I tempi sono cambiati, ed anche Roma è diventata tentacolare, con borgate e frazioni tutt'intorno. Ma fino a non molto tempo fa l'Urbe, non avendo una vocazione industriale, risucchiava tutta la popolazione dei dintorni verso la città, lasciando la Campagna Romana del tutto spopolata. Ben lo sapeva  il grande Giuseppe Gioachino Belli, che negli anni '30 dell'Ottocento  dipinge quella plaga abbandonata come un luogo assolutamente desolato e soprattutto pericoloso. Il sonetto è interpretato magistralmente dall'indimenticabile Luigi Vannucchi.

Una curiosità:  perché la Campagna Romana - geograficamente una delle poche pianure del Centro-Sud - si chiama così? Perché quando Augusto divise l'Italia in 11 regioni, la Regio I si chiamava appunto  Latium et Campania, con un Lazio da gran tempo  economicamente e culturalmente legato alla greca Campania Felix.  Naturalmente il passo da Campania a Campagna è breve: basta una sonorizzazione post-latina del suono "n".

Negli antichi riti dionisiaci attraversavi il muro, entravi in un'altra dimensione, ti riempivi dello spirito del dio. E danzavi, danzavi fino allo sfinimento; magari eri uno schiavo, una schiava, un emarginato, un dimenticato. Da dimenticato dimenticavi tutto e, al suono ossessivo dei sistri, danzavi fino a perdere il fiato, la cognizione dello spazio e del tempo.

Ma non scomodiamo l'esoterismo. La danza ci introduce in una dimensione che, anche nel piccolo, non è quella quotidiana: abbandoni l' IO e t'immergi a ritmo di musica in uno spazio e un tempo caleidoscopici. Per questo la gente balla, anche se non ha piedi e orecchie adatti. E per qualche istante dimentica il mondo.

Pardòn se non sono un pittore, ma nei miei disegni "astratti" riesco in parte ad esprimere meraviglia e stati d'animo. :)