Erica Scherl

Storia dell’arco, ovvero: come mai l’arco del violino si chiama arco?

2020-04-16 14:47:51

Come le splendide immagini che ci giungono dai dipinti e dalle miniature del periodo medioevale ci mostrano, l’arco del violino non ha sempre avuto la forma che ha oggi. Inizialmente aveva precisamente la forma di un arco, quasi identico all’arco che si usava per tirare le frecce.

Le evoluzioni nell’impugnatura


Come le splendide immagini che ci giungono dai dipinti e dalle miniature del periodo medioevale ci mostrano, l’arco del violino non ha sempre avuto la forma che ha oggi. Inizialmente aveva precisamente la forma di un arco, quasi identico all’arco che si usava per tirare le frecce ed era anche molto più corto dell’arco odierno. La tensione del crine si regolava non con una vite, come negli archi successivi, bensì con l’applicazione di una maggior tensione ai crini data dalle dita della mano che lo impugnava.

Il primo modo per fare sì che il crine avesse una tensione stabile e non richiedesse al musicista di occuparsene, è stata l’invenzione del tallone a incastro. Il tallone, che è la parte dell’arco vicina all’impugnatura della mano, viene in questo caso incastrato nella bacchetta, tramite una scanalatura che lo mantiene fermo.

Sappiamo però che la tensione del legno è sempre strettamente collegata alle variazioni di temperatura e del livello di umidità, e questo faceva sì che, nonostante il tallone ad incastro, a volte la tensione del crine non fosse ottimale. Questo problema ha portato a un’ingegnosa soluzione, infatti è stato inventato un meccanismo a vite che permette la regolazione della tensione della bacchetta e dei crini, ed è utilizzato ancora oggi.

Le evoluzioni nella forma


L’altro aspetto che ha subito evidentissime modifiche nel corso dei secoli è appunto la curvatura della bacchetta, che è passata dall’essere convessa, a forma di arco vero e proprio, all’essere leggermente concava. Questo cambiamento è avvenuto gradualmente, passando per una bacchetta dritta, e si è stabilizzato negli ultimi anni del 1700.

In questa interessante immagine si possono notare benissimo tutti i cambiamenti avvenuti nella forma dell’arco dai primi decenni del 1600 agli ultimi del 1700.

Molti di questi cambiamenti sono avvenuti proprio grazie alla stretta collaborazione tra i violinisti, che molto spesso erano anche compositori (parlo ad esempio del grandissimo innovatore Arcangelo Corelli, del geniale violinista Giuseppe Tartini, oppure del noto violinista e compositore Giovanni Battista Viotti, solo per citarne alcuni), i quali, sviluppando grazie alla loro creatività il linguaggio espressivo e virtuosistico dello strumento, maturano allo stesso tempo l’esigenza di strumenti adatti a rendere al meglio le loro innovazioni tecniche e musicali.

Tutti gli aspetti dell’arte sono connessi fra loro, e notare le ramificazioni e le ripercussioni di un linguaggio artistico sugli altri, mi lascia sempre affascinata.

La musica verso la fine del 1600 comincia ad essere sempre più diffusa, portando allo sviluppo dei teatri, e all’ampliamento delle loro dimensioni. L’esigenza di riempire ambienti di maggiore ampiezza e con una maggior quantità di pubblico, ha portato a sua volta alla maturazione di caratteristiche che potessero rendere il suono del violino più stabile e più potente.

Se sentite il suono prodotto da un arco barocco, o addirittura precedente, noterete che la maggior sonorità si ottiene nella zona centrale dell’arco, mentre di un arco più lungo con la schiena “concava” e con una maggior quantità di crini, produrrà un suono più potente e più uniforme in tutti i punti dell’arco.

Qui abbiamo parlato del violino, ma tutti gli strumenti e anche la voce, hanno sviluppato le proprie potenzialità tecniche ed espressive in relazione agli ambienti che ne hanno accolto la risonanza!

Con l’augurio che anche voi siate affascinati da tutto questo, come lo sono io…