Sarah Geslot

Founder Senior

L’IMPORTANZA DELLA GESTIONE DELLE EMOZIONI NEL TRATTAMENTO MANUALE

2019-04-19 13:30:06

Approfondimento sulla relazione tra trattamento manuale e la gestione delle emozioni.

La difficile relazione tra le nostre mani e la gestione delle emozioni.


Punto primo: Evita la risoluzione dei problemi.
È una questione di impostazione, atteggiamento e coscienza. 
Immagina di essere seduto su una panchina in una stazione ferroviaria, intento ad osservare con aria sognante i passanti, come se ognuno fosse un mistero affascinante che attraversa la tua coscienza, credo che non cercheresti di risolvere i problemi di nessuno, anzi, non cercheresti problemi da risolvere punto e basta. 

Lasciarsi permeare e sentire il mistero della vita, delle vite che ti stanno passando davanti, i sogni di quelle persone, i desideri, le loro paure, le loro incertezze. Se impari ad osservare in questo modo, risolvere problemi diventerà l’ultimo dei tuoi problemi. 

Questo stimola una maggiore attenzione e ti porta fuori da una partecipazione attiva al problema del tuo cliente, verso uno stato più rilassato e lucido. Questo atteggiamento permette l’espressione di sentimenti che altrimenti non emergerebbero se tu fossi rigidamente concentrato sulla risoluzione del problema. 

Quindi, evitare come la peste il problem solving. 
Credimi è una delle cose più difficili da insegnare ai miei allievi e studenti. Soprattutto quando mi dicono: “vogliono risolvere i problemi. Vogliono aiutare”. 
E io ribatto sempre: “ci sono livelli e modi diversi per aiutare, ma tu ti stai concentrando su uno solo”.

Punto secondo: Riconosci e accetta l'espressione emotiva. 
Ora, potresti dover lavorare un po’ su te stesso per essere a tuo agio coi sentimenti degli altri, ma devi essere pronto ad accettare sentimenti di ogni tipo. Odio, frustrazione, sofferenza. Qualunque cosa. 
Devi essere presente e ricettivo per ognuno di essi. 
Quindi, mettiti in contatto, fornisci una dichiarazione che permetta all'altra persona di sapere che tu stai seguendo e che capisci cosa sta succedendo e ricorda, affrontali subito! 
Questa è la seconda regola: riconoscere e accettare.

Punto terzo: Sostieni il comportamento spontaneo.
Se sostieni il comportamento spontaneo, non violerai mai il sistema di difesa, e se non violerai mai il sistema di difesa, non creerai resistenza. 
Creare resistenza e lottarci contro è bello se ti piace sudare e se ti piace il dramma, ma non ha molto senso se stai cercando di portare a termine il lavoro. 
Perché destare i demoni? Perché svegliare le tigri al cancello se riesci a scivolare oltre, fare il tuo lavoro e uscire col minimo sforzo e dolore? 
Il percorso più semplice ed efficace è basato sull’osservazione e sul supporto del comportamento spontaneo, adesso so che capisci cosa intendo. Non combattere, ama.
Il combattimento è sempre contro te stesso che vedi riflesso nell’altro, e se ingaggi una battaglia un’ora dopo l’altra non può che portarti allo sfinimento.


Punto quarto: Punta al significato
L'obiettivo è capire. Non stai cercando un significato per te, ne stai cercando uno pertinente per la persona con la quale stai lavorando. Non devi sapere tutto quello che sta succedendo. Devi solo creare una situazione tale che il cliente sappia cosa sta succedendo. 

Cerco di fare un esempio pratico, mettiamo che tu abbia le dita in alcuni muscoli e improvvisamente senti qualcosa, vedi un po' di tristezza, le spalle della persona si sollevano. Ci metti una mano sotto a sostenere quei muscoli e la persona piange, ma dopo un po' si calma, anche se è ancora un po' triste. 

Quando è il momento giusto per farlo, chiedi: "che cosa ti sembra che la mia mano ti stia dicendo?" 

Cerca di attraversare costantemente questa interfaccia mente/corpo con le tue domande, cerca di rendere reale, “muscolare” l’esperienza e chiedi il significato di come avvertono il tuo tocco.

Questo è il tipo di significato cui tendere, il significato dei sentimenti, delle reazioni corporee che contatti attraverso le tue domande e il tuo tocco.
Le tue domande non devono contenere le tue curiosità o le tue speculazioni, sono inviti aperti, dirigono la ricerca di informazioni sull'esperienza presente.


Anche se il cliente non ti risponde, sta comunque succedendo qualcosa in lui, le parole ben dosate in questi momenti sono un lievito magico che cresce nella consapevolezza. 

C’è sempre una svolta quando ci si concentra sul significato, quando si permette al cliente di andare più in profondità e magari piangere più liberamente, e per quanto doloroso sia, quel pianto è una sensazione positiva. 


Esprime una verità finalmente riconosciuta. E’ con un gran sospiro di sollievo che arriva la comprensione, il tessuto lascia andare la tensione e la struttura cambia di forma in modo permanente. 

Puntare al significato è solo un altro modo per approfondire l'esperienza, per raccogliere ancora più informazioni. Tutto ha a che fare con ciò che una persona fa con il suo dolore, se scappa via, o se si ferma e lo vive. 

E l'unico modo per fare qualcosa di sano è fermarsi e capirlo. 

Se si scappa dall’esperienza, se si blocca l'area con tensioni e rigidità, il flusso sanguigno cambia, il tessuto diventa più duro e perde la sensibilità, la consapevolezza viene conseguentemente persa, così come la funzione, così come un pezzo dell'immagine di sé. 

Riconoscere l’esperienza che è stata vissuta, capire l’importanza che gli è stata attribuita, esprimere quello che è stato percepito e completare ciò che è stato iniziato, sono le sole opzioni salutari qui.

Conclusioni


C’è infine un’ultima cosa che vorrei dire, e cioè che c'è un qualcosa di spirituale in tutto questo, come una specie di fede nel potere dell'altro di guarire. 

E’ con questa sensazione, questa “fede”, che puoi sostenere un comportamento spontaneo mentre lasci che le risposte del cliente conducano il processo. Non devi risolvere i problemi. 

Tutto questo si basa sull'accettazione del potere di guarigione dell'organismo e quella fede, ti da spazio per respirare. 
Il processo guidato internamente si completa in modo sano e arriva da solo a una conclusione sana. 

Tu, terapeuta, coniughi il processo, fai da balia, lo assisti. 

Ecco, assistere, questo è il tuo ruolo, il tuo sostegno. La tua fede nel processo e la tua cura creano uno spazio per quello svolgimento naturale. 
Quando sostieni la persona, quando fornisci a quella persona coraggio, forza e nutrimento, quella persona cambia naturalmente, e cambiare significa prendere fiducia.

E’ questa fede che cambia sia il guaritore che il guarito.