Antonella Morleo

Founder Junior

Brutti, sporchi e cattivi. Ma non proprio tutti!

2019-06-18 12:32:50

Torno a parlare di cinema, con un capolavoro: Brutti, sporchi e cattivi, di Ettore Scola. Proverò a guardare alla storia da una prospettiva diversa dal solito, analizzando il ruolo dei bambini nel film, ruolo che a prima vista può sembrare marginale... ma che non lo è! Scopriamo insieme perché!

I bambini in Brutti, sporchi e cattivi

I bambini in Brutti, sporchi e cattivi sono tutti dei personaggi secondari, ma nonostante questo, il loro ruolo, se pur accessorio nella storia, è importantissimo. 


Vi spiego perché


Nel film ci sono molti personaggi bambini, che non solo servono a rappresentare la condizione dell'infanzia nel contesto storico e culturale in cui scorre la trama, ma si rivelano uno strumento potentissimo nelle mani del regista in grado di suscitare reazioni emotive nel pubblico.

Veniamo alla trama! 


Brutti, sporchi e cattivi è un film del 1976, ambientato nella periferia romana degli anni settanta. Racconta le vicende brutte, sporche e cattive di una famiglia allargata che vive in una piccola baracca. Il capofamiglia è il burbero Giacinto Mazzatella, interpretato da un immenso Nino Manfredi.


La storia, nei suoi vari intrecci, racconta di una povertà non solo concreta, ma anche morale. Ettore Scola, in modo encomiabile, mescola il dramma al grottesco, offrendo un capolavoro a tratti tragicomico.

Sì, ok... ma i bambini in tutto ciò dove sono?

Eccoci, arriviamo al nocciolo del discorso. Innanzitutto il film si apre in una scena notturna, con il pianto a dirotto di un neonato, quasi a voler anticipare la sofferenza del vivere che verrà presentata più avanti. Tutti dormono e la scena mostra, nella penombra della squallida baracca, il passaggio indifferente di questo bambino di mano in mano, fino a farlo arrivare alla madre. In questa apertura, il primo, ma non di certo l'ultimo, segnale di noncuranza dell'universo adulto nei confronti di quello infantile.


Nel corso del film i tantissimi bambini che affollano la zona malfamata, mentre gli adulti sono impegnati nei loro traffici (leciti e illeciti) quotidiani, vengono affidati alle cure di una bambina poco più grande, una ragazzina sui tredici anni che indossa stivali gialli di gomma, che si limita a radunare tutti i piccoli e a chiuderli (letteralmente) in una sorta di grande pollaio, dal quale non possono uscire.


Credo sia facile leggere nelle intenzioni del regista la volontà di una denuncia sociale.


Ma è nella scena finale che finalmente si palesa la speranza per il futuro, sulle magnifiche note del compositore Armando Trovajoli: la ragazzina dagli stivali gialli esce di casa di prima mattina, come è solita fare, per andare a prendere l'acqua potabile, cammina verso la fontana e guarda sognante verso una maestosa Roma in lontananza, verso il domani, verso il futuro che dovrà affrontare, per lei e per la creatura che adesso ha in grembo.

Le figure infantili come simbolo di speranza 

Le figure infantili presenti nel film, sembrano essere per molti versi tra i mezzi più fruttuosi utilizzati dal regista per coinvolgere emotivamente lo spettatore, che tende sempre a empatizzare di più con i più piccoli. L'infanzia diviene nel film un'allegoria perfetta del disagio della società e del possibile riscatto futuro.  


Se non avete ancora visto Brutti, sporchi e cattivi, vi consiglio di guardarlo, perché è un vero capolavoro del cinema italiano! Se lo avete visto fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti!