Tornando al termine “bacanàl”, viene usato quasi esclusivamente per indicare la festa veronese con il corteo dei carri e delle maschere che sfilano per la città di Verona.
Ebbene si..... il “Bacanàl del Gnoco” non è altro che il Carnevale di Verona.
Secondo la leggenda, a causa di una grave carestia, il prezzo della farina salì così tanto che la povera gente, in particolare nel popolare quartiere di San Zeno, rischiava la morte per la fame.
Fu allora che un nobile e facoltoso veronese decise di raccogliere una somma di denaro. Il suo nome era Tommaso Da Vico, un medico, considerato una tra le persone più importanti della vita pubblica di Verona. Da Vico riuscì a raccogliere una somma di denaro tale da garantire a questa gente la farina necessaria per fare gli gnocchi per un anno intero. Gli gnocchi era un piatto molto semplice “impastà co’ solo aqua e farina”, erano la base dell’alimentazione popolana.
L'arca con il busto si trova sul fianco della Chiesa di San Procolo che è adiacente alla Piazza di San Zeno . C'è un epitaffio che recita: "Thomas Vicus Philosoph, Medicus et inter rarissimos praeclarus, hic et in his se jussit claudi lapidibus hoc asserens si vixi, resurgam. anno MDXXXI".
Nel suo testamento Tommaso Da Vico lasciò una ingente somma di denaro “par far ogni ano el carneàl e darghe da magnàr a la pora zènte” ossia, per fare in modo che ogni anno, il giorno del venerdì grasso, venissero distribuiti dei gnocchi alla povera gente. Ecco “come l’è nato el "Vènardi gnocolàr".
In ricordo di quell'episodio nacque ”Papà del gnoco”, la figura che oggi guida la sfilata dei carri e delle maschere cittadine, un panciuto e barbuto re che tiene in mano una grande forchetta sormontata da un grosso gnocco. Da qui appunto il termine “Bacanàl del Gnoco”.
“Par vestirse ghe vol almanco 'na mes'ora co' l'aiuto de un cerimoniere. Quando vedémo sfilàr el Papà del Gnoco con in testa el capél e indosso el so vestito àvorio e rosso, tegnendo in man el piròn, no podémo gnanca pensàr quali particolari se sconde drio.
El vestito come emo dito l'è 'na cromia de colori da l'avorio al rosso. Sora al vestito su la schéna se vede sbusàr el tabàr rosso fodràdo de raso bianco. El porta en capèl che el g’a la forma de un baldachin colorà. Le scarpe i è bianche, con sora du batòcoli rossi de lana. El g’a en piròn conossù come piròn del Gnoco. El porta la barba e i cavéi fati en lana de bufala”.