Silvia Pellas

Founder Junior

La dipendenza affettiva. Come nasce, quali sono i comportamenti di un dipendente affettivo. Come condiziona la nostra felicità.

2019-04-18 20:36:32

Come nasce la dipendenza affettiva? Quali sono i comportamenti di un dipendente affettivo?

Come nasce la dipendenza affettiva?


Numerosi studiosi nel campo della psicologia si sono posti questa domanda e hanno studiato le problematiche che si possono presentare nella primissima infanzia qualora si riscontrino delle difficoltà nel relazionarsi con le figure di riferimento primarie dell’Infante: i Caregiver. Durante l’infanzia i genitori rappresentano la figura primaria di riferimento per l’infante e come tali possono incidere in maniera concreta sullo sviluppo della personalità e dei modelli di attaccamento relazionali dell’individuo. 


Come ci spiega Bowlby i modelli di attaccamento che si sviluppano in età infantile a partire dai 7 mesi circa,  possono essere di diverso tipo: attaccamento sicuro, attaccamento ansioso ambivalente resistente, attaccamento evitante, attaccamento disorganizzato e disorientato. Riferendomi dunque a questa teoria di Bowlby è anche intuitivo pensare che se una donna o un uomo che sviluppa in età infantile un modello di attaccamento con la madre (ma anche con il padre o entrambi i genitori) ansioso ambivalente inconsapevolmente riproporrà  questa modalità di relazionarsi  con le figure affettive di maggiore rilevanza che incontrerà per una buona parte della vita della persona ricalcando modalità affettive pervase da ansia e ambivalenza.  


Quante persone conosciamo che incontrano sempre lo stesso modello di uomo o donna e si chiedono come mai questo avvenga a loro e non ad altre persone? Ci sono donne che incontrano sempre uomini all’apparenza molto affascinanti e seduttivi per scoprire poi che sono persone violente da cui subiscono ogni sorta di maltrattamento fisico e psicologico, ma nonostante siano in grado di ammettere quanto questo rapporto sia dannoso per la loro vita continuano a restare all’interno di una relazione che porta solo sofferenza. 


In ogni caso anche senza arrivare a questi esempi estremi nell’esperienza di ognuno di noi possiamo ritrovare, nell’ambito delle nostre amicizie e conoscenze, storie che ci raccontano sempre la stessa modalità di rapportarsi a un modello di uomo o donna che pare tragicamente solo quella persona o quel particolare tipo di persona possa incontrare. Se siamo onesti e abbiamo capacità di guardarci dentro possiamo ritrovare nella nostra esperienza tutto questo, anche se ciò non significa necessariamente che soffriamo di dipendenza affettiva ma solo che tendiamo a riproporre nella nostra vita le stesse modalità di relazione. 


Vorrei ricordare a tale proposito la nozione di “Gioco” proposta dal medico e psicoterapeuta Eric Berne all’interno della cornice dell’Analisi Transazionale. Il gioco viene inteso da Berne come un modello di comportamento ricorrente in cui entrambi i giocatori sono inconsapevolmente parti attive.


Ognuno troverà il giocatore che meglio si addice a giocare quel ruolo che gli spetta per portare avanti un modo di rapportarsi  ahimè dannoso in maniera inconsapevole


Come dicevo precedentemente usando solo altri termini fino a che non si scopre il “gioco“ e si decide di smettere di giocare, nella fattispecie di smettere di farci del male.


 Vorrei ricordare a tale proposito un altro concetto interessante e in altro modo appartenente a quanto detto fino ad ora. Freud parlava di “coazione a ripetere” con questo termine voleva intendere proprio il ripetere inconsapevole delle persone di eventi traumatici della propria vita con l’illusione inconscia di controllarli.


 Anche questo concetto ci porta a pensare a come in base alle nostre esperienze infantili più o meno traumatiche noi possiamo continuare a confrontarci con eventi traumatici e nella fattispecie dell’argomento che stiamo affrontando con rapporti che ci portano a rivivere antecedenti traumatici dal punto di vista affettivo che abbiamo vissuto da bambini con i nostri Caregiver.


Se una donna in età infantile ha  perciò vissuto un rapporto con un padre distaccato e freddo e ha sofferto molto la sua mancanza di attenzioni e affetto, potrà in età adulta cercare un partner che si presenterà altrettanto distaccato magari dedito totalmente al lavoro e con pochissimo tempo da dedicarle e di questo ne soffrirà molto fino al punto da lasciare la persona in questione o da esserne lasciata a causa dell’estrema sofferenza che questo rapporto causa ad entrambi. 


Incontrerà più avanti un altro uomo da cui all’inizio si sentirà irresistibilmente affascinata ma presto scoprirà delle caratteristiche che richiamano la  relazione precedente un distacco affettivo, una incapacità di dimostrare il proprio affetto e così via.

Ritornando a Bowlby vorrei citare anche un altro concetto che in questo contesto risulta molto interessante: quello di modello operativo interno. Questo concetto giustifica e ci porta a comprendere meglio quanto detto precedentemente. 


Il modello operativo interno di un individuo è costituito da una serie di modelli di sé  stesso e degli altri che si sono strutturati sulla base delle esperienze di interazione dell’individuo con le persone che si trova a frequentare, (partendo dalla famiglia di origine, comprendendo l’ambiente sociale nel quale si trova immerso)



Questi modelli divengono fissi e servono all’individuo per mettersi in relazione al mondo, quindi sono un modo di interpretare gli altri e il mondo che condizionerà necessariamente il tipo di rapporti che la persona andrà ad instaurare. Oltretutto il modello operativo interno di un individuo è strettamente connesso al modello di attaccamento, perciò è intuitivo pensare che se una persona ha un attaccamento  insicuro vedrà il mondo circostante solamente attraverso questa lente, il suo modello operativo interno sarà di sfiducia nei confronti delle altre persone e si comporterà di conseguenza con insicurezza all’interno di tutti i rapporti affettivi, lavorativi, sociali.


Citavo precedentemente la nozione di gioco di Eric Berne, sicuramente una persona che ha un modello operativo interno basato sulla sfiducia riguardo alle figure affettive e per il quale pensa che nessuno lo amerà  e che verrà sempre abbandonato perché le persone non lo amano  andrà inconsapevolmente a trovare una persona che ha proprio queste caratteristiche e che gli permette di giocare quel “gioco specifico”.  


Caratteristiche comportamentali di un dipendente affettivo 


Come ho precedentemente accennato un individuo che soffre di dipendenza affettiva è sicuramente una persona molto insicura con un grande bisogno di essere validata dagli altri, soprattutto dalle persone più vicine.


 Spesso sono persone caratterizzate da un pensiero di tipo ossessivo: non fanno altro che pensare alla persona amata, ma non in termini positivi ma in termini di paura di essere abbandonati o traditi. Per questo motivo percepiscono pericoli ovunque: qualsiasi persona nell’ambito lavorativo (ma anche fuori da quest’ambito) che possa essere interessante o affascinante può costituire un pericolo e la sua presenza sarà vissuta con estrema tensione e paura da parte della persona che teme di essere abbandonata.


 Spesso sorge una sorta di competizione con la persona che è in quel momento oggetto di paure e quindi può accadere che questa persona ignara di tutte queste fantasie e paure sia la vittima di giudizi ingiustificati o non appropriati. Qualsiasi frase o sguardo è vissuto come ambiguo e malevolo e l’individuo preda di questi pensieri ossessivi rischia di sviluppare un vero e proprio disturbo ossessivo e di consumare interamente la propria energia e le proprie risorse in questi pensieri poco realistici, magari perdendo di vista il lavoro, gli amici, la cura della casa e  impegni importanti. Ciò, come è semplice pensare, non può che portare sulla cattiva strada il rapporto con il partner che non comprende la ragione di tanti sospetti e che spesso si sente letteralmente asfissiato dalla presenza logorante e timorosa del compagno o della compagna.


 La sofferenza di chi ha queste paure è immensa ma purtroppo succede che la loro stessa paura  e loro stessa sofferenza finiscano per diventare realtà ancora più dolorosa a causa del loro comportamento. Ricordo a tal proposito la definizione di profezia autoavverante. Questa consiste nel mettere in atto più o meno inconsciamente dei comportamenti che alla fine fanno si che l’oggetto della nostra paura si avveri realmente, avvenimento che insieme alla grandissima sofferenza che provoca nella persona porta a credere di avere effettivamente ragione ad avere quel timore provocando così un meccanismo doloroso che si autoalimenta. 


E’ anche possibile che la persona abbia dei disturbi: riguarda la corretta percezione dell’ambiente e delle persone intorno a sé vedendo letteralmente sguardi che non ci sono, comportamenti del proprio compagno o compagna ritenuti strani o sospettosi, gesti interpretati in maniera completamente errata.  


Al culmine della paura e della gelosia la persona che soffre di quello che chiamerei un disturbo di dipendenza può arrivare a seguire il partner completamente all’oscuro di tutto e una volta scoperto quanto avviene alle sue spalle questo fatto può essere la causa della fine della relazione.

Ripercussioni sui rapporti relazionali e la vita di coppia 


Nel paragrafo precedente ho già accennato quali possano essere le inevitabili ripercussioni sulla vita di coppia. Queste persone vengono spesso lasciate dal partner che non riesce più a sopportare le paure e le ossessioni del compagno o della compagna e perciò si ritrovano davvero sole e il loro più grande timore sembra essersi avverato. Il rischio a cui vanno incontro queste persone è  quello di sviluppare una depressione reattiva ma che può anche diventare più grave e preoccupante se  il disturbo dovesse andare avanti oltre i tre mesi. 


Sicuramente in un momento così difficile hanno bisogno di un supporto professionale che possa aiutarle a ritrovare il loro equilibrio interiore ed esteriore. Le conseguenze della fine di un rapporto o dei pensieri colmi di paura verso il proprio partner possono avere la conseguenza di allontanare gli amici  o di allontanarsi essi stessi dagli amici per vivere solo nel limbo della coppia e perciò ritrovarsi effettivamente soli sia nel momento in cui si è all’interno di questa e ancora di più nel caso di un ipotetico allontanamento del partner aumentando in modo amplificato il senso di disperazione e solitudine della persona che soffre di dipendenza affettiva.


 La persona dipendente spesso quindi non ha contatti sociali o ne ha pochissimi. Si presenta spesso come una persona molto accondiscendente soprattutto nei confronti del partner: spesso aiuta il partner nella risoluzione delle sue difficoltà economiche, lavorative, famigliari, cercando in ogni modo di essere di aiuto e di supporto, non accorgendosi che spesso tutto questo aiuto non è nemmeno del tutto gradito e che spesso la persona a cui è rivolto si sente invasa e soffocata in ambiti che ritiene strettamente personali


Quando poi questa problematica riguarda una donna, la donna si dà un gran da fare per il compagno o il marito, quando poi questi dovesse patire un qualsiasi malanno diventa una sorta di crocerossina piena di cure e premure, oppure abbiamo le stesse modalità di compiacenza per essere accettata e amata in ambito sessuale.


 La donna (ma può succedere anche all’ omo) spesso si adatta a modalità di rapporto che non la soddisfano e che non condivide pur di essere desiderata e cercata. Spesso la donna rinuncia al proprio lavoro e alla propria vena creativa pur di soddisfare le esigenze del partner e se in un primo momento questo tipo di scelta sembra non avere conseguenze negative, più tardi avrà ripercussioni non positive sulla vita di coppia in quanto la donna coverà un senso di insoddisfazione profonda e una rabbia notevole per avere rinunciato alla sua indipendenza e a una parte di sé importante.


 Nei casi in cui  la donna o l’uomo che soffrono di dipendenza affettiva presentano dei tratti di carattere  o un disturbo di personalità borderline le caratteristiche di dipendenza, rabbia, possessività e gelosia etc. saranno ulteriormente amplificate e si potrà arrivare a minacce di suicidio o gesti autolesivi per ricattare la persona amata e non farla allontanare da sé. 


 Interessante  è notare nella dinamica della coppia che spesso la persona che soffre di dipendenza affettiva trova un compagno o una compagna che a sua volta lo è e con modalità diverse ne soffre.


Può succedere che la persona in un rapporto “giochi” la parte della gelosa e possessiva e nella relazione successiva può trovare una persona altrettanto gelosa e possessiva ma in questo caso “giocare“ la parte dal lato opposto, sentendosi dunque soffocata dal partner e avendo questa volta voglia di allontanarsi dal partner per respirare. In ogni caso sembra esserci una profonda somiglianza tra i membri della coppia in cui è presente una persona con una problematica di dipendenza affettiva e spesso ambedue i membri soffrono e hanno sofferto di problematiche affettive risalenti dalla prima infanzia.

Si può migliorare?

Secondo il mio parere posso dire che se una persona ha veramente desiderio di stare meglio, un po’ perché ha sofferto abbastanza ed è arrivata a non poterne più di tutta questa sofferenza, oppure semplicemente perché desidera un po’ di serenità nella propria vita e vuole davvero capire quali sono le reali cause della sua sofferenza, allora ha la possibilità di stare meglio. 


Il percorso richiede pazienza, costanza e voglia di affrontare anche parti di sé poco gradite o emozioni non facili da gestire e riconoscere. Per questo motivo è necessario essere seguiti da un buon terapeuta. 


Chiaramente i tempi e la quantità di miglioramento della sofferenza della persona sono direttamente proporzionali al grado di pervasività di questo disturbo: più la persona si avvicina a un disturbo di personalità, più sarà probabile che ci saranno più aspetti su cui lavorare, magari con il supporto in contemporanea di più figure professionali in ambito psicologico che siano in grado di essere effettivamente di aiuto alla persona. 


Sono comunque dell’idea che l’individuo ha tempi diversi e utilizza anche difese diverse che sono strettamente correlate al lavoro più o meno lungo di cui la persona necessita per stare meglio. Inoltre bisogna tenere conto della strutturazione della sua personalità e delle esperienze primarie con i Caregiver di riferimento di cui ho parlato all’inizio di questo articolo.

Articolo estratto dal mio libro” La dipendenza affettiva “