Guido Zanchin

Founder Senior

E se imparassimo ad accettarci?

2019-08-13 19:21:57

Riconosci le tue emozioni e i tuoi pensieri per accoglierli così come sono.

      Detto così sembra facile, ma,purtroppo non lo è.

Accogliere sé stessi al di là dei preconcetti che ci siamo costruiti non è certo impresa semplice.

Tuttavia rimanere in balìa delle nostre emozioni e lasciarci trascinare da esse impedisce a noi stessi una certa flessibilità cognitiva, essendo abituati a re-agire alle emozioni , quindi a rispondere immediatamente.

Come dice il sottotitolo, il concetto di accettazione non è da confondere con la rassegnazione, ma, piuttosto, ha a che fare con la poco naturale dinamica del“riconoscimento”.

Una delle emozioni che più ci mette in difficoltà sotto questo punto di vista è la vergogna, quindi possiamo considerarla una buona palestra per riconoscere ed accettarne anche altre.

La vergogna è forse l’emozione a cui vorremmo più sfuggire (evitamento)...

...sia per le sue evidenti manifestazioni ( nascondimento, rossore), che per l’enorme difficoltà ad ammetterla a sé stessi, e soprattutto a riconoscerla. Spesso tendiamo a nasconderla dietro altre emozioni come tristezza o senso di colpa, questo perché ci fa sentire invasi con un giudizio globale su di sé associata alla sensazione di “non avere scampo”.

Come ho già avuto modo di dire in altri post, è necessario riconoscere e dare un nome (più esatto possibile) alle nostre emozioni per poterle gestire efficacemente.

Come diceva H. Roth: 

                     “Se riesci a tradurre in parole ciò che senti, ti appartiene”


Purtroppo la vergogna è forse l’emozione più difficile  a cui dare un nome, vuoi per la sua natura sfuggente, vuoi perché tendiamo spesso a sostituirla con altre emozioni ( senso di colpa, tristezza, rabbia) diventando così non identificabile chiaramente.

Esprimerla a parole diventa complesso anche perché spesso non è nemmeno chiaro cosa ci fa vergognare, talvolta ci sentiamo invasi dall’altrui sguardo e re-agiamo quasi inconsapevolmente con rossore e nascondimento. Il giudizio negativo degli altri ci fa entrare  in contatto col nostro fallimento come col travalicamento di norme sociali, investendo il nostro valore globale.


Istintivamente siamo portati a nasconderci...

...ripiegarci su noi stessi, distogliere le sguardo e tutte le altre azioni volte a sottrarci alla vista degli altri.

E’ investito il nostro valore personale, la nostra autostima e abbiamo la sensazione di non avere via di fuga o di riparazione.

Proprio per questi motivi tendiamo a confonderla ad esempio col senso di colpa, mettendo a fuoco i nostri comportamenti negativi separandoli dalla sensazione di vergogna. La tristezza: anch’essa porta ad un ritiro ma è più sopportabile perché non  svaluta il nostro sé. La rabbia verso altri: colpevoli del nostro comportamento negativo, ci permettono di riacquistare parte del controllo.


    In aiuto arriva una delle nostre difese più importanti

 Il ridere, l’autoironia, ci permettono di mettere una distanza da questa difficile esperienza emotiva e non sentirci più nel ruolo di vittime della nostra vergogna.


“Il clown che fa ridere gli altri di se stesso non si sente umiliato, poiché è egli stesso ad averli fatti ridere” (Piers, 1953)


Dunque questa emozione, seppur difficile, riconoscendola come tale possiamo tramutarla in una maggiore conoscenza di noi stessi. Nessuno di noi è perfetto, tutti commettiamo errori, l’importante è avere la capacità di re-agire a questi nostri capitomboli.

                                          Consiglio per chiudere l'articolo:


La nostra autostima non verrà intaccata se utilizziamo questa esperienza emotiva in una occasione per “correggere il tiro” e di una maggiore conoscenza di noi stessi.

Come le altre emozioni riconosciamola, accettiamola, facciamola nostra.


              Un altro grande passo verso il nostro miglioramento e, perché no,

                                   la struttura della nostra personale felicità.