Daniele Ventola

Founder Starter

#day489-499 - Ja pustynja. Cinque tappe nel deserto sulla strada per Samarcanda

2019-12-16 08:48:23

Riassumo in questo articolo, cari amici, varie tappe del percorso. Troverete storie di giganti, di deserti e ... di UFO! :-) Grazie veramente di cuore per seguirmi lungo questo viaggio a ritroso sulle orme dell'Uomo. La prossima tappa che vi racconterò sarà la mitica, magica e misteriosa Samarcanda.

#day489 Giganti e Alieni tra i deserti della #ViadellaSeta 


No, non era un errore del traduttore. Farhod e Tatiana ostinavano a confermare la mia perplessita'.

"A kagan, nel distretto di Buchara, c'e' la tomba di un gigante!"

Per scongiurare il mio scetticismo, al mattino presto ci siamo diretti a cinque chilometri di distanza.

Strada di buche attraversa le sterpaglie del deserto, popolato da pochi cani rozzi che si accalappiano per il poco cibo di fortuna che gli permette di sopravvivere. Ferrovia. Vira a sinistra. I corvi sovrastano il cielo e dietro il colle appaiono le prime tombe del cimitero nel quale molti vi scelgono di riposare in eterno, poiche' non lontano ci sono le spoglie dello sceicco.

Ci accolgono il freddo mattutino, un cane che abbaia e il raglio di un asino. Zone poco battute dalla civilta'. Poi da un portone appare l'imam con la tunica blu e il cappello di capra.

Ci dirigiamo verso la moschea tra silenzio e freddo. Solo poche persone lontano camminano in fila indiana quasi fosse un film di Ingmar Bergman. Dopo le dovute presentazioni l'imam ci fa entrare nel cortile che ospita la pietra tombale.

<<La tomba e' lunga 14 metri ed appartiene allo sceicco Akhbor Wali. Ci sono diverse leggende che ruotano attorno allo sceicco. Ma la mia tradizione lo vede discendente della tribu' estinta Ad (Adita), gente gigante i cui resti sono studiati in diversi paesi del mondo.

Gli Ad, popolo di Hûd, avevano le proprieta' di forza, potenza, durevoli nel tempo, ma estinte a causa della dissobbedienza e per l'eccissivo uso di risorse della natura.

Solo poche di queste genti sono riuscite a sopravvivere, non per la conoscenza che possedevano, ma perche' la trasmettevano, e lo sceicco Akhbor Wali era uno di questi.>>

L'imam si ferma. Cita un passo del corano:
"Questi furono gli ‘Âd, negarono i segni del loro Signore, disobbedirono ai Suoi messaggeri e avevano obbedito agli ordini di ogni protervo tiranno.
60. Furono perseguitati da una maledizione in questo mondo e nel Giorno della Resurrezione. In verità gli ‘Âd non credettero nel loro Signore. Scompaiano gli ‘Âd , popolo di Hûd!"

<<Lo sceicco Akhbor Valibyl era alto 13 metri e visse per 4500 anni ricevendo informazioni da re David, Salomon, Isa (Gesu') e Muhammed.

Da questi incontri ricevette il dono di controllare l'energia del pensiero, di trasmettere informazioni dei libri sacri per secoli e secoli, generazioni e generazioni, per cui veniva chiamato "uomo di tutte le religioni".>>

Finisce la storia, cala il silenzio. Solo il gracchiare dei corvi, e il rumore del vento. E non so, se sia stata sugestione, non so. Ma la vicinanza a questa storia mi ha immerso in uno stato di presenza mai respirato prima.

Ed ero ogni riflesso di sole sulla neve, ogni mosca che volava, ogni fruscio di vento, ogni cornacchia. Dopo una benedizione dell'imam giungeva il momento di rimettersi in cammino e salutare Farhod e Tatiana che mi hanno tanto amato.

E' poi il deserto...
Una landa desolata. Una steppa di alberi secchi che attendono dal cielo un segno di pioggia. Ma e' un cielo silente, trasparente e celeste.

E' magico, cattura e trascende. Il tempo non conta piu' si dimenticano le distanze e i colori del tramonto sembrano celebrare il mondo intero. Sfumano via i colori, leggeri come acquarelli. Tutto si irradia di oro fino a quando non cala definitivamente il sole e sale il gelo.
Ma anche nella notte il deserto rimane deserto. Posso solo puntare lo sguardo verso l'alto iniziando a contare le stelle che emergono una ad'una.

Poi diventano cosi' tante e il buio cosi' tenebra che vengo preso da un timore arcaico. Ne' una luce, ne un rumore solo il mio passo e il vapore. Continuo nel buio "illuminato" dalla luce della notte. Seguo Cassiopea e l'Orsa Maggiore fino a quando non vedo un piccolo colle che eleggo a base della tenda per la notte.

Montata la tenda con le mani di ghiaccio, mi preparo per la cena quando d'improvviso scorgo con la coda dell'occhio dietro nel cielo, un movimento strano. Una luce improvvisa spezza la notte. Si muove su di una traiettoria incoerente per poi scomparire veloce lasciando dietro di se' una nube gigante.

Impreco e mi chiedo se sono pazzo. Ma la nube e' ancora li. Mi guardo intorno e chiedo "ma che ca***!?"

E non ho altra conclusione se non... un Oggetto Non Identificato.

Che fare? Mi siedo e comincio a mangiare disperdendo la mia attenzione tra le alte stelle. Cosi' alte che mi sentivo meno di un atomo.

#day491 Ja pustynja  - Io sono deserto

Veniamin, il figlio di Ivu, me lo disse in Bulgaria. <<Ripeti con me "Ya sam pustinyak">>
Pensavo volesse scherzare e invece...

E invece c'e' il suono dei passi, c'e' l'affanno. C'e' il tempo e tempo non c'e'. Ci sono montagne con cime marcate e irregolari che disegnano confini sul cielo. E non ci sono montagne, nascoste dalla nebbia. Ci sono venti freddi e silenzi che parlano, roteanti intorno istanti eterni.

Di qui passavano guerrieri tartari con placche d'oro, scimitarre sporgenti, turbanti e carne sotto la sella. Non perdevano tempo per mangiare. Ingurgitavano carne cruda durante la cavalcata coprendo infinite distanze. Oggi la #Tartar e' un piatto molto prelibato.

E' il deserto...

Oggi ci sono solo le mie orme. Non ci sono persone. Non animali. Un uomo Solo con se stesso. Qual'e' il nome di un uomo solo se nessuno riflette la sua identità?

Le ore si disperdono tra la sabbia del terreno, mentre gli stati dell'animo si confondono. Una sete di emozione senza limiti, una malinconia senza freno, si proiettano entrambe sull'orlo della coscienza. Mi dileguo, scompaio e ritorno come un gigante, come l'ombra piena di se' col sole del tramonto.

Mi allontano...

Ad ogni passo mi allontano da quella mondana vita che strugge il sereno. E devo Urlare e devo Cantare a squarciagola nell'orecchio dell'inconsistente affinche' anche il mondo, come me, si dissolva.

Poi il silenzio. Effimero. Non una parola, non un fiore. Tanto tempo senza parola. Confodendomi perdo il senso.

Lo so. E' una baruffa psichica che sulla schiena pesa. Una duna. Mi stendo. Le braccia della duna di sterpaglia mi avvolgono e le ultime fiamme del sole mi cullano la pelle.

Il sole si avvicina al letto e il silenzio cattura. Ma il silenzio del deserto e' un chiacchierone. Quel genere di silenzio che sussurra, parla al nomade, attraverso un indistinta armonia di frequenze che fischia nelle orecchie. Forse qualcuno sa di cosa parlo. Forse impazzo. Ma e' una frequenza che sussurra all'improvviso attraverso il vento. Attraverso le ombre.

Racconta storie. Le disegna sulle pietre, sulle sterpaglie, sulle sfumature del cielo. Il silenzio del deserto e' un bravo narratore e io un ascoltatore discreto.

Piano piano un sonno. Calano le palpabre. Piano piano. Poi un qualcosa. Un intuizione. A gattoni arrivo in cima alla duna. Scorgo qualcosa lontano. Sara' un chilometro. Una lunga veste soffiata dal vento e due grandi borse fra le mani.

Mi stropiccio gli occhi. Credo sia un miraggio. No! Lei ancora lí'. Una donna del deserto... Allora mi alzo le corro verso agitando la mano e la sua sagoma mi suggerisce una parallela sorpresa nel scorgere qualcuno.

Mi chiede chi sono.

<<Ya Pustinya>> (Io sono deserto)

Lei ride."Ya Pustiya" (?) Mi ero dimenticato chi sono.
Mi chiede da dove vengo, allora mi ricordo. <<Italia>>

Mi invita a prendere un cay, le chiedo se posso portare con me lo zaino temo qualcuno che lo rubi. Ride e mi risponde <<ve Pustynie?>> (nel deserto?!)

Gullar e suo marito Zakkir vivono in una delle ultime case rimaste nel deserto che apparteneva ai genitori di lui. Sono gli ultimi del deserto rimasti dopo che i vicini, a due chilometri di distanza, passarono a miglior vita. Con loro c'e' Hikho che bada alle 270 capre, portandole ogni mattino al pascolo. E' aiutato da Beila, la cagnolina dolce che abbaia ma non morde, fedele a Gullar più che il muschio alla pietra. Mi mostrano dove posso posare lo zaino facendomi capire che sarebbe stata anche la mia camera per la notte. Ornata di tappeti sul pavimento e sulle mura.

Poi entro in cucina una piccola sala con i tappeti a terra. Zakkir si sta radendo mentre Hijho e' ipnotizzato dalla TV. Gullar prende una grande tovaglia chiusa su se stessa. Aprendola esce il pane avanazato del giorno prima. E' ancora morbido perché lo fa con le sue mani del deserto. Beviamo del Cay attendendo che la carne di montone sia cucinata sulla stufa-cucina. Poi si apre il banchetto con la vodka, il pane, il montone, e le nostre mani raccolgono il tutto senza posate. Rimarra' uno dei sapori più densi che abbia mai assaggiato.
Tanti brindisi in tante lingue intorno a una tovaglia .

Si emozionano ad ascoltare le mie storie di viaggio che racconto con i gesti. Come il preistorico intorno al fuoco. E mentre loro si emozionano, non sanno quanto il mio cuore tremi per questa vicina convivialita' in mezzo al deserto.

E' la vodka a stabilire quando finisce la cena, accompagnata dal sonno, il sogno e l'alba.

Dopo aver ordinato le pecore con Hikho, salutato Zakkir e abbracciato Gullar, riprendo il cammino verso il sole.

#day495 I bazar di #Karmana

L'ultimo a spiare il passaggio di uno straniero solitario nel deserto fu un asino solitario, troppo pauroso per accompagnarmi in Oriente inoltrato, troppo sciatto per portarmi lo zaino.

Passano i chilometri e con essi le ore e i segni di civilta' non si fanno troppo attendere. Le torri Eiffel della corrente, i camion, il cemento fino a giungere in una fabbrica di asfalto. Tutte cose che stanamente avevano un proprio fascino, sopratutto con la luce dell'ultimo sole.

#Navoi. Un tempo punto di passaggio della Via della Seta in mezzo al deserto. Oggi una grande citta' post sovietica. Con i soliti cittadini sospettosi di un uomo impolverato con uno zaino piu grande di lui. Con vesti di deserto e capelli da strapazzo l'unica a chiamarmi era una piccola donna di un piccolo caffe'. Mi invita mangiare incuriosita e senza pregiudizi.

Poco dopo entrano tre uomini allietando l'aria di un lercio odore di alchol. Li riconosco. Mi avevano addocchiato ad un chilometro di distanza guardandomi con dispetto. Cambiano i loro lineamenti solo quando la donna, mi introduce.

Allora mi invitano a bere con loro, ma non mi piacciono a fondo e non bevo. Li allieto con alcune storie ma cerco di prestare piu' attenzione alla signora per la sua genuina gentilezza.

Tempo mezzoretta e ricevo un messaggio che dissolve le strade e incrocia e lede le distanze. Ah... quanto adoro gli incroci.

Un passo indietro.

Quel giorno di primavera in un bar di Safranbolu (Turchia) incontravo Tucge. Diventammo amici e mi disse che tanti chilometri dopo sarei stato ospite da sua madre Leila in Kastamonu (Turchia). Incontrai Leila e diventammo amici. Ora, il caso vuole che in quel Hotel lavori, Bois un simpatico ragazzo Uzbeko di Tashkent. Diventammo amici. A studiare con Bois vi e' Muhammed, Uzbeko di Navoi il quale avvisa la sua vicina di casa, Zolfia, del mio arrivo.

Casa Zolfia ha cuore di tradizione. Intorno al cortile centrale vivono i loro figli con rispettive moglie e bimbi. In ogni decorazione, parola, gesto, la tradizione prende vita e tutto cio' e' affascinante e famigliare.

Mi accolgono il giovane Zucchi, il marito e il padre del marito e, ovviamente, una tavola inbandita di ogni ben di dio e, anche se ho mangiato, come tradizione vuole, devo mangiare.

Mi fanno sedere e in un istante Zolfia scompare e riappare con una teiera fumante disegnata da fiori blu. Nella mia tazza versa un primo sorso. Lo ritravasa nella teiera ripetendo l'azione per tre volte. Poi con un gesto velocissimo rotea la mano con la tazza sopra l'avambraccio sinistro senza neanche far cadere una goccia e con un sorriso ampio mi dice "benvenuto".

Dopo mangiato il padre anziano chiude le mani come per ricevere un dono e cosi' facciamo tutti. Recita una piccola preghiera e con le mani nella stessa posizione le mani portiamo ai volti con i pollici che scivolano sulle forme del collo.

Il giovane Zukki e' la mia guida di Karmana (Navoi) mi porta in antiche moschee con tombe di dervisci e poi il bazar.

Per comprendere l'anima di un luogo bisogna visitarne i bazar. Ci sono i volti, i colori, gli odori, ma sopratutto...

Le donne con gli occhi piccoli e infossati. Le migliori venditrici. Sorridono di sbieco e con un colpo d'occhio colgono le esigenze e i desideri dei loro clienti. Descrivono esattamente il peso dei loro polli, la finezza della loro pelle, il colore del piumaggio, potrebbero vendere qualsiasi cosa se volessero. I clienti ne rimangono ipnotizzati eppure i giochi subliminari non collassano. Anche le donne clienti sono sapienti. Contrattano su ogni cosa anche solo per chiedere il prezzo di cioà che non vogliono comprare e questi giochi si ripetono per ogni merce.

Carni, giochi di sguardi, polli, conigli, vestiti, spezie, formaggi, frutta, fiori del deserto, risi, saponi, vesti. E' un movimento continuo e disinteressato. Dove il valore delle cose non corrisponde al denaro. Ma dalla teatrante capacità di contrattazione!

Dopo che un signore ci ha costretto a terminare le riprese, presentandosi come il gestore del bazar il nostro giorno e' dato.

Viene la notte, il mattino e la Cina che e' sempre meno distante.

#day496 #CosaNostra e il valore di un istante

{Passano i giorni e passa il tempo e sono costretto a dover sintetizzare emozioni e pensieri per non trasportare in Tajikistan un peso eccessivo di lavoro arretrato. Sara' difficile e ingiusto nei confronti di alcuni amici dal cuore d'oro che la strada mi ha donato, ma non posso fare altrimenti.}

Il passo solitario di un viandante su una strada d'asfalto e' spesso interrotto da molti curiosi impressionati dallo straniero. Ma lo straniero non puo' prestare a tutti la stessa attenzione, o in un ora percorrebbe solo cinque metri. Pero' puo' rallentare il passo, salutare da lontano e, a coloro che insistono ad offrirgli un cay per dissetare la loro curiosita', lo straniero puo' dire <<cammina con me poiche' il tempo e' poco prima che il sole si abbassi.>>

Allora la magia inizia quando le logiche del mondo si dissolvono.

Chi lavorava i campi posa la zappa e per pochi centinaia di metri si abbandonano alla 'viandanza' (cit. Luigi Nacci).

I passi di due stranieri si confondono. Si scambiano i versi della loro vita: parlano delle famiglie, degli amori, dei drammi. E dei perche', deii come e dei ma.

C'e' chi mi vuole regalare cibo, chi samsa, chi fiori, chi soldi. Ma la sola cosa che posso accettare sono i fiori, anche se probabilmente saranno ritirati alla frontiera cinese.

Poi il passo dei due stranieri si divide. Uno torna a essere contandino, l'altro viandante, ma la magia dell'incontro quella rimane.

Ai lati della lingua di asfalto ci sono infiniti campi di cotone ed e' la prima volta che scopro la forma della pianta. Una bella sorpresa! I fiori di cotone sono come vecchi nonni di montagna: hanno una corazza grezza e dura, ma l'anima di nuvola e, quando il fiore e' pronto, quella corazza si scompone e un batuffoloso cuore candido si affaccia al mondo.

Saluti e chilometri. Chilometri e saluti. Cay, ancora saluti e strada.

E c'e' da dire che anche l'asfalto e' un chiacchierone, ma, a differenza del deserto, l'asfalto e' un etnografo che racconta la cultura dei popoli.

Tutto cio' che e' abbandonato sul cemento e' un indizio: Ci sono cucchiai arruginiti, perche' la maggior parte dei cibi sono a base di riso e il coltello quasi non si usa, meno la forchetta; ci sono botiglie impolverate, perche' comunque rimangono grandi bevitori; e le bambagie di cotone perche' e' l'oro bianco dell'Asia. E poi trovo qualcosa di strano...

Sembra un pacchetto di sigarette, ma e' un profumo. "Cosa Nostra - FOR MEN".

Un uomo con la faccia da pollo si ferma incuriosito dallo straniero che fotografa a terra. Ma prima che iniziasse con le sue domande, gli chiedo io cosa fosse quello.

La sua risposta mi spiazza.

<<Profume Adami. Mafia Xarasho!>> ("Profumo di uomo. Mafia e' buona!")

Rimaniamo mezz'ora a discutere tramite il traduttore dei motivi delle sue affermazioni.
<<Dove lo stato non arriva la mafia aiuta le persone. Ha valori forti e giusti, che tutti dovrebbero avere.>>

<<Credi che ricattare piccoli negozianti con la scusa di protezione, narcotraffico, prostituzione, piazzare bombe e uccidere magistrati e uomini onesti, siano valori forti e giusti?>>

Risponde che quella non e' mafia <<sono ladri.>>

Cerco di rispondere che grandi uomini sono morti per ideali di giustizia e uguaglianza e giovani deboli assumono valori meschini e superficiali perche' subiscono il lavaggio del cervello della sua giusta mafia.

Ma l'uomo-pollo continua sostenendo che la mafia aiuta i poveri ed <<e' bella!>>

<<Scusa, ma dove ti sei informato?>> chiedo perplesso,

<<Il padrino parte II>> risponde sicuro di se'.

Lanciavo sguardi selvaggi, impossessato da profondi imbarazzi per l'immagine che siamo riusciti a dare al mondo. Lui continuava a voler dibattere, come quegli uomini che non sanno ne parlare ne' tenere la bocca chiusa, dunque abnegandogli ulteriore tempo prezioso me ne sono andato intorpidito e disturbato. Continuavo cosi' ancora per un po fino a quando l'Angelus di Millet, agreste e spensierato, dipingeva i suoi colori sulla tela del tramonto.

Allora mi sono preso un attimo per osservare quel pastore solitario che siede sul terreno contemplando il suo grecce. Un istante immobile che racconta tutto.

Che meraviglia divenire coscienti del valore di un istante.

Poi', come d'incanto, un nuovo amico e' dietro l'angolo pronto ad aiutarmi per la notte

#day499 Kattakurgan: Bellezza dell'umano1 - Mali del denaro 0

L'arrivo nella citta' di Kattakurgan e' stato tra i più sofferti. Nella rotonda centrale un caos di macchine in festa di clackson e un movimento di formiche si dribblava nel traffico vestiti di persone. Urla, imprecazioni, odore di benzina, strade bloccate. Perche'? Perche'un trattore aveva graffiato un taxi o forse un taxi aveva urtato il trattore... fatto sta che i due autisti se ne sono date e gli spettatori hanno bloccato il resto.

Testa che gira, spalle che duolono, sposatezza. Tutto poiche' anche se Fazli e' stato un tesoro nell'ospitarmi in quel magazzino che gestisce nella pompa di benzina, attendere mezzanotte, dormire sul pavimento assalito da miliardi di zanzare decise a sopravvivere proprio li', non e' stato il miglior riposo dopo la fatica.

Eppure tra tutto quel frastuono, qualcuno mi osserva in disparte avvicinandosi pian piano, ma senza esitazioni.

Il tassista Xurshid mi chiede se avessi bisogno di aiuto.

<<Un letto. Economico.>> rispondo stremato.

Mi carica sulla macchina portandomi nell'unico Hotel di Kattakurgan.

I recepionisti mangiavano nella stanza vicino. Osservandoci entrare un ragazzo magro in camicia bianca esce pulendosi col polso l'unto dalla bocca.

Mi squadra dall'alto al basso sorridendo con un mezzo sorriso balordo.

Inizialmente il prezzo della stanza era di 100000 sum, equivalente di 10 euro.

Accetto, ma probabilmente, mentre torno verso la macchina per lo zaino, qualcosa cambia. Al mio rientro vi e' un altro uomo con lui, grasso e egualmente unto. Ridono del mio zaino mi chiedono il passaporto cercando le precedenti registrazioni.

Misteriosamente in 4 minuti il prezzo della stanza cambia da 100000 sum a 30 dollari (300000). Cerco di comprenderne le ragioni ma si limitano a dire <<adin dan>> (un giorno).

Cerco ancora di comprendere ma non rispondono e allora capisco tutto. Alcune persone non vedono un turista, vedono solo "dollari".

Mariuoli!

Do sfogo alla piu' barbaria napoletaneita' e mi congedo.

Xurshid si offre di accompagnarmi in un'altra struttura che non e' proprio un albergo, infatti la signora dispiaciuta ci dice che non accettano turisti.

Affranto ritorniamo in macchina e Xurshid, guardandomi come un fratello maggiore mi consola.

Guida fino a un vicolo. Attendiamo due signori che caricano una bombola nella macchina. Arriviamo in un'altra zona e intanto mi addormento come un bimbo sul sedile. Improvviso suono di clackosn, una presa che mi strattona, mi sveglio di soprassalto.

Guardo a sinistra scorgendo una manina aprire un portone.

Xurshid mi fa segno di entrare, poso lo zaino. Mi fa segno di levare le scarpe. Poso le scarpe preoccupato per l'odore che potrebbe uscirne. Un gradino ed una porta di legno. Entro. La stanza verde speranza ha un rialzo di trenta centimetri. Su di esso tappeti ricamati disegnano il perimetro di una tovaglia imbandita. Un signore mi sorride, una signorina in cinta mi fa segno di sedere, mentre dentro me ancora dormo.

Xurshid chiama la bambina. Rumore di stoviglie, teiera che ribolle, porta che si apre. Sono confuso, sto ancora dormendo quando il signore piu' anziano alla mia sinistra, spezzando il pane con le mani me lo pone in basso esclamando <<pajalsta>> (prego).

Allora mangiamo con le mani discutendo dei signori dell'albergo. Sono nella famiglia di Xurshid e Lattofat, mangiamo pane, pollo, patate, insalata. Dopo una mezz'oretta arriva anche il marmocchio piu' grande che e' sempre attento a riempirmi la tazza di the quando e' vuota.

Vedendomi tramortito mi mostrano la stanza. Luce soffusa e tappeti da notte adagiati al suolo. Poiche' fredda portano la cucina attaccandola al gas. Il fuoco sara' il mio riscaldamento. Poiche' sono raffredato bruciano i fiori del deserto che curano ogni male. Poiche' sono stanco mi portano lo zaino e qualle che era la stanza da the, per me e' diventato un talamo dell'antica Grecia. Crollo, dal tramonto all'alba.

Al mattino vorrebbero che rimanga loro ospite, ma "la strada dorata che mi porta a Samarcanda" mi chiama senza scuse. E attraverso banchi di meloni, e cavi elettrici; e allevatori e agricoltori, prima che la civilita' riprenda le sue costruzioni. Prima di intravedere le cupole turchesi confondersi col cielo.

Registon, Samarcanda!

Vi ricordo l'intento del mio viaggio!

Con la fatica e l'infinita bellezza di un viaggio a piedi tra gli uomini, utilizzando la più moderna tecnologia digitale, sono partito da Venezia (in realtà da Napoli! :-D) e voglio arrivare a Zhoukoudian, dove sono stati scoperti i resti dell'Homo Pechinensis, risalenti a 750.000 anni fa.

Il mio vorrebbe essere un viaggio alle radici della nostra storia, diretto verso il futuro, e ce la sto mettendo tutta!!


Potete aiutarmi a sostenere ogni passo!

  • qui sul mio canale di Cam TV con una libera donazione!
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  • oppure attraverso la piattaforma www.buonacausa.org

Per sapere di più su questo viaggio curiosate nel sito web

www.ventodellaseta.org

Grazie di cuore a tutti voi che seguite!!