♦ Sergio Omassi ♦

Life Coach e Formatore

Perché la fretta è una cattiva compagnia?

2018-10-31 13:18:48

Chi vive nella fretta attua una sorta di bulimia dell'esperienza...

Esiste un libro molto interessante, scritto da Jader Tolja e Francesca Speciani, dal titolo PENSARE CON IL CORPO.

Lo acquistai mesi fa perché fui colpito - come accade spesso quando compro un libro "alla cieca" - dal titolo e dalla sinossi, nella mia costante ricerca di apprendere nuovi aspetti dell'interazione corpo-mente.

Credo sia uno di quei testi che dovrebbero leggere soprattutto i medici, o almeno coloro di essi che sono spinti a una visione dell'essere umano come sistema complesso, in cui ogni aspetto fa parte di una gestalt, ove la somma delle singole parti è ben diversa dall'immenso insieme generato da esse.


Nel libro ci sono un sacco di spunti interessanti, che vanno dal rapporto spazio-corpo alle strategie di vita che ogni essere umano attua per sé, da come il modo con cui ci alimentiamo influisce sulla nostra qualità di apprendimento a quanto sia importante un certo tipo di ambiente o di arredamento attorno a noi a seconda dei compiti che dobbiamo portare avanti, fino a toccare l'argomento della gestione del tempo e di quanto sia importante non lasciarsi prendere dalla frenesia e dalla fretta, per non pagare dazi scomodi.
 

Essendo da sempre un fautore del tempo lento, proprio quest'ultimo tema è quello che mi ha colpito di più e desidero portarlo alla vostra conoscenza.

Al di là dei tanti luoghi comuni che tutti abbiamo sentito sulla fretta, il cui più famoso è certamente "la fretta è una cattiva consigliera", Tolja e la Speciani spiegano in maniera molto accurata cosa avviene in noi, nella nostra psiche e nel nostro corpo, ogni volta che ci facciamo prendere da essa.

Il paragrafo dal titolo "Fretta e sensazione" inizia con un aneddoto molto azzeccato:

Al debutto, Zio Vanja di Cechov risultava prolisso e durava tre ore e mezzo. Cechov lavorò tre giorni al testo e tagliò un'ora di spettacolo. Ma andato nuovamente in scena la durata era sempre di tre ore e mezzo. "Ma come? Avete inserito dell'altro testo?" chiese Cechov. E il regista Stanislavskij: "No, abbiamo solo inserito le giuste pause".

Gli autori spiegano in che modo la fretta e le continue scadenze agiscono sul sistema nervoso. Questa azione sembra sia conosciuta a fondo dal mondo del marketing, che spesso sfrutta alcuni principi o regole che poggiano la loro validità operativa proprio sulla fretta. Ad esempio, il principio di scarsità (vedi studi di Robert B. Cialdini), ovvero quella strategia che spinge il potenziale cliente ad acquistare qualcosa instillandogli la fretta: attenzione sono gli ultimi pezzi, hai solamente tre giorni, se chiami e trovi le linee occupate è solo perché moltissimi clienti stanno già chiamando (e il telefono si stacca di proposito), ecc.

Quando entriamo in uno stato di concitazione a causa della fretta, il nostro organismo "(...) si organizza sempre chiudendo le nostre sensazioni interne per dirigerle verso il mondo. Una volta chiuse le sensazioni interne, non si è più in grado di valutare se quella macchina, quel paio di scarpe o quel vestito corrispondono veramente al proprio bisogno."

Il passo da uno stato di questo tipo a diventare prede di una facile manipolazione è piuttosto breve: quando non prestiamo ascolto al nostro reale bisogno, ipnotizzati (è il caso di dirlo) da formule e frasi preconfezionate, ci aggrappiamo alla prima soluzione che ci viene proposta, senza vagliare attentamente se si tratta di quella migliore per noi.

Tutto questo programmarci alla fretta ci porta a vivere in un paradosso: rinunciamo alle pause illudendoci di poter avere di più facendo molte cose insieme, ma non ci rendiamo conto che otterremmo risultati di gran lunga migliori fermandoci qualche volta a metterci in contatto con il nostro sè profondo, ad ascoltare lo spazio tra i pensieri, staccando la spina della continua attenzione.


Chi ha l'abitudine della meditazione, chi fa regolarmente jogging o sport in generale, chi fa yoga o lunghe passeggiate da solo, chi ama pescare conosce perfettamente ciò di cui stiamo parlando.

"(...) il tempo soggettivo di una persona è dato dal suo rilassamento e dalla percezione che riesce ad avere con gli organi e con le altre strutture profonde dell'organismo, come risulta evidente nei bambini che, nello stesso tempo di un adulto, raccolgono un numero di esperienze infinitamente maggiore".

Come è provato dalla ricerca scientifica che avere una scrivania ingombra di innumerevoli oggetti porta a una maggiore attività dell'emisfero sinistro del cervello e all'attivazione costante del sistema nervoso simpatico (quello preposto ai momenti di emergenza per intenderci), la stessa cosa avviene se la nostra giornata è costellata di mille appuntamenti, colloqui, riunioni, visite, e siamo spinti a correre, nel senso puro del termine o metaforicamente parlando, tra l'una e l'altra scadenza.

Questi continui stimoli non consentono un completo riposo del sistema nervoso e quindi impediscono un riequilibrio dell'organismo, indebolendo il corpo. Non a caso a un certo punto ci pensa proprio il corpo a fermarci... con una semplice influenza, quando siamo fortunati.

La capacità intuitiva, quella che davvero può farci fare la scelta migliore al di là di qualsiasi pressione esterna, è patrimonio, invece, dell'emisfero destro, che contempla lo spazio tra le cose, non le cose.


Questo emisfero si attiva, ad esempio, quando siamo in un giardino zen, in alta montagna intenti a guardare un paesaggio a perdita d'occhio, o quando siamo in quella meravigliosa dimensione del flusso (flow, vedi studi di Mihály Csíkszentmihályi), detta anche esperienza ottimale.

Si tratta di due facce della stessa medaglia:
se c'è fretta non esiste esperienza e viceversa.

Chi vive nella fretta attua una sorta di bulimia dell'esperienza, ne cerca dosi sostanziose e continue, che per il loro numero e ritmo non permettono l'integrazione e lasciano inevitabilmente un senso di vuoto e di frustrazione.

Consiglio la lettura di questo libro e concludo citando Paulo Coelho:

Sono tante le cose che perdiamo per paura di perderle.