Marco Boscarato scrive

Parole che si fanno strada

Marco Boscarato scrive

Parole che si fanno strada

"Ma non ti ga 'na casa?"

2021-08-19 08:42:35

No. Ma anche sì. Ancora 40 giorni circa di cammino per "Giustamente errare" e per capire quale sarà la sua, di casa.

Ma no ti ga na casa? 

Dove abita veramente il "pellegrino"


Cari amici!
Mancano circa 40 giorni al termine di questo viaggio e voglio festeggiare questo momento con una riflessione sull’”avere casa”.
40 giorni sono simbolicamente un “tempo”, un periodo di “incorporazione”: 40 sono i giorni di Gesù nel deserto, 40 i giorni di pioggia del diluvio universale, 40 quelli dalla Resurrezione all’Ascensione nel Vangelo e 40 dal mercoledì delle Ceneri alla Pasqua.
In 40 giorni conosceremo la destinazione di “Giustamente, errare”, la sua “casa”: sarà una libreria o sarà la stampa in forma privata? Lo sapremo presto. Il cammino continua dopo la pausa per me lavorativa di Ferragosto, a settembre ci saranno presentazioni e interviste, vi terrò informati.
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“Ma no ti ga na casa?” Ma non ce l’hai, tu, una casa?

Questo l’epiteto che in queste zone (il Veneto) ho sentito talvolta indirizzare, sottovoce, dai camerieri stanchi a fine servizio, verso il cliente che indugia al tavolo conversando fino a tarda sera.
Questa è la stessa domanda che si potrebbe fare al pellegrino (etimologicamente lo “straniero”, il forestiero, colui il quale arriva per ager, dai campi, nella civiltà e nella domus), con una risposta certa.
No, non ho una casa!
Chi arriva da “fuori” e torna “fuori” non ha una casa, non ha nulla. Semplicemente prende e poi lascia, lascia e poi prende.
La figura del pellegrino è la quintessenza della generosità!
Quello che prende lo lascia perché deve andare avanti, verso non si sa che cosa. E’ il contrario dell’avarizia e della paura. L’avaro trattiene, è grigio, ferma il naturale andare del mondo. La paura blocca, gela, inchioda. Il pellegrino si offre invece al mondo e va, cambia il colore: riceve quanto viene offerto e poi si offre, lui stesso, alla strada: nulla trattiene per sé. Affronta con coraggio quel che deve venire, fiducioso che sarà. Sarà semplicemente quello che deve essere. Non c’è “controllo” nel viaggio del pellegrino, c’è l’errare e la coscienza di errare. Il camminante si apre al mondo con il suo passo in avanti e il mondo gli si offre, alimentando quel confine tra IO e MONDO che siamo alla fine “Noi”, il nostro “Adamo dove sei”, la coscienza del nostro Essere, qui ed ora.

Adamo, parola antica e profonda.

Risuona e probabilmente deriva dall’ebraico âdâhmah, terra da coltivare. Terra fertile. Sta a noi saperla coltivare, costruire l’Uomo che vogliamo essere, costruire l’essere che riceve e che dona, generoso; piuttosto che ridurci a solamente prendere, volere per trattenere, gretti e miopi, come purtroppo spesso accade.
Questo possiamo fare, coltivare la nostra terra, diventare migliori. Il nostro passo risuona nel mondo, è sempre al confine tra noi e le cose e vibra, si effonde, diffonde. Come un diapason, che si armonizza e vibra con il simile. Possiamo far vibrare il buono in noi e portare la nostra armonia, possiamo riconciliarci con il mondo e vibrare all’unisono, il mondo con noi, noi con il mondo. Di più non si può fare, ma questo si può: fare di meno è non essere sé stessi.
In un senso, quindi, il pellegrino non ha una casa, perché abita il mondo.

Ma allora, in realtà, il Pellegrino è già la Sua Casa!

La sua casa è il suo cuore e il mondo.
La sua casa è essere sé stesso in continuo confronto e sperimentazione con le cose, gioendo della Relazione che si crea nell’andare, variabile e cangiante come i colori di un caleidoscopio, sempre ricca e viva. Collegata alla terra e alla luce, alla sostanza da cui veniamo e verso cui stiamo andando.
Questa è la risposta, esattamente dove sta la domanda: “Adamo, dove sei?”: Sono a Casa, qui dove sono è la mia Casa, nulla di più mi serve di quel che ricevo e tutto quel che ricevo dono.
Questo è lo “spirito” del cammino: il senso profondo del mettersi in viaggio nella quotidianità: che ovviamente va affrontata, si colga dalle mie parole il senso intimo e non letterale. La quotidianità è una necessità, dobbiamo relazionarci agli altri in una società in cui è necessario fare i conti con le cose e con il possederle per vivere. Ma la quotidianità è solo un “bivaccare”, come ha scritto una amica di recente, la vera vita si costruisce nella Coscienza.
Allora, le strade percorse dal pellegrino non sono più polvere e sassi, ma diventano vene e arterie di un corpo vivo, pulsano e si colmano di vita come fossero le vie per il sangue della terra. Questo è il pellegrinare, nulla di più e nulla di meno.
Se volete confrontarvi con un altro modo di raccontare queste verità, leggete “Le vie dei canti” di Bruce Chatwin, ed entrate nello spirito degli aborigeni, che avevano orecchie per ascoltare la terra e le sue storie. Torneremo certamente a tempi simili, superando l’aridità che ci circonda, se sapremo anche noi offrire il nostro canto, il nostro passo, a questa terra, con generosità.
Siamo tutti preziosi, non offrire quel che siamo agli altri e al mondo è semplicemente un “peccato”!
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Eccoci dunque: 40 giorni per arrivare al termine di questa tappa del viaggio di “Giustamente errare”.

Se vorrai sostenerlo, o continuare a sostenerlo, potrai:

  • Ordinare una o più copie del libro (il link qui sotto). Ti arriverà certamente nei primi mesi del prossimo anno


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Marco Konin Boscarato, pellegrino lungo la via Francigena

by Marco Boscarato