Daniele Ventola

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#day202

2019-02-21 18:45:07

Un odore di mattino che trasporta in un tempo lontano. Il vento fresco, il sole alto, i campi, le montagne lontane e quasi mi sembra di tornare indietro nel tempo. Quando ero bambino e un mattino era solamente, mattino.

Ci si incammina sulla statale. La polvere, le macchine, ma ad un tratto un sentiero spunta alla sinistra. Dovrebbe essere quello che mi suggeriscono le mappe e che dovrebbe portarmi a Pazardzik seguendo i binari del treno. Imbocco il sentiero e dopo poco mi viene incontro una carrozza trainata da un cavallo nero con una cuffia rossa. Sul carro due zingari uno giovane e una vecchia.

La donna mi chiede dove sto andando, le dico >. Strofina l'indice sul pollice come per dirmi > Le rispondo > E' forse la prima volta che in Bulgaria cammino su un vero e proprio sentiero che non sia statale e mi mancava.
I campi arati pronti per rinascere, un chiaro marrone che si lascia abbracciare dal cielo, il passo gentile di un terreno morbido, la prima farfalla del nuovo anno...

Dopo diversi chilometri trovo una decina di TIR fermi ad una stazione ferroviaria. Credo attendino che si scarichino le merci dei camion e intanto passanpo il tempo guardano sdegnati i viaggiatori che gli oltrepassano la strada. Chiedo un'informazione ad un camionista e il suo ghigno diventa un sorriso, > devo proseguire.

Tutto in fondo arrivo a un mercato di vecchie cose usate. Vi si trova di tutto dai vestiti ai coltelli militari, dalle bellissime ceramiche alle spremute di arance, scarpe, zucchero filato e bici rubate. Proseguo per via Hristo Botev, esco per campi fino a raggiungere un paese completamente zingaro.
Kovachevo piccolo paese dai mattoni rossi, dai neri cavalli liberi al pascolo nei giardini pubblici, macchine costose che vanno avanti indietro fissando il viandante dalla testa del bastone alla suola della scarpa, bambini che giocano sui roller, vecchiette che fanno comunella a tre a tre.

14.30
Una donna mi chiama. Sta seduta sotto un portico vendendo vestiti e con lei c'e' un'altra signora e una ragazza. Mi chiede dove sto andando e, dopo un poco che rimaniamo a parlare, mi fa segno di sedermi e di aspettare. Un paio di minuti e torna con in mano un caffe' e delle merendine, > (per il cammino). Lei si chiama Gloria, le altre Angelina e Katia, ma nessuna di queste voleva essere fotografata, per cui posso dire che era bella come una mamma gitana.

15.00
Continuo a camminare gli uomini seduti al bar mi salutano augurandomi buon cammino e andando via da quel paese mi sono sentito un po' stupido: entrantoci con accortezza e uscendoci come un figlio accolto in terra straniera. Mentra cammino sento una macchina a bassissima velocita' pedinarmi a passo d'uomo. Allora mi fermo, mi ci avvicino e dico > (ciao, tutto bene?)

15.15
La macchina si ferma due uomini dalla carnagione chiara scendono e mi chiedono dove stessi andando. Rispondo che vado a Pechino a piedi. Ridono e mi chiedono che cosa ci facessi seduto con gli zingari. Rispondo che vado a Pechino a piedi e la strada e' la strada. E mostrando la cioccolata gli faccio capire che mi hanno offerto della cioccolata. I due si identificano come poliziotti e dopo aver contrallato la carta d'identita' mi si complimentano e chiedono se ho bisogno dell'acqua. Dopo avermi salutato suonando il clackson riprendo per la mia strada.

Passano le ore e spero di non forzare ancora troppo le gambe. Prendo una pausa poggiando lo zaino al muro in piedi su una panchina. Dal cancello laterale si affaccia una signora. Stremato le dico soltanto >; e lei ride vedendomi sfinito. Rientra.
Qualche minuto e ritorna offrendomi del the caldo. Era il the delle 17.00.

Riprendo il cammino verso Pazarzdik dove saro' ospite da un amico di Michele di Samokov. Vi ci arrivo tardi nella fabbrica di finestre e porte di Krasimir e del fratello, ma sara' questa la mia dimora di stanotte. E con Krasimir finisco il racconto di questa giornata perche' Krasi (bello) e mir (mondo o pace), mi ispirano pacificazione. Ma la cosa curiosa e' che in bulgaro e in russo "mondo" e "pace" sono la stessa parola.