Luca Chiesi

Disabilità & Invalidità

Luca Chiesi

Disabilità & Invalidità

Google soccorre il Ministero dell'Istruzione e la scuola italiana. Ma a quale prezzo? (Timeo Google et dona ferentes)

2020-03-15 22:43:14

In questi giorni di "emergenza coronavirus" uno dei settori più colpiti è la scuola: impossibilità di spostamenti, milioni di studenti a casa, scuole praticamente chiuse da un mese. La salvezza sembra provenire da Google (e simili). Ma il Ministero dell'Istruzione e i Dirigenti sanno davvero tutto?

Premessa, ovvero...

Quasi nessuno, in Italia, aveva preparato un piano per uno scenario simile.

In questi giorni mi sono arrivate diverse email, da software house di tutto il mondo, che offrono aiuti tecnologici per aiutare aziende e scuole in questa delicata situazione.


La cosa che mi ha più colpito, di tali email, era come quasi tutte queste aziende avessero un piano di emergenza per assicurare i loro servizi anche in uno scenario (ben poco plausibile, fino a poco tempo fa) di "pandemia".


In Italia, salvo rarissime e meritevoli eccezioni, tutti sono stati presi alla sprovvista.


Scuole in primis, che di certo non pensavano di dover rinunciare completamente alle lezioni in presenza per (almeno) un mese.


Al Ministero dell'Istruzione hanno accettato diversi aiuti arrivati anche dai colossi tecnologici come Google, come si può ben vedere dalla loro home page.


A Google e alla sua "Gsuite for Education" (una suite completa e gratuita di programmi per l'ufficio e la scuola, diffusissima in tutto il mondo) spetta il posto d'onore, ovviamente.


Ogni giornale d'Italia ne ha parlato, con dovizia (??) di particolari su ciò che tale piattaforma permette di fare.

Io l'ho portata nella mia scuola parecchi anni fa e la uso quotidianamente, oltre a farci anche videotutorial per gli utenti di Youtube e corsi (online o in presenza) per i docenti; quindi conosco abbastanza bene cosa permette di fare e cosa NON permette di fare.

Le soluzioni proposte

Ebbene, da un giorno all'altro, non per mia iniziativa, mi sono ritrovato a fare la conoscenza di quella meraviglia tecnologica (...) che è Hangouts Meet, un altro programma della "Gsuite for Education", in particolare un software che permette di fare videochiamate e videoconferenze, con chat integrata.

Una specie di "Skype",  per intenderci, ma con la possibilità (grazie a Google, fino al 1 luglio 2020, gratis per tutte le scuole del mondo) di avere videoconferenze anche con 250 partecipanti, streaming live con 100.000 partecipanti, con la possibilità di registrarli e tanto altro.


Tale software, pensato per le aziende, è stato reso utilizzabile anche dalle scuole per la "didattica a distanza", come si legge a caratteri cubitali sul sito del Ministero.
Anzi: negli "approfondimenti" Hangouts Meet è il primo della lista.



La privacy e la fretta vanno bene, insieme?

Ora, intendiamoci: sono il primo ad usare la "GSuite for Education" e ad apprezzarla.

In tanti anni di utilizzo ho trovato ben poco da eccepire.

Anzi, con alcuni software in essa contenuti (Google Documenti e Google Fogli, sostanzialmente gli equivalenti di Word ed Excel, ma con la possibilità di collaborare online) ho realizzato il progetto forse più ambizioso ed importante di tutta la mia vita, durato 3 anni e che ha coinvolto quasi 60 persone.


Tuttavia la "fretta & furia" con cui in particolare il programma Hangouts Meet è stato aggiunto alla lista di quelli disponibili per le scuole, e alcune sue caratteristiche, mi hanno lasciato abbastanza perplesso.

Sia perché da un giorno all'altro non ci si improvvisa ad utilizzarlo bene e ad integrarlo nella propria didattica "tradizionale":

Sia perché gli utilizzatori del programma sono nella maggior parte dei casi utenti minorenni.


Siamo sicuri che questi software non presentino delle falle, anche grossolane, in merito ad aspetti importanti della vita di milioni di studenti e migliaia di docenti, in tutto il mondo?


Ad esempio la privacy?


Avendo la possibilità di vedere non solo l'interfaccia che vedono tutti gli utenti, ma anche la console di amministrazione, mi sono balzati agli occhi diversi aspetti inquietanti, di cui nessuno parla, che ora proverò ad illustrare nel dettaglio.


Una cosa curiosa è che alcuni di essi derivano da una "debolezza" di Google Classroom, il programma "principe" della "Gsuite for Education", che serve per creare e gestire classi virtuali, in cui scambiare materiale e comunicare con gli studenti. Una debolezza che avevo già notato, ma a cui non avevo dato particolare peso, finora.


Google Classroom: un software solido, molto curato, utilissimo, semplice da usare, in cui tutti gli altri software sono ottimamente integrati; uno splendido Achille; ma con un tallone che si è palesato proprio in questi giorni.


Comunque, vediamo qualche dettaglio in più su Hangouts Meet.

Problema: la privacy (1)

Ogni volta che viene creato una nuova videoconferenza, o videochiamata, il software fornisce un codice da condividere e che permetterà ad altri utenti di accedere. 


Il problema è che tale videoconferenza è accessibile a tutti: non solo gli utenti dello stesso dominio (ovvero, della stessa scuola), ma anche a qualunque altro utente di Google (per esempio, chi abbia una casella di posta su Gmail.com) e... sorpresa delle sorprese... qualunque utente della rete, anche anonimo e anche senza casella di posta.

Dicendo che mi chiamo "Presidente della Repubblica Italiana", ad esempio, non compare altro che...

un semplice messaggio, che dice che potrò partecipare quando qualcuno lo permetterà... Peccato che...

...dall'altra parte, all'organizzatore della videoconferenza, compare la consueta richiesta di accesso, con scritto "utente non verificato". 


Ma se uno si spacciasse per una persona "plausibile", non penso che gli verrebbe impedito l'accesso, soprattutto se ...l'organizzatore della videochiamata è uno studente minorenne e non troppo attento alla propria privacy in rete.

Di fatto, una volta accettato, all'interno il nome dell'utente anonimo rimane quello che ha deciso lui stesso e non c'è modo, nemmeno tramite l'interfaccia di amministrazione di Hangouts Meet, di sapere chi in effetti esso sia.


E poiché non è necessario usare il video, ma si può usare anche solo l'audio, o la chat, è anche difficile poi scoprire l'eventuale intruso.


Esempi di scenari possibili?

  1. Durante una "lezione a distanza" si collega alla videoconferenza non solo uno studente, ma anche qualche suo amico/a di un'altra scuola!

  2. Durante un collegio docenti con centinaia di partecipanti, si collega in solo audio anche chi NON è docente della scuola, ad esempio uno studente minorenne, magari frequentante lo stesso istituto, grazie al link lasciato scritto su un post-it in giro per casa.

  3. Caso limite: dopo una videoconferenza organizzata da un docente, quindi perfettamente legittima, uno studente rimane connesso, da solo, anche quando l'organizzatore se ne va (e notate che la videoconferenza non si conclude se l'organizzatore se ne va! è voluto? se si, perché? in ogni altro software simile ciò non è possibile...); più tardi tale studente invita alcuni amici e amiche, anche di altre città, e uno di questi divulga il link in una chat su whatsapp e, malauguratamente, in questa chat c'è un pedofilo, che sotto falso nome accede alla videoconferenza con tutti gli studenti minorenni. Il resto lo si può inventare a piacimento.



Problema: la privacy (2)

Le videochiamate possono essere videoregistrate, con semplicità e di default, solo dai docenti.


Ma esistono diversi software, anche gratuiti, che permettono di fare "screen capture" e quindi di registrare tutto ciò che avviene sullo schermo e ciò che viene detto.


Cosa poi venga fatto di questo materiale è responsabilità di chi lo divulga, certo.
Peccato che per gli studenti minorenni la responsabilità sia dei genitori!


Al che mi vengono in mente istantaneamente alcune parole che mi sono state riportate come dette da un vicequestore della Polizia Postale, che mettendosi le mani nei capelli faceva notare:

"Se in un video registrato tra minorenni compaiono scene di nudo, anche per scherzo, quello è materiale pedopornografico. La responsabilità di una eventuale diffusione in rete è dei genitori. E per una cosa simile si può arrivare fino alla perdita della potestà genitoriale!"


Al lettore la responsabilità di verificare quanto sopra riportato.
Se anche fosse un caso limite, non è tuttavia niente di impensabile. Anzi.

I genitori sono informati di questo piccolissimo dettaglio?

Problema: la privacy (3)

A parte la questione della "videoregistrazione" fatta con strumenti di "fortuna", c'è proprio il problema legato alla possibilità di registrare integrata nel programma.

Infatti, come si legge nell'immagine qui sopra, tratta dal centro assistenza di Google:

"Gli insegnanti possono registrare le riunioni dopo aver eseguito l'accesso al proprio account G Suite (ad esempio Gmail). Gli studenti non possono registrare le riunioni".

Il problema, qui, nasce da Classroom, ed è il problema a cui accennavo all'inizio dell'articolo.

Quando un utente accede a Classroom per la prima volta, infatti, gli viene chiesto dal sistema se è uno studente o un docente.
In teoria l'amministratore di Gsuite dovrebbe verificare i singoli docenti, in modo che solo i docenti, ad esempio, possano creare nuove classi virtuali.
Peccato che questo sia impossibile!


Il link del gruppo dei docenti da verificare (https://classroom.google.com/teacher-group) porta in realtà ad una pagina che non esiste o non è raggiungibile!
E non è una cosa momentanea e solo di questi giorni: sono anni che è irraggiungibile.

Io non l'ho mai vista funzionante.
E il primo corso su Classroom l'ho creato nel 2014/2015...

Nell'impossibilità di sapere se ci sono eventuali studenti che si siano registrati come docenti, la situazione è alquanto spiacevole.

Finché si tratta di dare o non dare a un utente la possibilità di creare corsi su Classroom, non è un grosso problema.


Ma se uno studente che, anche solo per errore, si ritrovasse nel database di Google ad essere visto come docente, allora si ritroverebbe in Hangouts Meet anche la possibilità di registrare l'audio e il video delle videolezioni, con il file gentilmente salvato da Google nel proprio Google Drive.

Da qui a condividerlo sui social di tutto il mondo, anche senza il consenso del docente, è solo un "clic". 


E di "clic" ne scappano parecchi.

Problema: la privacy (4)

Un ultimo aspetto delicato riguarda i dati che vengono salvati sui server di Google quando qualcuno partecipa ad una videoriunione con Hangouts Meet.


Un utente, di fatto, vede ben poco, anzi quasi nulla.

Pertanto non ha idea di quali e quanti dati vengano raccolti.

Ma dando un'occhiata dal punto di vista di chi amministra la Gsuite nella scuola, è chiaro che i dati salvati sono una montagna.

  • Nome organizzatore
  • Durata della riunione
  • In corso / terminata
  • Numero di persone coinvolte
  • Dati tecnici sul collegamento (congestione della rete, perdita pacchetti, tremolio, eventuali valutazioni degli utenti)
  • Durata media per ogni partecipante e altre statistiche
  • Indirizzi email dei partecipanti (gli utenti esterni però li conosce solo Google...)
  • Per ciascuno dei partecipanti, minuto per minuto:
    • da quale dispositivo è connesso
    • per quanto tempo
    • quando attiva o disattiva il microfono
    • quando inizia e termina ogni collegamento
  • Tipo di dispositivo connesso
  • Ora di inizio della connessione
  • Durata della connessione
  • Luogo da cui parte la connessione
  • Carico della CPU del computer client
  • Durata dell'audio inviato da ogni singolo partecipante
  • Media di bit inviati per l'audio di ogni singolo partecipante
  • Altri dati tecnici sull'audio inviato
  • Durata del video inviato
  • Risoluzione del video inviato
  • Frequenza in fotogrammi al secondo del video inviato
  • Velocità media in bit del video inviato
  • Risoluzione del video ricevuto medio
  • Frequenza fotogrammi al secondo

"E allora?"

Beh... se questi sono solo i dati che vede l'amministratore della Gsuite (e sono tanti!), sicuramente i dati inviati e archiviati da Google sono molti di più.

Ebbene:

  1. Quali altri dati vengono memorizzati?
  2. Con quali finalità?
  3. A chi vengono diffusi?
  4. Come vengono trattati?
  5. Fino a quando vengono memorizzati?
  6. Come si può fare per sapere quali sono i propri dati nei server di Google ed eventualmente farli cancellare?

sono solo alcune delle domande legittime che CIASCUNO dovrebbe farsi.
GIA' ADESSO.

Venire a conoscenza che pochi anni fa "Sweden’s data protection Authority bans Google cloud services over privacy concerns", beh...

E venire a conoscenza che sempre la Svezia, in data 11 Marzo 2020, ha comminato una multa a Google di circa 7 milioni di euro per problemi legati al GDPR sulla privacy, non fa certo piacere. 


E' vero che era relativo a Google come motore di ricerca; ma è nota la libertà che si concede questo colosso in fatto di privacy. 


Alla fine di questo articolo una bellissima e istruttiva storia aiuterà a farsi un quadro preciso della relazione burrascosa tra "Google" e la "Privacy".


Problema: cyberbullismo (1)


Devo aggiungere anche che la piattaforma Hangouts Meet non è proprio a prova di cyberbullo. Anzi.

E' un problema noto probabilmente da mesi, visto che in certi posti del mondo la "scuola a distanza" è una esigenza molto più sentita che da noi.

Nei forum di supporto di Google la domanda, più che lecita, è già stata posta, (sembra che entro la prossima settimana, diciamo entro il 20 marzo, dovrebbe essere risolto; vedremo) e nonostante la cosa sia alquanto ...ridicola, ciascun partecipante alla riunione, se appartiene al dominio della scuola in questione, può buttare fuori dalla videoconferenza stessa qualunque altro studente.


Nota bene (1): nessuno può sapere CHI ha buttato fuori CHI. Nemmeno l'amministratore di Gsuite. O meglio: solo Google...

Nota bene (2): uno studente può buttare fuori dalla videoconferenza ANCHE UN DOCENTE. E nessuno può sapere CHI ha buttato fuori il docente. Nemmeno l'amministratore di Gsuite. O meglio: solo Google..

Nota bene (3): uno studente può buttare fuori dalla videoconferenza ANCHE L'ORGANIZZATORE (e anche se è un docente!). E nessuno può sapere CHI ha buttato fuori il docente. Nemmeno l'amministratore di Gsuite. O meglio: solo Google..

Se questi fatti (tipo 1) sono RIPETUTI, questo è un problema di cyberbullismo.

Gli altri casi (tipo 2 e 3), mi sembrano invece equivalenti a poter buttare fuori dalla classe l'insegnante mentre spiega... Come definirlo?

In mancanza di una parola adeguata, mi basta far notare che la piattaforma in home page del Ministero dell'Istruzione ha questo piccolissimo "difetto", cioè che permette ad eventuali studenti di buttare fuori il docente dalle videolezioni.

Molto "a distanza", questa "didattica a distanza"... :-)

Problema: privacy (5), in Google Drive

Aggiungo, prima di concludere, anche una nota ancora più stonata, all'intero della GSuite. Nota stonata che ho scoperto solo per caso, ma che mi ha lasciato interdetto.


Avevo infatti caricato su Google Drive (nel mio account personale di scuola, quindi NON ACCESSIBILE a nessuno) diverse immagini che non erano altro che scansioni di libri vecchi e quasi introvabili, o ricette macrobiotiche, o trascrizioni di vecchie conferenze e altre cose che interessano quasi solo a me... :-)

Ebbene: scrivendo nella barra di ricerca un nome giapponese (Georges Ohsawa, lo "sconosciuto" più importante del mondo e protagonista del nostro libro, capolavoro di Jacques Mittler) sono usciti NON SOLO i documenti testuali che contenevano tale nome, MA ANCHE le scansioni/immagini in cui era presente il suo nome. Anche le scansioni "storte"...

Detto in altre parole: con il suo potentissimo OCR (software di riconoscimento testo), Google ha fatto sicuramente una scansione di tutti i miei documenti salvati sul mio account personale di scuola, NON DICHIARANDOLO da nessuna parte e soprattutto SENZA MOTIVO. Perlomeno, non so trovare altre spiegazioni, ad oggi.


Devo quindi dedurre che Google analizza OGNI file immagine di OGNI account, compresi quelli "educational"? E magari anche ogni tipo di altro file multimediale, come audio e video?

Quindi anche tutti i documenti che i docenti di una scuola condividono fra loro?

E nel momento in cui di questi documenti vengono fatte scansioni e riconoscimenti con OCR, senza dichiararlo da nessuna parte, cosa devo pensare?

Dove vanno questi dati?
Come vengono collegati tra loro?
Come vengono collegati con tutti gli altri dati che Google ha su di noi, o sui nostri studenti?


Eccetera, eccetera, eccetera.


Concludendo


Se nella mia scuola, partendo con un anno di anticipo, potendo contare fin dall'inizio del corrente anno scolastico su tutte le forme di comunicazione con le famiglie e un contatto giornaliero con tutti gli studenti, sono state necessarie diverse settimane per raccogliere da TUTTE le famiglie di TUTTI gli studenti il consenso per l'attivazione di una casella di posta elettronica "istituzionale" tramite la " Gsuite for Education" di Google,


chiedo

come faranno tutte le scuole d'Italia che in questi giorni si stanno affannando ad attivare le loro licenze gratuite (grazie alla meritoria e disinteressata offerta di Google, a ragione messa in evidenza in home page del sito del Ministero dell'Istruzione) ad ottenere tutti i documenti richiesti dal GDPR e ad ottenere il consendo di tutti i genitori/tutori, visto che:


  • la circolazione per le strade è quasi interdetta
  • le scuole sono chiuse, salvo al presenza degli amministrativi e della dirigenza
  • le segreterie hanno ben altro a cui pensare
  • la maggior parte delle famiglie italiane non è dotata di una PEC con cui eventualmente mandare documenti che non possono essere consegnati a mano
  • le password di accesso andrebbero consegnate agli studenti in modo riservato e di persona

e ovviamente non tutte le famiglie avranno gli strumenti e i dati per decidere se dare o meno tale consenso, soprattutto considerando i diversi problemi relativi alla privacy che ho evidenziato qui sopra, soprattutto riguardanti il software Hangouts Meet, grande "cavallo di battaglia" di Google?


E se questo "cavallo di battaglia" fosse in realtà un "cavallo di Troia", per demolire ancora di più la (ben poca) privacy lasciata agli utenti della Rete, in particolare alle migliaia di docenti e i milioni di studenti minorenni che da diverse settimane non possono più accedere fisicamente alle proprie scuole?


Mi farebbe davvero molto piacere un vostro commento. Grazie.


Luca Chiesi

15/03/2020



Concludo davvero... con uno splendido testo di Ca_Gi, collaboratore della Wu Ming Foundation. Il titolo è 


"A day in your life (Google lo sa)"

Ti svegli dopo un sonno di sei ore. Hai dormito male, sonno leggero e agitato. 


Google lo sa: lo ha rilevato dall’accelerometro e dal microfono nel tuo smartphone.
Dall’analisi della rete a cui sei connessa sa pure che non eri a casa tua, ma in un appartamento dall’altra parte della città e, dal registro dei tuoi spostamenti, sa pure che da circa un mese ti ci rechi almeno un paio di volte a settimana.


Google sa chi vive in quella casa, perché il GPS del suo smartphone indica giornalmente la sua presenza lì. Conosce bene quella persona, come conosce te. 


Sa che non fa parte della tua cerchia di amici ristretti, perché il suo numero non è nelle loro rubriche e molto raramente si trova negli stessi posti che loro frequentano. 


Sa che vi siete registrati a vicenda in rubrica qualche mese fa, ma solo negli ultimi tre avete iniziato a chiamarvi spesso.


Ieri sera avete visto un film sulla Chromecast. 

Ovviamente Google sa qual era il film e poiché i dati GPS indicavano che eravate entrambi in casa e non vi siete mossi, deduce che probabilmente eravate in salotto.


Sa pure che all’altra persona il film non doveva interessare molto, perché mentre lo stavate guardando non faceva che giocare con un videogame sul suo smartphone Android.


Grazie al DNS Google sa che, appena alzata, come ogni mattina, hai controllato le news sul solito sito. Android e Chrome glielo confermano.


Dall’archivio delle tue abitudini di lettura degli ultimi anni, Google sa che le notizie relative alle occupazioni abitative sono di tuo interesse, ma che leggi in dettaglio solo quelle che parlano di sgomberi.


Dall’analisi dei testi delle tue email sa che ne parli anche con amici e conoscenti e che manifesti crescente preoccupazione per le dichiarazioni di un certo assessore. 


Dall’analisi dei movimenti del tuo dito sullo schermo sa quali titoli di notizie hanno attirato la tua attenzione anche se poi non li hai letti, e ritiene che se in questi titoli fossero state presenti determinate parole la probabilità che tu li aprissi sarebbe stata maggiore.


Alle otto hai percorso un certo tragitto in città. Google lo sa, sempre grazie al GPS e per via del distacco dal wi-fi dell’appartamento.


Dall’analisi di percorso e velocità Google deduce che lo spostamento sia avvenuto in bicicletta.


Sa che poi sei entrata in un certo bar, probabilmente a fare colazione, dato che ti sei trattenuta mezz’ora, e che lì ti sei connessa al Wifi sbagliando il captcha tre volte, deducendone che forse sei ancora un po’ addormentata, poiché di solito li becchi al primo colpo.


Google rileva che poi ti sei agganciata alla rete della biblioteca e hai cercato un certo oggetto che ritiene ti debba interessare molto, poiché la ricerca ti ha portato a girar diversi siti, finendo per trovarlo su quello di un certo negozio online dove l’hai acquistato fornendo la tua solita carta di credito. 


Ritiene statisticamente probabile che possa trattarsi di un regalo per una delle tue migliori amiche, quella che compirà gli anni tra un paio di settimane e che a sua volta acquista spesso oggetti dallo stile simile.


Poi scrivi un testo su un’app che hai scaricato dal Play Store e anche se non è un’app di Google, l’azienda ha accesso alla tastiera di Android e quindi è comunque in grado di comprendere cosa hai digitato, incluse le parti cancellate. 


Il testo contiene passaggi in inglese e dalla velocità con cui le hai digitate capisce che è una lingua che pensi di padroneggiare bene, anche se in realtà nota che ripeti sempre gli stessi errori di grammatica.


A quel punto ricevi una chiamata da una persona che nella tua rubrica è registrata come «Mamma», e parlate per cinque minuti. 


Google rileva una certa ansia nella tua voce e ciò gli conferma quel che aveva già presunto: c’è tensione tra te e tua madre.


Lo aveva dedotto da diversi fattori, tra cui il gran numero di volte che non rispondi alle sue chiamate anche se sei a casa, e dal fatto che durante le feste sei lontana da lei e non la chiami.

Più tardi ti scatti un selfie con alcuni amici e dai metadati della foto Google può sapere dove e quando è stata scattata. 


Analizzando l’immagine può identificare le persone ritratte così come il tipo d’abbigliamento, dal quale può dedurre gusti e marche, dato utile per confermare cose che già sa sul tuo e loro livello economico.


Arriva la sera e fai una corsa nel parco ascoltando musica e indossando un braccialetto elettronico che registra le tue attività come il tipo di andatura, il battito cardiaco ecc. 


Non ci hai mai fatto caso, ma sia l’app per la musica in streaming sia quella del braccialetto avvisavano da qualche parte che i dati sarebbero stati condivisi con «terze parti», ossia partner commerciali. 


Ciò che non potevi sapere è che tra questi vi è pure Google, che quindi conosce anche i tuoi dati fisiologici, le tue abitudini sportive, oltre ovviamente ai tuoi gusti musicali.


Google sa anche che sei una persona romantica e riflessiva, perché traspare da ciò che cerchi online nei momenti liberi; sa che fai letture impegnate, e che hai un debole per i panda.


Non possiamo affermare con certezza quali rilevazioni Google faccia costantemente, quali una tantum a scopo “sperimentale” e quali invece siano rilevazioni che tecnicamente potrebbe fare ma in realtà non esegue. 


Non possiamo dirlo, perché quel che accade nei server di Google lo può sapere solo Google, e perché i suoi strumenti sono spesso chiusi e non permettono una verifica trasparente.


Quali che siano le rilevazioni effettivamente fatte, sappiamo che Google ci osserva attraverso innumerevoli canali, e registra le nostre attività. 


La mole  dati a cui Google ha accesso gli permette di ricostruire la vita delle persone in modi che nemmeno un social network potente e pervasivo come Facebook può sognare.

TRATTO DA : "Perché è necessario e urgente liberarsi di Google – e come cominciare a farlo", pubblicato il 6 marzo 2020