Euro De Ornelas

Sei un mito: La storia di Narciso ed Eco ... eco ... eco ...

2020-02-29 22:00:22

Da dove viene tutto quanto e come mai le cose sono come sono? Sia la nascita di una stella da una nube di gas o il percorso del carro di Elio nel cielo, raccontare è il nostro modo naturale di capire. In questa serie di articoli esploreremo i miti antichi per riflettere sull'esperienza umana. Vamos!

“Queste cose non avvennero mai, ma sono sempre”. Il grande scrittore latino Sallustio ha colto così, nella sua epigrafe alle Nozze di Cadmo e Armonia, l'aspetto più interessante dei miti che incontreremo in questa nuova serie di articoli. È una definizione tanto sintetica quanto potente: nessuno dei fatti narrati è storicamente avvenuto così come descritto, ma il racconto è volto a cogliere e a esplorare diversi aspetti universali dell'esperienza umana. È un modo di riflettere su noi stessi e sul mondo raccontando ed ascoltando le storie degli dèi, degli eroi e di tutte le creature fantastiche che incontreremo. 

La storia di oggi parla del nostro rapporto con gli altri e con noi stessi e di come due grandi tipi di eccesso in questo ambito possano causare la distruzione di chi li pratica. 

Ma prima di tutto cominciamo a conoscere i personaggi principali e com'erano le loro vite prima che s'incontrassero.

La ninfa Liriope e la nascita di Narciso

Narciso è figlio della ninfa Liriope. 

Incontreremo spesso le ninfe nelle nostre esplorazioni dei miti antichi per cui vale la pena fermarsi un attimo per capire bene chi sono queste creature affascinanti e straordinarie. 

Immaginiamo di uscire a fare una lunga escursione e di allontanarci il più possibile dal mondo artificiale e stressante che abbiamo costruito fino ad immergerci completamente nella natura incontaminata.

Ben presto ci renderemo conto che i boschi, i monti, le sorgenti, i fiumi, i mari, tutti questi posti meravigliosi, non sono come le nostre città: un insieme inerte di materiali organizzati per assolvere a diverse funzioni. No. Questi sono luoghi vivi, e se li guardiamo con uno sguardo poetico potremmo anche notare che sono animati da innumerevoli entità, ognuna delle quali è un aspetto della forza vitale che scorre tra le piante, sull'erba, nell'acqua e nell'aria.

Ecco chi sono le ninfe. Esseri divini che personificano la bellezza e la fecondità della natura. Hanno l'aspetto di bellissime ragazze e non invecchiamo mai. Infatti il loro nome, Νύμφαι, significa "giovani donne" e indica anche le spose o le ragazze in età di marito. 

Pur essendo divine non sono immortali, ma hanno delle vite estremamente lunghe. Del resto, sono divinità minori. Loro non abitano sul monte Olimpo, dove vivono i pezzi grossi, e non credo nemmeno che gliene importi più di quel tanto. Anzi: essere private del luogo in cui si trovano significa la morte per loro poiché sono la natura stessa di quel posto. 

Hanno il potere di rendere fertile, far nascere, far crescere, ... insomma tutti i poteri naturali, che tante volte sono pure meglio di quelli soprannaturali. Le ninfe delle acque hanno inoltre anche il potere di far guarire.

Molte di loro hanno protetto e curato sia eroi in difficoltà che dèi in fasce, quindi anche se non sono proprio in cima alla gerarchia, hanno spesso giocato un ruolo importante.

Ora, bisogna capire che essere così meravigliose è anche un fardello per queste creature. Tutti le desiderano! Ma proprio tutti! Anche i lussuriosi satiri: degli esseri dall'aspetto di uomini barbuti con corna, coda e zampe di capra, ma che sono convinti di essere incredibilmente sexy. 

Seguendo le storie dei miti sembra addirittura che correre dietro alle ninfe fosse diventata quasi una banalità: un'attività ricreativa come un'altra.

La ninfa Liriope viveva nella Focide, una regione della Grecia centrale attraversata dal fiume Cefiso: che si da il caso fosse anch'esso un dio. 

Cefiso, durante il suo percorso, l'aveva già adocchiata e aveva fatto più volte un pensierino su quella bellissima creatura. Ogni volta, però, Liriope era sempre accompagnata dalle sue sorelle. 

Si sa che quando sono da sole le ninfe sono più indifese e facili da soggiogare ma quando sono in gruppo possono fare parecchio male persino a un dio. Per cui Cefiso se n'era sempre stato buono e aveva seguito il suo corso facendo finta di niente. 

Se non che, un giorno, chissà perché, Liriope si separò dalle sue sorelle e se ne andò in giro tutta sola. 

A me piace immaginare che abbia avuto con loro un dialogo di questo tipo: 

- Ragazze! Io vado ad occuparmi di una bellissima rosa selvatica che sembra potrà fare dei fiori meravigiosi!

- Liriope aspettaci! Finiamo di prepararci e veniamo anche noi!

- Eh si! Se aspetto voi la povera rosetta sarà morta ancora prima di fiorire!

- Dai Liriope! Ci mettiamo poco! Non uscire da sola che di questi tempi sai che è pieno di mortoni!!

- Tranquille sorelle! Vado e torno! Sarò veloce come un lampo! Non sarò poi così sfigata che l'unica volta che esco da sola mi becco uno di quelli! 

Mentre tutta contenta e saltellante percorreva la sua amata radura ecco che dietro di sé sentì scorrere una corrente d'acqua da cui usciva una strana voce, come un gorgoglio o un gargarismo:

- Ciao bellissima!! (Blub-Blub)

"Oh Zeus! - pensò - avrei proprio dovuto ascoltare quelle oche delle mie sorelle!"

- Che vuoi da me? - disse sperando che la risposta secca e scortese potesse scoraggiare il dio fluviale, che di certo non era proprio il suo tipo.

- Oh niente: scorrevo da queste parti e ho pensato di passare a farti un salutino! (Blub-blub). Senti: (Blub-Blub) che fai stasera? (Blub-blub-blub)

Era il momento di sfoderare la tattica dell'impegno già preso. Un classico per rifiutare senza offesa:

- Vado al club del bridge con le mie sorelle e le mie amiche. Avevamo già pianificato da tempo!

- Oh! (Blub-Blub), Ok! (Blub-blub-blub). E dopo cosa fai? Sei Libera? (Blub-blub-blub)

"Questo non capisce: meglio passare alla schiettezza brutale" - pensò la ninfa.

- Senti Cefì, io con te quello che tu vuoi fare non lo farò mai!

- Ma che cosa hai capito? (Blub-blub) Volevo solo invitarti a bere qualcosa! (blub-blub-blub).

Il che, detto da un fiume, poteva essere quanto meno inquietante.

Intanto la ninfa aveva già cominciato prudentemente a tornare sui suoi passi per dirigersi verso le sorelle, che ignare si stavano ancora preparando per uscire. 

Mentre faceva questo fece un estremo tentativo: la tecnica del rifiuto generalizzato.

- Ascolta Cefì, mi dispiace ma in questo periodo non voglio vedere proprio nessuno!

- Beh (Blub-blub), allora se non vuoi uscire stasera parliamo un po'adesso! (Blub-blub-blub).

- Cefiso stammi lontano - disse la ninfa accelerando il passo mentre il fiume cominciava scorrere più velocemente verso di lei.

- Tranquilla! (Blub-blub) Voglio solo interloquire! (Blub-blub-blub)

Sentire la parola "interloquire" pronunciata dalla gorgogliante voce del dio le fece definitivamente accapponare la pelle.

- Non ti credo! Vattene! - Gridò la ninfa. 

Nel frattempo il fiume si era ingrossato e gonfiato a più non posso: molto gran brutto segno! La povera ninfa cominciò una corsa disperata.

- Dove vai bellissima! (Blub-blub-blub).

Il fiume era ormai in piena e il gorgoglio era diventato un potente fragore che rimbombava nell'aria. 

Liriope fuggiva a destra, a sinistra, avanzava e tornava in dietro ma ogni volta trovava una barriera invalicabile di rapide a tagliarle la strada, fino a che Cefiso non la intrappolò in un cerchio vorticoso e per lei non ci fu più alcuna speranza di fuga. 

E così, il dio, costrinse vigliaccamente le ninfa a interloquire con lui tra i vortici violenti e spumeggianti delle sue acque tempestose. 

E tanto interloquì che quando fu tutto finito Liriope sentì di essere rimasta incinta. 

Quando seppe della gravidanza, Cefiso reagì nella più classica tradizione degli dèi:

- Cara Liriope, le disse, tu sai che io sono un fiume (Blub-blub). Scorrere via è nella mia natura (Blub-blub-blub) e poi ci sono tanti altri terreni che hanno bisogno della mia acqua, per cui auguri, buona fortuna, grazie prego scusi arrivederci (Blub-blub-blub).

Mentre affrettava il più possibile il suo flusso si volse indietro gridando:

-Scriverò una cartolina una volta all'anno per chiedere come sta il bambinooo!! (Blub-blub-blub)

Sembra che la nostra povera ninfa dovette affrontare una gravidanza piuttosto difficile e complicata. 

Liriope, ormai, non sopportava più nulla e nessuno. Non sopportava il fatto di aver avuto a che fare con quel viscidone di Cefiso, non sopportava quell'intruso che continuava a muoversi nel suo ventre e a farle male, e soprattutto non sopportava le sue sorelle, che non perdevano l'occasione di ricordarle che avrebbe dovuto ascoltarle. Come se ciò che era capitato fosse colpa sua! Come se fosse normale che una ninfa non possa nemmeno andare in giro da sola dove vuole e quando vuole nel suo bosco! 

Accolse il giorno del parto come il momento tanto atteso di sfrattare un fastidioso inquilino. Mancava poco all'alba e, fortunata com'era, ebbe pure un parto molto faticoso. Ma quando fu tutto finito ebbe un'enorme sorpresa: il bambino, un maschietto, era la creatura più meravigliosa che avesse mai visto!  

Rimase a bocca aperta senza poter dire o pensare più nulla quando le sue sorelle, che l'avevano assistita durante il parto, le diedero in braccio il neonato! Pure le sorelle, sempre così chiacchierone, si erano zittite stupefatte. 

"Sei bellissimo figlio mio!!" - disse la ninfa - "Ti chiamerò Narciso!". 

Nel frattempo il dio del sole, Elio, aveva appena cominciato il suo viaggio attraverso il cielo e distrattamente illuminava tutto secondo la sua solita routine, quando un raggio di luce cadde su questa scena. 

Elio, stupefatto, esclamò "Uao!!" e di colpo concentrò i suoi raggi sul bambino come un riflettore per poterlo guardare meglio. Gli altri dèi, incuriositi da questo atteggiamento insolito guardarono nella stessa direzione e pieni di stupore esclamarono tutti in coro "Uao!!". 

E tutte le creature che passavano di lì, mortali o divine che fossero, vedendo Narciso rimanevano pietrificate dall'ammirazione per la sua bellezza e non potevano che eclamare ... Accidenti!! Non ricordo che cosa eclamavano!! 

Beh...in ogni caso Liriope stava cominciando a pensare che forse tutta quella sofferenza non era stata inutile, che era stata ripagata da un bellissimo dono, e piena di orgoglio pensava che il bimbo era tutto sua madre! 

Intanto le sue sorelle cercavano di determinare a chi fra loro assomigliasse di più il nipotino, ma ogni volta che ci provavano finiva che si prendevano per i capelli e si gridavano cose che non posso riferire qui. 

Perfino Cefiso aveva pensato di ritornare per dare un'occhiata ma temendo l'accoglienza che avrebbe ricevuto dalle ninfe, ora di nuovo in gruppo, non si fece vedere in giro: un vero e proprio Capitan Coraggio. 

Man mano che passavano i mesi, il bambino diventava sempre più bello e la vita di Liriope era decisamente cambiata. Non era più una ninfa qualunque: per tutti lei era la madre di Narciso!! 

Solo che un pensiero aveva cominciato a tormentarla. 

Una volta aveva sentito dire che le cose troppo belle spesso non durano e quel figlio sembrava non dover fermarsi mai nella sua evoluzione verso la perfezione fisica. 

Si promise che l'avrebbe protetto come meglio poteva e come prima cosa decise di contattare l'indovino Tiresia. 

Liriope era una delle prime clienti di Tiresia e possiamo dire che il suo indovino se l'era scelto bene poiché egli sarebbe diventato famosissimo in tutto il mondo greco per essere uno che le azzecca tutte!! 

Quando la ninfa si recò da lui e gli presentò il bambino, Tiresia lo guardò e, prevedibilmente, eclamò "Uao!!". Poi Liriope gli chiese:

- Qual'è il futuro di mio figlio? Narciso vivrà a lungo?

L'indovino rovesciò la testa verso l'alto e, guardando il cielo, sollevò le braccia in modo teatrale per poi rispondere con voce cavernosa e solenne:

- Solo se non conoscerà sé stesso!!

-Ah...- rispose Liriope con lo sguardo vuoto di chi sta pensando "ma che cavolo vuol dire?" - cercherò di fare in modo che non glielo presenti nessuno.  

La ninfa Eco e la maledizione di Era

Eco era una ninfa che viveva sui monti e nelle selve: luoghi tipici dove si nascondevano gli amanti clandestini. 

Forse proprio perché i suoi boschi proteggevano per natura tutti quelli che andavano in camporella, Eco aveva sviluppato negli anni una particolare attitudine alla chiacchiera e al pettegolezzo. Era in grado di parlare anche per ore intrattenendo, e confondendo, chiunque. Insomma, se la incontravi la mattina, e non te ne sbarazzavi subito con una scusa, rischiava che arrivavi a sera senza più sapere chi eri e perché eri passato di lì. 

Zeus, il re degli dei, ma anche il più grande e illustre dei cornificatori seriali, conosceva bene questa sua caratteristica. 

Un giorno, sapendo che sua moglie Era sospettava di lui e che l'avrebbe probabilmente seguito per sorvegliarlo, chiamò Eco e le disse:

- Cara la mia ninfa!! Come va oggi? 

Eco, con un gran sorriso cominciò a prendere fiato per rispondere e mentre stava aprendo bocca Zeus si rese conto che era stato un errore cominciare così:

- Senti: - continuò, appena in tempo prima che cominciasse a parlare - ho bisogno del tuo aiuto. Io stasera andrò nel bosco a divertirmi ma mia moglie mi sta addosso. Se vedi che viene per controllare bloccala e parla un po' con lei!! Vedrai è molto simpatica! Grazie mille! Ora devo andare che ho una riunione! Ciao! 

E scomparve. 

Eco richiuse la bocca delusa. Era anche preoccupata: fin che si trattava di proteggere amanti normali era un conto, ma qui veniva messa in mezzo fra due pezzi da novanta! Insomma: se tradiva Zeus quello lì aveva il potere di fulminarla e chissà cos'altro! E se Era si fosse accorta che l'aveva fregata non sapeva nemmeno che attendersi! 

In realtà non c'era nessuna possibilità di scelta. L'unica cosa che poteva fare era dare del suo meglio, intontire per bene la dea senza farsi scoprire e sperare così di uscirne indenne! Che bella situazione!!


Con l'arrivare della sera arrivò anche Zeus, puntuale come un orologio svizzero. Con lui c'era una bellissima ninfa dai capelli rossi. Eco li vide dirigersi verso est e nascondersi fra le fronde. Qualche tempo dopo, forse un quarto d'oretta, Eco vide Era che camminava lentamente scansionando il bosco con lo sguardo centimetro per centimetro. "Fai finta di niente e comportati come al solito", si disse mentre si avvicinava alla dea con il suo migliore sorriso.

- Buona sera Era! - esordì la ninfa con un involontario gioco di parole che già, a sua insaputa, conteneva un oscuro presagio.

- Hai visto mio marito? - Le chiese la dea

- Certo! - rispose la ninfa - è andato di qui a cercar funghi - e intanto cominciò a camminare verso ovest.

- Cercar funghi eh? - disse con voce scettica Era seguendo la ninfa

- Beh..è quello che ha detto a me...  a proposito di funghi...sai che cos'ha combinato lo zio del fratello di quello cieco che canta le gesta della guerra di Troia quando ha mangiato i funghetti quelli strani?

- Cosa? - rispose incautamente la dea, e da lì cominciò forse la migliore di tutte le performance di Eco: la vetta sublime dell'arte della chiacchiera! Un volo pindarico che andava dalle difficoltà a liberarsi dalle costipazioni mattutine agli scandali della famiglia reale inglese, all'ultima puntata dell'isola dei ciclopi! Roba da far perdere i sensi!! 

Infatti Era aveva cominciato un po'a barcollare: tutta quella confusione le faceva perdere l'equilibrio.

- Io mi siedo un attimo! - disse. 

Proprio in quel momento da dietro un cespuglio lì vicino si sentirono risuonare dei gemiti e dei risolini femminili.

- Che succede qui? -disse la dea

- Oh, niente! Scusa! Ogni tanto mi capita di sospirare e ridere tra me e me! - rispose Eco, e cercò di imitare quei suoni come se fossero provenuti da lei. E intanto pensava "accidenti a te Zeus!! che razza di giochi avete fatto per arrivare fino a qui!!". Si sentirono delle altre risate e questa volta anche una voce maschile.

- Mi è venuta un po' di raucedine - disse Eco disperatamente cercando di imitare quel timbro. 

- Ma che raucedine! - Sbottò Era - questa è la voce di mio marito!!

E come una molla scattò in piedi e scostò il cespuglio da cui provenivano le voci. 

Trovò Zeus che si stava rimettendo i pantaloni e la ninfa dai capelli rossi sdraiata senza veli davanti a lui.

Il dio incrociando gli occhi della moglie balbettò qualcosa come :

- So che sembra ciò che sembra, ma non tutto ciò che sembra è la cosa che sembra...analizziamo il tutto da una prospettiva epistemica...

Ma vedendo lo sguardo della moglie diventare sempre più duro, e rendendosi conto che era forte come dio, ma come retore faceva proprio schifo concluse dicendo:

- Ho una riunione, ciao. 

E sparì.

Era si sentiva umiliata e furibonda! Gliel'avrebbe fatta pagare a quel porco! Certo, ma come poteva? Al massimo gli avrebbe potuto rendere durissima la vita coniugale come sapeva fare lei: gli avrebbe rotto le scatole in tutti i modi possibili e immaginabili. Ma questo non bastava per sfogare la sua rabbia: suo marito era un dio potente e lei non aveva la forza per procurargli tutti i danni che avrebbe voluto fargli in quel momento. La ninfetta dai capelli rossi se l'era già prontamente svignata per cui chi restava su cui sfogare la sua ira? Il suo sguardo si posò sulla povera Eco.

- Io non volevo! - disse la ninfa disperata - lui mi ha costretto!!

Ma ormai non c'era più nulla da fare. Mai la dea avrebbe potuto essere convinta a risparmiare le ninfa! 

E fu così che pronunciò la sua terribile maledizione: 

- Io ti condanno a non parlare mai più!! Mai più potrai esprimere ciò che senti e che pensi!! Potrai soltanto ripetere la fine di ciò che ascolti!!

Eco voleva protestare! Voleva spiegarle come Zeus l'avesse messa in una situazione senza scampo, come in fondo anche lei aveva sofferto per questo, ma l'unica cosa che riuscì a dire fu:

- olti!!

E di colpo realizzò ciò che aveva perso. Il paesaggio davanti a lei cominciava a sfocarsi per le lacrime che le riempivano gli occhi. Così Eco si girò e se ne andò pian piano nella folta selva, piangendo in silenzio. Era triste, ma non poteva esprimerlo, e in tutti gli anni successivi tutti i pensieri e le emozioni che si accumulavano dentro di lei non avrebbero più trovato una via d'uscita. Povera, povera Eco!

L'incontro maldestro tra Eco e Narciso

Intanto Narciso era cresciuto ben protetto dalla madre. Era passato talmente tanto tempo dalla visita a Tiresia che la ninfa ormai aveva archiviato la sua profezia come la baggianata di un ciarlatano. 

A sedici anni, il ragazzo aveva raggiunto una bellezza tale da fare strage di cuori. Chiunque lo vedeva non poteva assolutamente evitare d'innamorarsi di lui. Lui, invece, così abituato a ricevere affetto e attenzioni, non sembrava minimamente capace di darne a nessuno, nemmeno a Liriope! Aveva fama di essere tanto stupendo quanto spietato, senza cuore, arrogante e pieno di sé. E infatti era proprio così. 

Narciso dava l'impressione di credersi chissà chi, quasi un dio! E questo faceva girare non poco le scatole ai piani superiori. Comunque gli dèi lo tolleravano, anche se di malavoglia, per rispetto a Liriope, che aveva già sofferto troppo.   

A proposito: la ninfa e le sue sorelle avevano fatto di tutto per nascondere al ragazzo la grande sofferenza all'origine della sua nascita, ma non ci erano riuscite completamente.

A Narciso piaceva, sin da bambino, ascoltare più e più volte le storie incredibili che gli raccontavano: come tutte le creature e persino gli dèi si erano fermati al momento della sua nascita per lodare la sua infinita bellezza! Però sentiva vagamente qualcosa d'inquietante anche se indefinito al di sotto di tutti quegli elogi. 

Liriope non aveva mai superato il trauma della violenza subita da Cefiso e più riviveva quell'orrore più esaltava disperatamente, oltre l'inverosimile, l'immagine del figlio. 

Crescendo Narciso aveva più o meno volutamente dimenticato quella vaga sensazione e aveva deciso di credere fortemente nei racconti della madre. 

Si era convinto di essere talmente perfetto e puro che nessuno era degno di lui! Tutto gli era dovuto e qualsiasi cosa che contraddiceva i suoi desideri non era che un'ingiustizia frutto dell'incompetenza e la dappocaggine di qualcun'altro. 

Teneva tutti alla larga e a chi riusciva a diventare suo amico dispensava spesso e volentieri osservazioni "costruttive" su come fosse troppo così, non abbastanza cosà e su come un vero amico risponde subito quando lui lo chiama ma non si può mica pretendere che lui, Narciso, sia sempre disponibile per tutti e a tutte le ore! 

Il ragazzo, poi, amava la caccia ed era diventato anche abbastanza bravino. Prevedibilmente si era circondato di compagni di caccia mediocri: cosa che gli permetteva di brillare ampiamente. Ogniqualvolta qualcuno di loro diventava più abile finiva sempre che scoppiava un qualche litigio per una qualche slealtà commessa da quel falso amico, che inevitabilmente finiva escluso dal gruppo. 

Andava in giro cantando "con tutte le ragazze sono tremendo" e aveva preso gusto ad umiliare chiunque si fosse innamorato di lui. In pratica si divertiva a fare lo "scaldacuori". Con un sorriso e uno sguardo lasciava intravvedere una qualche speranza alla sua povera vittima e poi la spingeva a fare qualche atto ridicolo:

- Fai la gallina!! - diceva

- Coccodèèè - faceva quella

- Ma non così!! Muovi le ali e cammina in cerchio come una vera gallina!!

- Coccodèèè Coccodèèè - ripeteva la vittima muovendosi come richiesto e credendo che si trattasse dell'inizio di un gioco erotico.

A quel punto saltavano fuori da un cespuglio gli amici della gang che, ridendo sguaiatamente, le affibbiavano coloriti appellativi mentre la poveretta fuggiva a nascondersi. 

Un bel giorno prevalentemente sereno, salvo qualche cumulonembo isolato, Narciso andò a caccia proprio presso il bosco di Eco. 

Ormai da anni la ninfa si nascondeva tra gli alberi senza più osare uscire allo scoperto. A volte aveva l'impressione di non sapere nemmeno più chi era in realtà. Non era più riuscita a dire nemmeno un solo suo pensiero e tutto ciò che poteva, e anzi doveva, fare con la sua voce era ripetere frammenti dei discorsi dei viandanti. Era stata di tutto: da una turista sperduta che insultava chi le aveva dato delle indicazioni sbagliate a un venditore ambulante di ghirlande di fiori che gridava "vucumprà!!". C'erano anche dei bimbi perfidi e dispettosi che avevano preso il vizio di venire al bosco a gridare "sono sceeeemaaaa" solo per sentirla schernirsi da sola. Poi scoppiavano a ridere a crepapelle costringendola di nuovo a deridersi sguaiatamente!! 

Durante una pausa dalla battuta di caccia, Narciso si separò dai suoi compagni e si inoltrò nella selva, probabilmente per una breve minzione. 

Fu in quella occasione che Eco lo vide, anche se di spalle. 

La povera ninfa, come molte prima di lei, vedendolo avrebbe voluto affermare qualcosa di originale e poetico, tipo "Uao!!", ma tutto le rimaneva bloccato nel petto. Più cercava inutilmente di spingere fuori l'aria per rivolgergli dolci parole più i suoi sentimenti si accendevano per lui. Nella sua fantasia, s'immaginava come sarebbe stato se avesse avuto ancora la parola. Come l'avrebbe incantato e si sarebbe poi sentita di nuovo vera e di nuovo viva!! Ma a ogni tentativo, nessun suono usciva dalla sua bocca. Più lo guardava in silenzio e più il suo cuore s'infiammava. Quel ragazzo sembrava avere tutto ciò che le mancava. Ogni suo gesto emetteva sicurezza. Lui sì che sapeva chi era! Sembrava che avrebbe potuto comandare tutto e tutti, persino i sassi  e i tronchi! 

"Solo attraverso di te io posso parlare di nuovo di cose grandiose! Solo con te io posso esistere in modo che ne valga la pena!", pensava, "ti prego giovane meraviglioso parla! Parla!!". Ormai Eco pendeva letteralmente dalle labbra di Narciso. 

Pur rimanendo nascosta cercò di avvicinarsi un po' per guardarlo meglio e, forse non del tutto involontariamente, calpestò un ramo secco che si ruppe con un rumore ben chiaro e distinto. 

Narciso trasalì e si richiuse subito i pantaloni guardandosi in giro circospetto. 

- C'è qualcuno? - gridò.

- Qualcuno!! - rispose subito Eco.

"Ecco: un'altra maniaca...", pensò Narciso alzando gli occhi al cielo. Ma poi si disse che forse avrebbe potuto divertirsi anche con questa. 

Mentre pensava a che gioco giocarle gridò:

- Vieni!! - 

- Vieni!! - si sentì rispondere. 

"Che vuole questa? Giocare a nascondino?", pensò mentre si guardava attorno. 

- No, vieni tu!! - le disse.

- Vieni tu!! - gli rispose la voce.

- No, tu!!

- No, tu!!   

La discussione andò avanti così per un bel po' finché, esasperato, Narciso esclamò

- E che cavolo!! Incontriamoci!!

Eco, che mai avrebbe risposto più volentieri, saltò fuori dalla selva come un ghepardo e corse verso di lui a braccia aperte con un gran sorriso gridando

- Incontriamoci!!

Narciso, sorpreso da tutta quella confidenza e irruenza, da gran cacciatore che era si mise a fuggire come una gazzella gridando

- Giù le mani!! Preferirei morire piuttosto che darmi a te!!

- Darmi a te!! - rispose disperatamente Eco cercando di afferrarlo, ma quello ormai aveva messo il turbo e andava così veloce che finì per superare i cervi stessi che era venuto a cacciare, che lo guardavano passare con aria confusa. 


Eco cadde in ginocchio con milza e sogni distrutti. Dopodiché si rialzò lentamente e, a capo chino, tornò a nascondersi fra gli alberi. 

Si vergognava talmente tanto di sé stessa che si sdraiò per terra e si ricoprì il viso di foglie.

Che peccato! Un viso così bello! Del resto Eco era una ninfa, e nessuno sano di mente si sarebbe mai sognato di rifiutare una di queste meravigliose creature!! Ma né lei, che ormai si credeva una nullità, né Narciso, che invece si credeva un dio, erano in grado di rendersene conto. 

Più il tempo passava e più i pensieri della ninfa giravano attorno al ragazzo e a come era stata rifiutata da lui, e a ogni giro diventavano sempre più cupi e pesanti. 

Eco non riusciva più a dormire. Non solo: non aveva proprio più la forza o la motivazione nemmeno per spostarsi. Rimase così: immobile, passiva, sepolta. 

La sua pelle diventò grinzosa e macilenta e i liquidi del suo corpo si dispersero progressivamente nell'aria. La ninfa diventava sempre più fine fino a sparire del tutto: la sua carne divenne terra e le ossa si tramutarono in pietre. Solo la voce rimase. 

E così, da allora, nessuno l'ha mai più rivista, ma tutti noi la possiamo ancora udire rispondere ai nostri suoni. La prossima volta che ci recheremo in montagna, camminando fra i boschi, ricordiamoci di dire qualcosa di gentile per la povera Eco!!


Tutti i nodi vengono al pettine: la fine di Narciso

Narciso non seppe mai della fine di Eco, e anche se l'avesse saputo ne sarebbe probabilmente restato indifferente. Tuttalpiù avrebbe trovato ogni modo per sottolineare tutti gli errori commessi dalla ninfa nel suo approccio e come solo a lei avrebbe dovuto essere imputato ogni male uscito da quella situazione, di cui sicuramente lui si riteneva l'unica vera vittima. 

In ogni caso il ragazzo aveva già cancellato dalla sua mente quell'episodio ed era tornato alla sua solita vita coi teppisti della gang. 


Se non che, da un po'di tempo, veniva continuamente assillato da un ammiratore fastidioso di cui non riusciva a liberarsi in nessun modo: un giovane ragazzo, un certo Aminia, a cui un giorno avevano fatto lo scherzo della gallina, ma che invece di andare a nascondersi e non farsi mai più rivedere continuava a tornare ancora più insistente di prima. Nessuna umiliazione era in grado di farlo desistere!

Aminia, poi, era proprio bruttino, e Narciso cominciava a temere che vedendolo sempre intorno a lui la gente pensasse che lo aveva accettato come suo compagno e persona alla sua altezza: un vero e proprio smacco per la sua immagine così perfetta! 

Aminia era un'ammiratore talmente devoto che aveva speso tutto ciò che aveva, si era indebitato con tutti e aveva litigato con la sua famiglia pur di riempire Narciso di regali e attenzioni!! 

Agli amici della gang il ragazzo piaceva perché ogni volta gliela facevano sempre più grossa e si divertivano a umiliarlo e schiacciarlo sempre di più. Sembrava non ci fosse alcun limite a quel che il ragazzo poteva sopportare, ritornando sempre indietro e garantendo loro un divertimento sempre più estremo.


Narciso però non si stava divertendo. Quel gioco era durato troppo per lui. 

Un giorno se ne stava tranquillo a grigliare coi suoi amici dopo una battuta di caccia. Una lieve e piacevole brezza provocava un rilassante fruscio fra i rami alti degli alberi. 

Quando videro Aminia apparire in lontananza i bullazzi si diedero di gomito ridacchiando, aspettandosi un intermezzo ancora più divertente di quelli precedenti. 

Il ragazzo si ripresentò davanti a Narciso che lo guardava con un'espressione talmente cupa che quasi intimidiva i suoi stessi compagni. 

- Ti prego divino Narciso! Non chiedo il tuo amore, voglio solo poterti stare vicino! Ormai non ho più nulla: né averi, né famiglia, né amici! Tutto ciò che posseggo è il mio amore per te. Farò tutto quello che vuoi! Permettimi di servirti, ti prego!! - disse il ragazzo.

Gli occhi di Narciso sembravano due pugnali infuocati pronti a trafiggergli l'anima. Scandendo ogni parola con voce bassa e rabbiosa gli disse:

- Tu vuoi servirmi? La tua esistenza stessa mi dà fastidio! -  e intanto stringeva ancora di più gli occhi mentre si sfilava la spada dal fodero e gliela consegnava con gesti lenti e solenni. Poi concluse con tono cupo dicendo: 

- Muori! 

Persino i più feroci tra i bulletti presenti sentirono come un tonfo sordo in fondo all'anima che li fece rabbrividire. Il vento era cessato di colpo, facendo calare un silenzio denso e cupo. Tutti, tranne forse Narciso, avevano la netta sensazione che era stato passato un limite. 

Aminia non pianse. Non strepitò. Sostenne con compostezza definitiva lo sguardo di Narciso e poi rispose quasi a bassa voce:

- Farò come mi chiedi. Non mi rivedrai mai più.

Si allontanò lentamente portando la spada con sé: l'unico regalo che Narciso avesse mai fatto a qualcuno. 

Nel suo dolore, Aminia aveva, sì, deciso di scomparire, ma non senza invocare gli dèi perché dessero una lezione a Narciso: "delle tue vittime io sarò l'ultimo!!", pensava, mentre si recava in città.

Raggiunto il tempio della dea Nemesi vi entrò stringendo forte l'impugnatura della spada:

- Grande dea dispensatrice di giustizia! Tu che ripari i torti e ristabilisci gli equilibri dando a ognuno ciò che si merita: ascolta la mia preghiera! Punisci l'arrogante Narciso e fa che provi la stessa pena ch'egli ha inflitto a me e a molti altri prima di me! Fa che perisca dello stesso amore che ci ha uccisi! Perché ciò avvenga io ti offro in sacrificio la mia stessa vita! Prendi tutto me stesso, la mia esistenza, ed esaudisci la mia preghiera!! - disse il giovane impugnando la spada a due mani e rivolgendo la punta verso di sé. Poi gridò:

- Grande dea ascoltami!! - e si trafisse. 

E come poteva Nemesi non ascoltarlo? Il sacrificio umano non si era quasi mai visto. Agli dèi si davano più che altro parti di animali, e questo era considerato più che sufficiente. Che qualcuno decidesse di offrire la propria esistenza tutta intera era inaspettato e sconvolgente.

Mentre lo guardava esalare gli ultimi rantoli e accasciarsi in un lago di sangue con gli occhi sbarrati che non volevano chiudersi né distogliere lo sguardo dalla statua della dea, Nemesi promise solennemente che Narciso avrebbe avuto ciò che meritava!

E così fu. 

Un giorno, mentre stava cercando un posto dove riposarsi dopo un'intensa mattinata di caccia, Narciso s'imbatté nel più bel luogo che aveva mai visto in tutta la sua vita. Vide una fonte dalle acque purissime e incontaminate, da cui non sembrava avessero mai bevuto né uomini né animali. La superficie era talmente limpida che si sarebbe detto che mai nemmeno un ramo o una foglia secca ci fossero caduti sopra! Tutt'intorno l'erba era verdissima, tenera e rigogliosa per la vicinanza dell'acqua e un bosco fitto teneva quel luogo al riparo dal sole battente. 

Narciso aveva una gran sete. Sentiva la gola talmente secca che gli pareva pronta a staccarsi e cadere a terra come una foglia d'autunno. Così si accostò alla fonte per bere qualche sorso. 

Se non che, affacciandosi su quel limpidissimo specchio d'acqua si bloccò di colpo, sorpreso dalla vista di un ragazzo dal volto meraviglioso. In realtà si trattava soltanto della sua immagine riflessa ma il suo giudizio era stato talmente offuscato, non so se dagli dèi o dal suo stesso stile di vita, che egli non se ne rese nemmeno conto: 

- Uao!! - esclamò sbalordito con un'espressione ammirata che gli si disegnava sul volto. Intanto si scaldava sempre più vedendo sul viso dell'altro un interesse pari al suo. 

Quando lui gli sorrideva l'altro subito rispondeva al suo sorriso e s'illuminava ancora di più: "finalmente ho trovato qualcuno alla mia altezza!! - pensava - "questo meraviglioso ragazzo è l'unico così perfetto da poter meritare il mio amore!". 

Ormai Narciso era cotto come una mela al forno di Nonna Papera e si era messo persino a cantare canzonette banali assieme al suo amato:

- Quando io dormo, tu  dormi; quando io parlo, tu parli; quando io rido, tu ridi, eccetera, eccetera - cantavano come un'unica voce dondolando insieme la testa.  

Andarono avanti così per un bel po'. 

Narciso sfoderava tutte le sue armi migliori per sedurre il ragazzo e quello rispondeva ad ogni sguardo e ad ogni ammiccamento in maniera altrettanto seducente. Così più cercava di conquistarlo più ne era conquistato e passava ore a perdersi nel suo sguardo che si perdeva a sua volta in quello di Narciso, ma quando cercò di abbracciarlo quello scomparve lasciandolo di stucco. 

- Perché ti sottrai? Mi hai forse preso in giro fino ad ora? - disse con angoscia temendo di essere rimasto vittima di uno "scaldacuori". Ma poi il ragazzo riappariva e Narciso si riempiva di nuovo di speranza. Ad ogni tentativo, però, la scena si ripeteva e più continuava così più il giovane si disperava. 

Ormai Narciso non pensava più né al cibo né al riposo. La sua mente era completamente soggiogata dal desiderio di quell'immagine inconsistente e fugace da lui scambiata per una vera persona (e forse, in un certo senso, era sempre stato così fin da quando aveva deciso di far tacere i suoi dubbi e le sue paure per convincersi della sua perfezione). 

- Chi mai ha subito un amore più crudele!! - si lamentava, mentre nell'aria una voce senza corpo riecheggiava: "crudele!!".

- Il mio amore è così vicino, eppure così irraggiungibile! E la cosa insopportabile è che non siamo divisi da montagne enormi o altissime mura, ma solo da un misero velo d'acqua!! - continuava Narciso con la voce rotta dai singhiozzi. 

- Io so che anche tu soffri, giovane meraviglioso! Ho visto le lacrime rigare il tuo viso come il mio. Perché allora non ti lasci prendere? - e mentre piangeva le sue lacrime increspavano l'acqua facendo svanire di nuovo la figura agognata. 

- Dove vai? Rimani, o giovane senza pietà!! Se non posso toccarti lascia almeno che ti guardi e permettimi di starti vicino!! 

Narciso non aveva più energie. Il suo corpo aveva perso vigore e la sua faccia diventava sempre più scavata. Sentendosi morire pronunciò le sue ultime parole:

- O fanciullo amato invano!! Addio!! - e nell'aria la voce di Eco rispose con la stessa commozione a quell'estremo saluto.

Si dice che la punizione di Narciso fu veramente eterna poiché anche quando fu accolto nel mondo dei morti continuò, e continua tuttora, a contemplare la sua immagine nelle acque dello Stige senza potersi liberare mai più da quella schiavitù. 

Tutte le ninfe, saputo della morte di Narciso, piansero a dirotto, ma soprattutto Liriope e le sue sorelle ne soffrirono immensamente. Si recarono sul posto per allestire il rogo, le fiaccole e il feretro. Ma, pur cercandolo dappertutto, non trovarono il suo corpo. Al suo posto trovarono un fiore giallo nel mezzo e coronato da petali bianchi. 

Narciso ed Eco: due prigionieri in isolamento

Nel raccontarvi questo mito mi sono preso parecchie libertà. Ho mischiato la versione latina, delle Metamorfosi di Ovidio, con una delle versioni elleniche. Ne ho cambiato il linguaggio. Tanti episodi, come quello dello scherzo della gallina, me li sono inventati ed altri li ho descritti sdrammatizzandoli, aggiungendo un po'di ironia e qualche anacronismo qua e là. Del resto questa è una storia sempre attuale e valida per ogni tempo. 

A proposito, ciò che vorrei chiedervi ora è: che cosa ci può insegnare oggi questo racconto?

Secondo me, la prima cosa che salta all'occhio è l'impossibilità sia per Eco che per Narciso di avere dei veri rapporti profondi con altre persone: la loro incapacità a comunicare veramente. 

Per Eco la cosa è evidente poiché la maledizione di Era le impedisce di parlare per prima e di esprimere sé stessa, le sue idee e i suoi pensieri. Eco è costretta a parlare usando le parole degli altri e per questo non potrà mai comunicare con loro ma solo rimandare indietro dei suoni che non provengono da lei. Anche prima di perdere la parola Eco non aveva usato le sue grandi doti di linguaggio per esprimere sé stessa ma era stata invece usata da Zeus per ingannare Era. Fin dall'inizio Eco è ciò che la fanno diventare gli altri: Zeus l'ha fatta diventare un'ingannatrice, il venditore ambulante che passava dal bosco l'ha fatta diventare una vucumprà e attraverso Narciso lei sperava di diventare una specie di regina. Eco non ha risorse all'interno di sé stessa che possa poi condividere con gli altri. Non può raccontare nulla di sé e quando tutti tacciono non può proprio dire niente del tutto. 

Per Narciso invece non è la parola ma l'immagine che è al centro di tutto. Lui la protegge con tutte le sue forze e fa in modo di circondarsi solo di presone che confermino come lui vede sé stesso e di tenere alla larga e ignorare coloro che potrebbero rimandargli un'immagine differente. Narciso non può comunicare veramente con gli altri perché ha paura che crolli il suo mito di sé stesso. Piuttosto gli altri li usa per confermare la propria superiorità. Ma non potrebbe essere questo il segno di un'insicurezza di base? Una sofferenza nascosta?

In fondo in fondo, secondo me, Narciso ed Eco si somigliano più di quanto sembrerebbe a prima vista.

I nostri Narciso e Eco

A ben vedere poi, in ognuno di noi c'è un po' di Narciso e un po' di Eco, in dosi variabili e a dipendenza della situazione e del momento in cui ci troviamo nella nostra vita. 

Ogni volta che non vogliamo rischiare di confrontarci con qualcuno o metterci alla prova per paura di perdere la faccia è il nostro Narciso che ci condiziona e ci limita. O quando ci capita d'ignorare o sminuire gli altri perché abbiamo ricevuto una critica magari anche giustificata: anche questa è una reazione istintiva del nostro spaurito Narciso che ci blocca e non ci permette di migliorare grazie allo sguardo degli altri. 

Ogniqualvolta invece non parliamo per esprimere i nostri bisogni, o non prendiamo le iniziative che vorremmo perché crediamo di essere un fastidio per gli altri, quando non apprezziamo il nostro valore e non riconosciamo i nostri successi ecco affiorare la nostra Eco. Quando mettiamo tutti i limiti a noi stessi e nessuno ad un altra persona, per paura di perderla e perdendola perdere così anche la nostra stessa identità: lì la nostra balbuziente e tremante Eco ha preso il sopravvento. Quando crediamo veramente di essere inadeguati e non all'altezza solo perché ce l'ha detto qualcuno: anche lì siamo sotto l'influenza di Eco. In uno degli episodi inventati di questo racconto la povera ninfa si scherniva da sola solo per un gioco crudele di alcuni bambini maleducati. Pensare che anche a noi potrebbe capitare di essere in una situazione simile senza rendercene conto...

Come liberarli? Come liberarci?

Voi che ne pensate? Avete letto altre cose all'interno di questo mito molto denso e profondo? Che cosa potremmo fare secondo voi per liberare i nostri Eco e Narciso e permettere loro di vivere veramente fino in fondo? 

Se lo vorrete, mi farebbe molto piacere leggere i vostri commenti.