toccava terra; si sforzava di camminare ma a ogni passo inarcava la schiena per il dolore e con le zampe posteriori calpestava le proprie viscere. Ferron avrebbe voluto finirlo prima dell’arrivo dei cani, ma non avrebbe mai potuto centrarlo a quella distanza con la pistola.
“Non sono descrivibili i lamenti e le grida di terrore che sentii quel giorno. I tre cani lo mordevano e lo strappavano da tutte le parti. Mi precipitai là per fare qualcosa, ma quando arrivai un segugio lo aveva afferrato alla gola e lui stava già morendo”
Un altro giorno Ferron ha visto un capriolo buttarsi giù dalle rocce, suicidandosi, piuttosto che subire l’attacco dei segugi. Evidentemente il capriolo sapeva molto bene che sarebbe stato sbranato vivo, e ha fatto la sua scelta. Questa è la caccia!
Quanta sofferenza inutile per il gusto di uccidere."
Giancarlo Ferron
#NoCaccia #NoWar
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BENE E MALE
"Esiste un solo bene, la conoscenza, e un solo male, l'ignoranza." Socrate
Agli allocchi credenti in sovrannumero sul pianeta Terra, incantati da un Papa che finge astutamente modernità di pensiero, vorrei ricordare questa semplice frase del filosofo Socrate, chissamai che si sveglino e rendano questo mondo migliore, senza metafisiche inventate.
Leggete! Studiate! Pensate!
"O si pensa o si crede." Arthur Schopenhauer
Giovanni F⚡F Bonomo