"L'uomo è ciò che mangia". Direbbe Totò: “Ma mi faccia il piacere!!!”
Questa affermazione icastica di Ludovico Feuerbach viene spesso evocata quando si vuole dare importanza all’alimentazione per l’uomo. Nell'affermare "l'uomo è ciò che mangia" si vuole in senso generale dire che, in base a ciò che mangiamo, deriva la nostra buona salute, la qualità della nostra relazione con il corpo e con il mondo.
Feuerbach, esponente della cosiddetta “sinistra hegeliana” e anticipatore del materialismo storico di Marx ed Engels, voleva mettere l’accento sul fatto che l’uomo è “tutto senso”, completamente definito nella sua sensibilità. E in quanto tale, ciò che mangia (quello che materialmente assimila) lo definisce.
Ovviamente è una affermazione che ha le sue ragioni, come accade per tutti i punti di vista. Ma non mi trova affatto d’accordo perché mette in evidenza un aspetto estremamente limitato ed esclude la componente più importante di quel che ci definisce e ci fa stare bene!
Intanto, se preso alla lettera, vedremmo l’uomo trasformarsi in quello che mangia. A mangiare carote, si diventerebbe una grande carota! Oppure, se fossimo lupi che mangiassimo agnelli, ci trasformeremmo a poco a poco in agnelli.
Ma la natura di lupo o di uomo, che invece ovviamente ha prevalenza sulla qualità della "materia ingerita", dove la troviamo?
Queste considerazioni sembrano ovvie e banali; ma affermare senza spirito critico “L’uomo è ciò che mangia” lo è altrettanto! E mette in ombra un’altra ovvietà a cui invece si dà molto poco peso: l’esistenza, anche se non evidente ai sensi, di una struttura organizzata che assimila il cibo e gli ingredienti e che reagisce ad essi in modo specifico.
Per cui, se seguissimo il filone di pensiero proposto da Feuerbach accetteremmo inconsapevolmente l’idea meccanicistica che esistono cibi che fanno bene e cibi che fanno male. Mentre in realtà questo dipende dalla nostra condizione! Anche l’acqua diventa tossica in grandissime quantità, mentre l’arsenico in quantità infinitesimali può diventare curativo.
Tutto è sempre in grande equilibrio. E il cibo che è buono è BUONO PER NOI, non per altri. Per ciascuno di noi. Ovviamente in base alla nostra struttura fisica non ci è possibile mangiare chiodi o legno. Ma se lo zucchero in piccole quantità fa bene al nostro “Io”, per un diabetico invece è veleno; questo a livello fisico, ma anche a livello “animico” se un cibo, come le madeleines proustiane, fa bene a noi, ci ricorda tempi buoni della vita, ci dà gioia, è buono per il nostro organismo anche se si tratta di patatine fritte o di carne alla brace. Ovviamente in quantità moderate e compatibili: l’organismo umano è certamente ANCHE una macchina. Quello che voglio sottolineare e che ci dimentichiamo spesso è che invece e soprattutto L'UOMO E' IL PILOTA DI QUELLA MACCHINA.
Certamente ci avviciniamo con una maggiore approssimazione! Siamo una macchina organica, ecco, diciamo così: a seconda della condizione in cui ci troviamo, la materialità di cui ci nutriamo, che assimiliamo, ci fa bene o ci fa male, ci porta a un maggiore o minore equilibrio. Questa è la visione della medicina antica, secondo Ippocrate e Galeno, che non a caso poneva l’alimentazione come prima cura.
“Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo” (Ippocrate di Cos, 460 a.C.)
questa frase, più di quella di Feuerbach, nasconde una consapevolezza profonda, radicata nella verità delle cose e del nostro corpo. L’equilibrio, per compensare le “discrasie”, si ricerca tenendo conto della persona, del pilota della macchina e non avendo di fronte una visione meccanicistica dell'uomo come macchina. L'organismo ha una funzione attiva, non è un passivo recettore di quanto assimila.
Ma c’è ancora di più, secondo me!
Mangiare e digerire è una attività animale, propria di qualsiasi animale. Ma
Nessun animale accoglie consapevolmente nella propria alimentazione cibi trasformati.
L’uomo è l’unico essere vivente che, grazie all’uso delle mani e del pollice opponibile, è in grado di selezionare ingredienti e trasformarli. Lì è la differenza, non in altro! Tanto che l’antropologia culturale, con Claude Levi-Strauss, stabilisce proprio con la prima preparazione culinaria la data di inizio della civiltà, in un libro dal titolo eloquente: “Il crudo e il cotto”.
Allora, la questione può essere affrontata da un numero sufficiente di punti di vista.
Negli incontri “In Cucine Insieme” propongo una pratica, una semplice pratica di cucina, accessibile a tutti, che vuole partire dalla visione sopra descritta, con il metodo della
Questa è la visione di fondo, il quadro in cui, divertendoci (ovvero, etimologicamente, scegliendo percorsi diversi, di-vertendo dal modo consueto), agiamo e trasformiamo gli ingredienti in ricette, secondo stagionalità, occasione, attitudine, fantasia, vita. Negli incontri “In Cucine Insieme” mettiamo tutto questo in pratica e realizziamo la nostra cena.
L'uomo non si definisce in base alle sue condizioni materiali, ma in funzione di come agisce nei confronti di queste. Nel nostro piccolo, anche in cucina, possiamo partecipare in modo consapevole al grande gioco della trasformazione e della vita. Possiamo stare insieme, divertendoci, imparando tecniche e procedure che ci aiutino a interpretare meglio le relazioni con il cibo che trasformiamo e di cui ci nutriamo, a stare meglio con gli altri, che possono godere della nostra libertà creativa, possiamo riconoscerci di più in quello che facciamo.
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La natura ha il segreto della forza: la natura in cui è suggellato il segreto dei firmamenti e rappreso, come silenzio della musica delle sfere, l'apparire. Come apparire minerale. L'uomo muove dallo spirito, e può saperlo ove ritrovi le vie della conoscenza; ma il segreto dell'essere uomini - gli uomini che ancora non si è - è l'immergersi nello spirito della terra
(Massimo Scaligero, dell'Amore Immortale)
PS la foto in copertina riproduce una insalata primaverile preparata da mia moglie Alessia, per cui è senza alcun dubbio... cucina relazionale! 😁