Sarah Geslot

Founder Senior

Mere manna, Mere mea...

2019-07-18 11:07:21

Cantu t'appo intesa mia...

Il mio nome e la mia somatica non parlano del mio legame con la mia Terra (i motivi puoi leggerli qui) ma mi pulsa dentro e qui ho affondato le mie radici.


Lei, che è stata cantata "Mere manna, Mere mea", dolce e amara al tempo stesso, salata e ventosa, impervia ma agibile, calda ma sa essere anche gelida, ancora incontaminata mi ha temprato e insegnato a vivere sperimentando la sua generosità ma anche la sua avarizia.

Lei ti graffia con i suoi rovi ma ti culla fra le sue onde e sulla morbida sabbia ti fa ristorare.


Lei, la SARDEGNA


"Terra mia, tue ses mia, tue ses bia che un istella in custu chelu"


A dillos de coro e ballos ho mosso i miei primi passi di danza nelle piazze, sono cresciuta mangiando pane carasau e culurzonese e guardando il formaggio dare colore alle seadas.


Secoli di Mamuthones e Issoccadoressecoli di costumi e drucche pintau, cannonau e pane frattau, e ogni sera qui è quella giusta per i cantos a tenore, magari sotto un murales.


E su carrasegare o passeggiare tra sos caddittos de sa Jara lascia nel cuore una così bella sensazione di leggerezza, come emozionarsi ogni sera davanti ai suoi tramonti.


E' un'isola possibile, ma pare ci sia qualcuno che remi contro per renderla invivibile...

L'ISOLA-PARADISO CHE VOGLIONO IMPOSSIBILE


I nostri elicotteri sono rosa e si chiamano fenicotteri, possiamo veder crescere gli alberi e le super carceri (Asinara) sono nate come fiori tra il corbezzolo ed il mirto e rese meno dure in compagnia dell'asinello bianco.


La nostra preistoria con i suoi complessi megalitici  è stata "appaltata" per scopi commerciali, e in luoghi vergini ho guardato  giù tra coste che da smeraldine sono diventate cementifere e mi sono dovuta domandare "dove è finito il mare?"


Ancora sento le launeddas sonare tottu umpare a trallallera,  parlo la nostra lingua, spesso motivo di dispregiamento con piccoli e grandi e ne vado fiera, e vado fiera dei nuraghi sparsi in ogni dove e della nostra vita pastorale fuori dai centri commerciali.


Nel supramonte ho ritrovato me stessa e ho scalato le nostre montagne, ho nuotato vedendo la mia ombra riflessa su un limpido fondale, ma ora non posso quasi più perchè chi dice di amare la mia Terra turba le sue acque con motori e la sporca.


Chi dice di amarla la vuole civile ed emancipata, la vuole "comprare" e porta via ogni volta un pezzo in più.


 Allora mi chiedo "cosa ami?"


Dovresti amarla come la amo io, amare il suo vento, la sua non-emancipazione, il suo "essere indietro" (indietro poi riguardo cosa o chi?), le sue tradizioni, i suoi colori, amare la sua amarezza.







Sardopatica

Sono sardopatica e ho un cuore pre-nuragico che mi fa vivere di entusiasmi un poco aritmici, a volte risulto un pò nostalgica ma ho ancora un sogno nel profondo per la mia Terra perchè so che è "possibile", so che "a manu tenta" possiamo fermare la sua perdita di identità.


Continuo a nutrirmi di colori mozzafiato, di turrone de Tonara e dal Logudoro alla Baronia apprezzo ogni centimetro che calpesto. Continuo a vivere la mia Terra "sentendola".


Siamo a volte "chiusi" ma siamo "veri".



 

Seo fizza de su salmastru mare,

 de nuscos antigos, de pranos de frores.

Seo fizza de bellesa ispantosa, de coros e ballos

 Seo fizza de su sole e de sos isteddoso

 Tenzo antiga raighina de limba e traditziones, 

seo sarda dae Gaddura a Campidanu, sarda de ogni logu,

Terra galana e digna as pintau s'anima mea, 

su chi sento aia creffiu narrede, 

ma non potho a paraulasa narrare custu meu rispettu

 po a tie chi ses in sos aposentos de su coro cun sos battor moros

Chentza Lacanas t'appo giurau eternu amore