Top Founder President
Vivevo in un incubo e volevo farla finita. Ma poi ho conosciuto la Cappa & Associati…
“Non mi avete aiutato a vivere. Aiutatemi almeno a morire”.Sono queste le parole con le quali una donna indebitata ci chiede aiuto.Parole pesanti che sono pugni nello stomaco. Parole di una persona terrorizzata dal pensiero che le possano pignorare la prima casa.A parlare è una signora poco più che 40enne, che chiameremo Maria per tutelare la sua privacy.Diplomata ma senza lavoro, un figlio adolescente, un compagno disoccupato, la miseria che bussa alla porta, il pensiero ricorrente di farla finita.
La sua brutta storia è ambientata in un paese dell’entroterra maremmano.
“Ho bussato a tutte le porte. quelle principali e quelle secondarie. Le prime (sindaco, assistenza sociale, parroci, associazioni caritatevoli) hanno finito i fondi. Siamo troppi, c’è la crisi, anche loro hanno dei limiti. Le altre, prima di tutto i parenti, rispondono che ognuno ha i suoi problemi e che non possono fare nulla per aiutarmi”.
Maria ha perso il lavoro da un anno e mezzo, il suo compagno invece è stato licenziato di recente. Entrambi non percepiscono alcuna indennità di disoccupazione grazie ai “contratti” con i quali erano stati assunti.
Non hanno neppure gli ammortizzatori sociali.
“È così. Si sono interrotti i rapporti di lavoro ma non le rate del mutuo non pagate e che vanno ad accumularsi, il flusso di bollette e pagamenti. E per vivere si deve pur continuare a mangiare tutti i giorni, in qualche modo. C’è un quotidiano susseguirsi di necessità. E poi arrivano sempre i contrattempi: un mal di denti, le gomme della macchina usurate…”
Le utenze prima o poi le staccano se accumuli debiti
“L’Enel ci ha abbassato al minimo indispensabile la potenza. L’Acquedotto, dopo raccomandate e telegrammi ha mandato un operatore per chiuderci il contatore, i rubinetti. Anche il Comune ci ha fatto scrivere dall’avvocato di fiducia per la morosità sulle tasse scolastiche. La banca, invece, ci minaccia di pignorarci la casa se non riprendiamo a pagare le rate del mutuo”.
Quella davanti a me è una donna stanca e demoralizzata.
“Siamo tartassati quotidianamente con telefonate e lettere minatorie. Per ultima mi preoccupa la situazione con il condominio. Anche qui siamo fermi con le scadenze. Non abbiamo i soldi per pagare e anche l’amministratore ci minaccia di mandare la casa all’asta per recuperare i soldi che non riusciamo a dare. Ho provato a chiedere di rateizzare con 50 euro al mese ma non mi ascolta”.
Maria le ha provate tutte,
ma la situazione non ha fatto he peggiorare
“Ho venduto tutto l’oro che possedevo. Le ho davvero provate tutte ma adesso non ho più nulla da vendere”.
Maria non possiede più nulla.
Solo una vecchia utilitaria.
“Mi considero una persona normale, buona, dall’aspetto piacevole, che si è sempre data da fare. Con umiltà. Oggi non mi sento più neanche un essere umano, ho perso motivazioni e piango pensando a mio figlio, a quando dovrò spiegargli che per Natale non riceverà il mio regalo, che non sono più in grado di sfamarlo, vestirlo, comprargli l’occorrente per la scuola. Per questo sono arrivata al punto di chiedere aiuto per morire. Sì, proprio così. A quel punto, forse, si faranno avanti parenti, amici, persone in grado di aiutarlo e garantirgli una vita tranquilla, serena, normale”.
Il figlio di Maria è destinatario di una polizza-vita aperta alle Poste dalla madre pagando una cifra irrisoria, mensilmente.
“Non mi avete aiutato a vivere. Aiutatemi almeno a morire. Nel caso morissi riscuoterebbe 55 mila euro. Potrebbe studiare e vivere meglio di quanto non facciamo adesso. C’è un problema, però, un freno: non ci sarà liquidazione in caso di suicidio, altrimenti mi sarei già tolta la vita da sola da un po’. È la beffa che si aggiunge alla disgrazia di essere ridotti così. Devo sperare in un infarto, un male, oppure qualcuno che mi investe, che mi spara”.
Maria è sola.
“Qualche anno fa ho perso il mio babbo a cui ero legatissima. Il padre di mio figlio, invece, è morto quando lui ancora non aveva compiuto un anno. Credevo di avere già pagato il mio conto, invece il calvario continua. Fossi capace farei una rapina o mi sarei prostituita, ma un briciolo di autostima e dignità mi è rimasto. Per rispetto di mio figlio. Penso all’impatto con i suoi amici, a quanto è sensibile”.
La storia di Maria è la storia di migliaia di italiani che rischiano il pignoramento della casa perché, per un motivo o per l’altro, oggi si trovano con un debito più grande di loro sulle spalle, e non sanno cosa fare
Persone che la crisi, il lavoro o una malattia hanno ridotto sul lastrico e che, da un giorno all’altro, si sono trovate a dover fare i conti con problemi più grandi di loro.
Ne ho letti a migliaia sui giornali di casi così.
Madri, padri, figli, figlie, amici, parenti, vicini che arrivano a pensare a gesti estremi perché non sono in grado di vedere una via d’uscita ai loro problemi debitori.
Quello che voglio farti capire con questo blog è che non devi arrenderti perché un’uscita la si può sempre trovare.
È il caso di Giorgio, un imprenditore di Vercelli, che qualche anno fa ho aiutato a uscire dal pignoramento immobiliare a causa di una situazione debitoria veramente importante
Giorgio Tomalino era l’amministratore di una società immobiliare.
Qualche anno fa si era fatto abbagliare dalle promesse di quei corsi sugli investimenti immobiliari in cui alla fine però ti danno solo delle basi teoriche e superficiali, spacciandole per oro colato.
“Farai un sacco di soldi in pochi mesi” gli avevano promesso.
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