La freschezza quasi ingenua della primavera, che ci mostra il risveglio della natura, si è trasformata nell’esuberanza dell’estate, ha attraversato il fuoco della vita donando sé stessa in fiore, in frutto.
Ora, con l’autunno, quella che è stata una esplosione gioiosa e vitale trova il suo compimento e la natura si mostra stanca, sa di avere dato a sufficienza: necessita di riposo.
“Non la vita è un dono, ma noi siamo un dono alla vita” (Fausto Taiten Guareschi)
Il tempo nel quale, dopo il dono dell’essere alla vita, resta la “cenere”. Resta il residuo di tutto il lavoro compiuto, quel che è stato offerto viene sublimato, distillato, nell’etere cosmico.
Anche noi. Polvere (o cenere) siamo, polvere ritorneremo ad essere.
Ritorneremo nella materialità dopo che, tramite noi, quel che non si vede con gli occhi, l’essenziale, ha raggiunto il mondo sottile, da cui tornerà ad esprimersi nella materia, fino alla fine dei tempi.
Nulla, fino a che è compiuto, termina il suo ciclo, sempre qualcosa rimane: la cenere, che verrà ripresa da altre forze trasformative per altre forme e successive metamorfosi.
Questo è il ciclo naturale, sotto gli occhi di tutti. Si potrà quindi capire come sia possibile, con uno sguardo meditativo, cogliere la vita che si esprime nella decadenza. Anche in una foglia che si secca e poi marcisce brulica la luce della vita, quella forza di trasformazione che “non si sa di dove venga né dove vada”, che non vediamo in modo diretto ma che possiamo intuire, nel cuore, semplicemente appoggiandovi la nostra attenzione meditativa.
Appoggiando il nostro “sguardo interiore” su un oggetto quale, ad esempio, un frutto appassito, un marciume di foglie, possiamo intuire nel “cuore” (anche qui è necessario virgolettare, non si intende chiaramente il cuore fisico) la vitalità della trasformazione profonda, il vero motore (non pensate a nulla di meccanico: motore, inteso come “ciò che crea il moto!”, quel che “move il sole e l’altre stelle”).
Si pensi ad esempio ai quadri del grande veggente Gustavo Rol: commoventi rappresentazioni di rose appassite o di paesaggi autunnali e invernali. Erano questi i due soggetti monotematici dei suoi dipinti. Una osservazione meditata dei suoi quadri offre occasioni di vitalità e luce.
La forza donativa che si esprime in questa trasformazione porta a intuire, meditativamente, la vita che viene sacrificata per realizzare un cibo, così come quella che il cibo disgregandosi nel nostro sistema digestivo ci può regalare.
È tutto un sistema donativo in atto.
E “nel mezzo del cammin di questa vita” siamo noi, esseri umani, al confine tra due mondi: quello della materia e quello dello Spirito.
Trasformando ingredienti in cibo realizziamo un atto prezioso, trasferiamo alla materia il nostro sentire, il nostro essere uomini e donne.
L'uomo si distingue dall'animale in quanto trasforma il cibo prima di nutrirsene! qui trovi un articolo in cui ho approfondito questo argomento.
È quindi importante, fondamentale, mettersi a cucinare con gioia, attenzione e rispetto.
Siamo noi che li portiamo a disgregarsi e a trasformarsi in Vivande, cibo per la vita. Tramite la nostra azione si trasformano e diventano gioia, alimento, vita nuova che nasce e che possiamo condividere: con i nostri familiari, con i compagni di vita, con amici, con tutte le persone. E con noi stessi, da da questa trasformazione traiamo nutrimento.
Grazie per avere letto fino a qui queste mie considerazioni. Se ti è piaciuto quanto ho scritto continua a seguire questo canale e, se puoi, lascia un like, un commento, o condividi. A presto!
Marco Boscarato