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Parole di una madre senza più debiti: “non abbandonare mai la speranza"
Giovanni e Anna sono due coniugi sessantenni che per una vita hanno vissuto insieme serenamente e dignitosamente, gestendo con passione la loro trattoria nella cittadina di provincia in cui vivono. Siamo a Vicenza.
Da qualche anno pero anche la loro attività aveva cominciato a risentire della grave crisi economica che nel 2008 ha attanagliato tutto il Paese.
Il ristorante ha bisogno di alcune ristrutturazioni, ma non ci sono soldi in cassa.
Nessuno va più fuori a cena in quegli anni, la trattoria è quasi sempre vuota.
Le tavolate di amici sono sostituite da qualche camionista di passaggio che si ferma per caso a mangiare lì.
Anche i clienti più affezionati cominciano, settimana dopo settimana, a preferire l’economia della cucina di casa.
Quel poco che arriva in cassa basta a malapena a pagare il cuoco, i camerieri e le materie prime.
Con grande sforzo comunque i due anziani coniugi si impegnano nella gestione impeccabile della loro trattoria, stando ben attenti a non mancare di rispetto ai dipendenti, anche a costo di sacrificarsi per poter provvedere puntualmente agli stipendi.
Man mano accumulano debiti con la banca, a causa di un grosso prestito che
non sanno più come saldare.
Con l’acqua ormai alla gola, i due tentano in ogni modo di far fronte all’ingente debito ma, tra atti giudiziari e controlli dell’ASL, sono costretti a chiudere il ristorante.
Tirano avanti in qualche modo finché l’Agenzia di riscossione dei tributi decide di dargli il colpo di grazie, disponendo il pignoramento forzato della loro casa mettendola all’asta.
Ma i debiti rimangono.
E il lavoro scarseggia.
Che speranze hanno due persone di sessanta e passa anni di essere assunte da qualche parte?
Da quel momento per Giovanni e Anna comincia un inesorabile calvario.
Vengono trasferiti in una casa famiglia dai servizi sociali, costretti a vivere in camere separate e in condizioni quasi di degrado.
Hanno perso tutto, anche il “diritto a vivere da marito e moglie”.
La storia di Giovanni e Anna è uno sguardo intimo e devastante nella vita di chi è rimasto stretto nella morsa dei debiti, con la violenza di una crisi che non lascia scampo, se non l’inevitabile.
Una crisi che ha coinvolto un numero esorbitante di imprenditori italiani, strozzati dal fisco, dai debiti e da una burocrazia spietata.
Gente umile e onesta, semplice nel suo essere ordinaria, tacciata d’insolvenza e costretta alla sopravvivenza ai margini, nonostante tutto.
In un paese ferito in profondità dalla crisi economica del 2008, la tragedia di chi ha perso tutto, “strozzato” non da volgari usurai, ma da uno “stato indifferente” che non ha più alcun moto di comprensione e privo di ogni senso di umanità, quella di Giovanni e Anna è la storia di migliaia di famiglie italiane.
Un percorso verso l’abisso di molti, che hanno dovuto reinventarsi pur essendo prossimi alla pensione, in un mondo che non riconoscono come proprio, perché mosso da logiche di mercato prima che etiche.
Quella di Giovanni e Anna non è una di quelle storie a lieto fine.
Anzi, si conclude male, molto male.
Nel peggiore dei modi.
Ci hanno anche fatto un film sopra a questa storia. “Cronaca di una passione”.
Quando cercando di ricominciare a vivere si rendono in conto che la posta in gioco sarebbe stata la loro dignità, scelgono una soluzione estrema.
Tra il 2012 e il 2015 in Italia, 628 persone si sono tolte la vita per cause legate direttamente al deterioramento delle condizioni economiche personali o aziendali.
Su un totale di 16.7 milioni di pensionati italiani, quasi 8 milioni percepiscono meno di mille euro mensili e oltre 2 milioni meno di 500 euro.
Nello stesso periodo sono state chiuse più di 450.000 aziende di cui 57.000 per fallimento.
Se anche tu sei rimasto vittima innocente del ciclone crisi o se per qualche motivo ti trovi in una situazione difficile per colpa dei debiti voglio darti un messaggio di speranza.
Ogni medaglia ha due facce.
Ogni storia ha due finali.
E se quella di Giovanni e Anna è finita nel peggiore dei modi, adesso ti voglio raccontare la storia di un’altra coppia che invece ha visto concludersi nel migliore dei modi uno dei periodi più brutti della loro vita.
Gabriela Buleu è laureata in ingegneria.
Si è trasferita in Italia qualche anno fa e si è sposata con l’uomo che oggi è suo marito Sergiu.
A inizio 2009 comprano casa assieme accendendo un mutuo in banca.
La crisi all’epoca aveva appena cominciato a bussare con violenza alla porta dell’Italia e gli interessi che la banca gli chiedeva erano piuttosto alti.
Un paio di anni fa, con lo stabilizzarsi della situazione Gabriela e suo marito chiedono di poter rinegoziare il tasso di interesse e il debito.
La banca, come spesso accade non gli risponde, così cercano una seconda banca per fare la surroga del mutuo.
Ma siccome le case hanno subito una forte svalutazione, la loro casa che nel 2006 valeva 130mila euro, due anni fa era stata valutata solo 96mila euro.
Una bella differenza.
Per accordare la surroga hanno dovuto accettare un prestito supplementare di consolidamento.
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