Eravamo giovani nuvole leggere
Eravamo giovani nuvole leggere,
quando ci incontrammo io e te.
Creammo vivaci vortici di vita,
nelle stanze infinite del nostro amore.
Un giorno aprimmo poi una porta sul mondo,
da nuvole fummo pioggia e non senza dolor
toccammo cemento, alberi e terra.
Realtà provò a separare corpi già uniti,
anime mescolate come tempere,
senza più confini.
Ma nulla fu in grado di scorgere,
nel turbine dei nostri colori
vide solo un sorriso di luce.
Da solo
Nell'oscuro cielo dell'infinito
ci guardiamo allo specchio e più lo facciamo
più ci rendiamo conto di quanto sbagliamo.
Più lo facciamo, più capiamo quanto nella
vita, nella grossa valle di lacrime che nello spazio
acceso aggrada, abbiamo fallito e spensierati cerchiamo
una soluzione.
Mentre altri non se ne rendono conto, invano cerchiamo
di risolvere i nostri errori.
Invano cerchiamo ci mettere un punto a dolori incontenibili,
che dentro di noi accendono il fuoco di una riluttanza
immane.
Più siamo soli, più ci sentiamo soli, e gli altri non capiscono
il dolore che proviamo.
Gli altri non sentono, non perché non hanno orecchie
per farlo, ma perché guardano, senza sentire.
Si sentono diversi, isolati, nel mondo esclusi, e nell'universo
superiori.
Feriscono, e velocemente fuggono, senza lasciare tempo a noi
di reagire, di pensare, di chiedere scusa, di provare a
stare bene.
Perché tu hai voluto così, perché tu ci hai creati così.
Forse per vivere, forse per farci soffrire.
Nell'oscuro cielo dell'infinito io ci sono.
E sono solo, nato piangendo con già l'immagine di questa
vita impressa negli occhi rossi dalle lacrime.
E tu altro invece, giaci nelle nuvole sognando, dormendo, anche te
ferito, ma incapace di guardare anche gli altri, senza capire
che chi tiene a te sta lentamente morendo.