Daniele Ventola

Founder Starter

#day 528-548 - Giorni Uzbeki

2020-02-01 19:32:44

Ecco il racconto degli ultimi giorni in Uzbekistan. Giochi d'ombra e cimiteri, Cavalli Celesti, Valli d'oro, Artisti della Seta, Uomini che piantano alberi nel deserto, bande di lupi e Wolf, compagno di passi. Ahyr Uzbekistan, nel cuore ti porto come mi hai colto.

#day528 Il Torneo delle Ombre in Asia Centrale (Il Grande Gioco)

Confini con militari insospstettiti da un barbuto italiano che in poco tempo cambiano umore apprezzando la storia dello straniero con sorpresa di bambino.

La lunga distesa di asfalto taglia le piantagioni di alberi da frutto. Il magazziniere smette di mangiare semini di girasoli scrutandomi da lontano a bocca aperta, i bambini mi accompagnano con sguardi stupiti e spaventati, le donne trasportano fasci di rami imprecisati su nuche velate, mentre macchine inclinate su un lato per il cotone, sfrecciano alla mia destra. No, quasi nulla e' cambiato dal Tajikistan se non fosse per gli occhi uzbeki dal taglio asiatico e la loro pelle tinta di nocciola. E chissa' quanti di loro ricordano di Kokand cuore del '#GrandeGioco', il Torneo delle Ombre.

Il Torneo delle Ombre

Il sublime palazzo #Khudayar Khan ha mosaici floreali dipinti di gemme rosse, petali blu e turchesi e perle gialle. Sembrerebbe esaltare lo splendore di un epoca d'oro, ma in realtà è fumo negli occhi. Costruito nel 1870, tramonto di un khanato ormai inutile vassallo dello zar di Russia.

Quando il dodicenne Madali salì al trono nel 1821 il Khanato di Kokand raggiunse la massima espansione, ma sarebbe durato poco.

Questa è una storia di spie e trafficanti, di intrecci e intrighi, di parole segrete sussurate nell'orecchio dei re da doppiogiochisti dediti alle scortesie diplomatiche dell'orso di Russia e il leone britannico della Compagnia delle Indie Orientali.

In 170 anni di storia (1709-1876) nessuno periodo e' stato più scuro per il Khanato di Kokand come quello che lo ha stretto nella morsa dei due imperi.

L'impero britannico voleva creare uno stato cuscinetto per proteggere il "fiore della Corona" (l'India). Obbiettivo: occupare l'Afghanistan e creare una coalizione anti-russia tra i khanati esistenti. Lo Zar, dal canto suo, voleva sottomettere i khanati per estendere i suoi confini fino ad #Oriente.

Così i britannici inviarono il colonello spia Charles Stoddart dal terribile Khan #Nasrullah di #Buchara, per rassicurarlo delle azioni offensive della sua patria in Afghanistan ma senza intenzioni ostili verso Buchara. Era il 16 dicembre 1838 quando a cavallo si recò dal Khan, ma venne imprigionato.
Il colonello Stoddart aveva mancato di rispetto al Khan poiché lo aveva salutato senza smontare da cavallo, secondo l'uso militare inglese.
Venne imprigionato nella temibile cella sotterranea, "il buco nero". Una fossa profonda sei metri, infestata da parassiti e accessibile solo da una fune.

Vi rimase per tre anni mangiando e dormendo sulle proprie feci, fino a quando nell'autunno del 1841 l'ufficiale Arthur Connoly decise di far visita al Khan Nasrullah il terribile, con la speranza di ottenere la liberazione del capitano. Fu ricevuto in modo cordiale, ma quando i britannici persero misaramente contro i fieri abitanti di Kabul durante le offensive militari con 4500 soldati dei quali solo 950 erano europei, anche Connoly fu imprigionato accusato di spionaggio.

Nel giugno del 1842, sotto gli occhi di una muta folla furono condannati a morte. Il primo a perire sotto l'ascia del boia fu Soddart, mentre a Connoly fu offerto di ricevere salva la vita se si fosse convertito. Senza perdere l'onore fu giustiziato pochi istanti dopo.

Da questo tragico epilogo iniziò il conflitto sanguinoso tra il Nasrullah di Buchara e Madali di Kokand.
Il primo riportò una vittoria decisiva suggellata da saccheggio e distruzione di Kokand dalla quale neanche il giovane Khan seppe salvarsi. Decapitato sotto le lacrime di sangue della madre, la poetessa Nadira, che urlava al cielo le sue ultime parole di clisarida:

<<Oh, spregevoli Cieli, quali sono le vostre regole per causare tanto tormento?
Perché tanta atrocità e violenza contro le persone che soffrono?
Il crepuscolo...
mi ha bruciato il corpo con la fiamma della separazione.
La musa scomparve dalla mia vista,
e la luce nei suoi occhi scomparve>>

Poco dopo la Russia conquistò #Tashkent, #Khojand e infine #Kokand che divenne l'inutile vasallo dello zar col il fantoccio Khuadayar Khan, il quale spese tutte le sue energie solo per abbellire il suo palazzo.
Di quelle 600 moschee e 15 madrase che erano la ricchezza di Kokand, non rimase che cemento.
Ma siccome non sono ne' i vinti e ne' i vincitori a scrivere la storia sottraggo a Borjes e trasformo le sue parole.
Un uomo che coltiva il suo giardino.
Chi dona una parola allo straniero.
Chi di notte osserva la luna
e chi scopre con piacere una nuova etimoliga.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Chi raccoglie i colori per un tappeto.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi salva un micio dalla zampa monca (per Red)
Chi preferisce abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

#day534 Cavalli Celesti e Valle d'Oro

E' grigio il colore che dall'asfalto si alza al cielo e la bellezza si nasconde dietro le nubi di gas di paesaggi artificiali. Non tutte le strade sono belle quando la nebbia ricopre tutto, anche l'umore.
L'odore di letame che si mescola ai gas di scarico di macchine e camion, mentre come un'ombra mi trascino appesantito. A tratti invisibile a me stesso.

Ma come trovare la bellezza quando non c'e'?

A questa domanda mi ritornano alla mente le parole di un bacio perugina: "se quel che hai di fronte non e' bello, allora il tuo sguardo non presta attenzione".

Si apre lo sguardo e con esso l'anima. Risuona l'attenzione su piccoli particolari che ispirano ricchezze come solo i piccoli particolari sanno fare. Allora un auto macchiata di ruggine, trasportante sul suo dorso un peso eccessivo per le sue ruote, diventa motivo di curiosita'. Allora i cavi della luce che si perdono in prospettive infinite ricalcano quei mistici giochi di specchi nelle sale di barbiere; e le finte macchine della polizia sono un sorriso inaspettato strappato sulle ingenue labbre di un forestiero.

Ma piu' mi addentro nella valle di Fergana piu' tutto cambia: le persone ti chiamano, ti fischiano e, quando ti fermi a parlare con loro e non capisci il russo, allora ripetono le stesse parole urlando, come se il tuo problema fosse l'udito.

Chissa' se in questo modo si senti' anche quell'esploratore cinese di Zhang Qian, il padre della Via della Seta e ambasciatore dell'imperatore Wu.
Dopo undici anni di prigionia nei campi nomadi del Turkistan raggiuse questa stessa valle conquistando la fiducia dei nomadi che lo amavano e gli aprivano le porte di casa.

Allora come me oggi un Aibek gli avra' aperto le porte di casa, sorseggiando del cay caldo con i suoi amici Dilshod e Aziz mentre le stelle crescono dietro le nubi e il freddo congelava le pozzanghere. Allora come oggi, un Aziz lacrimo' vedendo l'amico straniero proseguire lontano e forse ancora oggi come allora un'anziana Lattofat lo invitava nella casa del figlio che lavorava le ceramiche dipinte a mano.

Si dice che quelle di Rishtan siano diventate famose per il santo Burhanuddin quando nel XII secolo chiamò i migliori ceramisti di Buchara e Samarcanda per arricchire la moschea della città con i più belli intarsi del regno. Da quel giorno divenne protettore di tutti i ceramisti.

Modellate con l'argilla locale, una terra talmente pura da non aver bisogno di battitura per pulirla. Al di sotto delle loro mani sapienti il tornio e' mosso dai piedi e, strato dopo strato, motivi vegetali e animali arricchiscono con simboli quella materia ancora povera di forme.

All'acqua blu si mescolano i pigmenti rossi e biondi, i fiori danno vita a simboli ancestrali prima che le ceneri lavorate diventino lo smalto ishkor, adagiato sui manufatti con morbidi pennelli di capra per dagli vita.

Questa e' la valle d'Oro che io conosco la quale penetra grandi e piccole città una dopo l'altra ognuna con una particolarità. Ci sono i sashlik di Bagdod, le ceramiche di Rishtan, i somsa di Altarik, la citta' dai sei canali. Ogni vicolo ha un puzzle etnico diversifaco, ma se c'e' una cosa che accomuna questo affollato pantheon sono gli uomini a cavallo.

I cavalli celesti

Un rombo boato rompeva il cielo e alzava polveroni sulle sabbie del deserto. Il baio dorato li rendeva invisibili confodendosi con a sabbia ma alla luce scintillavano ed una nuvola d'oro travolgeva ogni ostacolo.
E <<sudano sangue; si suppone che i loro antenati siano stati partoriti dai cavalli del cielo>>.

Gli Akhal Teke' sono cavalli nati da leggende e per questo cavalcati dai generali di Gengis Khan e donati ad Alessandro Magno. Una nuvola d'oro travolgeva ogni ostacolo sul loro cammino.
Gli scienziati sono d'accordo che i primi cavalli furono addomesticati proprio qui tra Asia e Iran.

Qui crescavano insieme alle famiglie.

Non erano solo simbolo di ricchezza o via di fuga e salvezza erano un membro della famiglia. Valevano piu' delle mogli e dei figli. Alla nascita il puledro veniva cullato dalle braccia del proprietario affinche' l'odore dell'uomo si imprimesse nella memoria del cavallo diventavando un tutt'uno. Anche quando i guerrieri morivano in battagli il destriero continuava a combattere il nemico vicino il cadavere del padrone mordendo e calciando.

La magia della storia di questi destrieri si perde nel 1865 quando i khanati di Khiva e Buchara diventarano satelliti dello zar, i quali scienziati cercarono di modernizzare il purosangue.

E quel purosangue si perse nel tempo, sopravvivendo in pochi esemplari che oggi appartengono al Turkmenistan e nessun'altro.

#day538 °°~•.•~°Seta°~.•~°°°~•


Lene carezza di un zefiro che sussurra morbido sul palmo di mano. Le nocche, usate per stringersi in pugni, si inchinano leggere e allietate, come un ricodo premuroso soffiante leggero da un'infanzia lontana. Il ricordo di una mattina, con i raggi primaverili che baciano il cuscino e cuciono i sogni di un bambino seppure vinti e destinati a svanire.

Caleidoscopiche sensazioni al flatuato tocco di seta. Cosi' difficili da seguire, floride e trasparenti. Sono un bisbiglio inaspettato, uno sguardo rubato. Sfiorata di mano e profumo di pesca.

Ed e' il centro di questa via: l'essenza è la #seta, a Margilan.

Si dice che il nome Margilan sia stato concesso da Alessandro Magno quel giorno in cui la citta' soccorse lui e i suoi soldati. Affamati dal deserto i Margiliani diedero ai stranieri pane e pollo, cosi' il Macedone, per ringraziarli, evito' di chiamare la citta' col suo nome. La chiamo' Margilan, che significa pane e pollo, in segno di riconoscenza.

La fama delle sete di #Margilan sono la conseguenza di passi di migliaia di viaggiatori.
I loro animi custodivano le conoscenze dell'India e della Cina, prendevano forma nella valle di Fergana, e le sete forgiata dalla sostanza delle nubi continuavano il loro percorso verso Roma, dove le sete, ahime', non avenvano una grande fama. La quasi invisibile raffinatezza vellutata di quella stoffa mostrava troppo del corpo di donna. Agli occhi di un romano era un tessuto indegno per una principessa e veniva indossato solo dalle cortigiane.

Ma oggi, come in passato, Margilan concentra le tecniche di tutto il mondo che e' possibile osservare nella fabbrica #Yodgorlik.

Da un unico baco di seta si genera un filamento di almeno un chilometro e mezzo. I piccoli bachi si nutrono di foglie di gelso, le quali vengono raccolte, macinate e portate nelle fattori dove i bachi crescono i loro bozzoli.

Qui un artista esperto di tinture dipinge i filamenti di seta per giustapposizioni. Con pazienza alchemica i filati vengono segnati dalla sua mano e quelli protetti da una morsa di cera d'api non verranno colorati.

Quando i fasci di filo sono colorati ed asciugati vengono portati nella sala delle donne anziane. In questa sala il ritmo a percussione viene interrotto da risa e il chiacchiericcio serpeggia tra i telai. Sembra che centinaia di persone battino sulla macchina da scrivere contemporaneamente. Le donne rimarcano la trama e l'ordito di questi fili che piano piano prendono forma. Il modo di tessere e' anche chiamato Khan Atlas e, come qualsiasi cosa lungo la Via della Seta, c'e' una leggenda all'origine del tutto.

In un tempo lontano un' anziano nella valle di Fergana tesseva la seta secondo l'arte tramandata dalla famiglia. La disgrazia si abbatte' sulla vita dell'uomo quando di tutti figli che aveva gli sopravvisse solo la figlia, la perla piu' nobile e pura che la valle avesse mai custodito in grembo.

Un giorno passo' per quelle strade il Gran Khan che non appena la vide decise che sarebbe diventata la sua quinta moglie. Ma il vecchio sapeva che essendo per l'Islam concesso avere solo quattro mogli, il destino della sua perla sarebbe stato quello di diventare una concubina.

L'angoscia che lo annichili' gli diede anche quel coraggio di affrontare il Khan, supplicandolo di lasciare la ragazza in quanto ultimo tesoro rimasto di una famiglia distrutta. Il coraggio e la disperazione colpirono il grande signore che si prese qualche attimo prima di rispondere:

<<Voi siete figli degli artisti della seta. Se mi create la veste piu' fulgida e venerabile di tutti i continenti, vi lascero' vostra figlia.>>

Passarano giorni e notti e l'uomo, umile artigiano, non sapeva cosa potesse essere cosi' nobile da essere indossato dal signore dei tartari. Ogni giorno passeggiava lungo i canali e, affranto come una farfalla senz'ali, affogava il proprio abisso sulle sponde del lago.

Per ore pensava ad una soluzione e forse, poiche' disperato e perso, confuse se stesso con i riflessi nell'acqua. L'iridiscenza sulle sue creste riflettevano un arcobaleno enorme e pareva che l'universo vanitoso si specchiasse nelle onde. <<E' questo>>, penso' <<quel disegno che nessuno tesse mai!>>

Correndo come un pazzo nel telaio si rifugio' e con l'abilita' dell'alchimista tesse quell'iridiscenza che gli parlo' pochi attimi prima. Quando porto' la veste al Khan, il silenzio di quest'ultimo fu la risposta piu' lusinghiera che la sua arte potesse ricevere. Nel ricamo c'erano le luci delle nubi, i rilievi delle montagne, i riflessi dei fiori e le increspature del lago, l'intero mondo manifesto concentrato.

La perla rimase nella sua casa e, da quel giorno indeterminato, tale arte prese il nome di Khan Atlas.

Tra leggenda e realta' quella' della seta una storia di vita e di morte. Dalla morte del baco vengono create creme di bellezza, e dalla sua vita la stoffa piu' preziose e irreale che la terra conosca.

Come un mistero dell'esistenza, qualcosa di questa stoffa rimarra' sempre un mistero...

E' la Magia della seta.

#day545 L'uomo che piantava alberi nel deserto 🌲🌲
....................Dove il silenzio e' complice

La Valle di Fergana, oltre ad avermi regalato due nuovi amici, mi ha fatto dono di un coraggioso compagno di viaggio che mi accompagna fino ad Osh, la prima città Kirghiza. Wolfgang è l'austriaco che viaggia per l'Asia e le nostre strade si sono incrociate nell'ostello di Elseva. Come due lupi ci siamo accampati da Vladimir, amico di Elseva, il quale vive come un eremita sulle desertiche sponde del lago Karkidan.

Il lago Karkidan accoglie con un freddo che attanaglia la gola, improvviso, come quegli inaspettati gesti di gentilezza che fanno sorridere. Ospitati da Vladimir confondiamo i suoi occhi allungati con un etnia kirghiza, mentre sono i lineamenti di un coreano. Un coreano dal nome russo.

La ragione per la quale un coreano si trovi in uzbekistan ha radici su una storia intricata e calpestata: Il #Novecento, meglio conosciuto come il secolo delle #deportazioni.

le migrazioni coreane nell'Oriente rosso iniziarono a meta' dell'Ottocento quando le carestie investirono l'intera Corea. Ma il colpo di grazia fu inflitto con l'annessione giapponese del 1905.
Dopo una tentata rivolta antigiapponese nel 1919 la repressione feroce dell'impero nipponico devastò le popolazioni e i flussi migratori aumentarono a dismisura.

I coreani scappati nell'Unione Sovietica godevano di una relativa libertà culturale per la quale erano autorizzati a parlare coreano e ricevere istruzione nelle scuole tecniche e scientifiche. Ma, con il deteriorarsi della situazione internazionale, la vita dei coreani si fece più difficile.

Nell'aprile del 1937 il giornale socialista "#Pravda" (Verità) accusò il Giappone di infiltrare spie tra la popolazione coreana dei suoi territori e anche il Giappone, dal canto suo, considerava i coreani inaffidabili. Martoriati da entrambi gli imperi seguirono le deportazioni di massa. Stalin e Motolov ordinarono che tutti i coreani di confine furono trasportati in Uzbekistan e Kazakistan. 172000 anime accatastate come pecore in vagoni stretti e gelidi. Molti morirono per malnutrizione e mancanza di un'assistenza medica, i piu' fortunati trovarono lavoro nelle risaie.

Solo nel 1949 terminò la repressione seppure, alla morte di Stalin (1949), rimase probito l'uso della lingua coreana a scapito di una stretta russificazione etnica.

Il 38° parallelo oltre ad unire su di una linea invisibile lo Stretto di Messina, Atene, Smirne e l'Andalusia, ad Asgabat, San Francisco e le Isole Azorre, divenne negli anni '50 la linea di demarcazione tra #CoreadelNord comunista e #CoreadelSud filo-americana, epicentro della Guerra Fredda.

Forse è per questo che anche dopo il collasso dell'impero sovietico i coreani russificati decisero di rimanere nel territorio rosso. Ormai figli di nessuno, orfani di una terra divisa.

Il nostro Vladimir nasceva nel 1949. Sulle linee allungate del suo volto vi è inciso il solco di questa storia. Un coreano uzbeko che si chiama Vladimir cammina con la calma di un eremita e il quale con laboriosa cura e diligenza pianta alberi nel deserto. Per commemorare i suoi due ospiti europei ci fa piantare dei piccoli abeti che prendono il nostro nome. E poi ci mostra quelle foto sbiadite, incenerite, di un ragazzo che era, militare per un regime che ha stremato i suoi famigliari.

E oggi, la terra della quale si prende cura è come una reliqua preziosa e delicata, emblema di una vita che abbandona dietro se lo strascico di un'era di violenza.

Dall'incontro con Vladimir e il nostro discutere con parole mute, dal suo piantare alberi nel deserto con gesti pieni di significato, penso a quello che sta accadendo nel mondo. Dai roghi dell'Amazzonia e dell'Australia, al giorno della Memoria dimenticata a Cuneo deviando verso il virus che appare in Cina.

Ogni silenzio sulla questione è il carnefice che sta appassendo questo giardino fiorente, minuscolo puntino della Via Lattea.

La notte non riesco a dormire perché mi affollano domande:

Cosa succederebbe se..
Se tutta la realtà bruciasse in un rogo immenso,
saremo ancora pronti a riconoscerne il dolore?
Il dolore, tra gli elementi, è quello più umano
e se tutta la realtà bruciasse in un rogo immenso
mireremo piu' il cielo nelle acque del lago?

Forse non ci meraviglieremo più delle cime dei monti
e non danzeremo come nubi suonate dal vento.
Dimenticheremo il nome delle stagioni
e non sapremo riconoscere più i colori dell'arcobaleno.

Se tutta la realtà bruciasse in un rogo immenso
confonderemo i fumi degli inceneritori
con il grigio delle foreste che scompagliono,
e la riluttanza dei colori
sara' la grigia memoria che respiriamo.

Se tutta la realtà bruciasse in un rogo immenso
riempiranno i nostri umori le morti dell'atmosfera,
poiché vivendo in un mondo contaminato
inconsapevolemente siamo infetti dalla stessa triste sequela.

# day548 La banda dei Lupi - riti di passaggio

Lasciavamo i raggi illuminare le finestre della casa sul lago Karkidan al mattino presto. Dirigevamo i nostri passi verso l'ignoto come ombre che levandosi al mattino non sanno dove si spegneranno al tramonto.

Pellegrini avanzavamo tra le steppe incespugliate riscendendo per canali lastricati e catturando gli sugardi luminosi di contadini e capre. Difficile dire chi, tra le due speci, fosse il piu' sorpreso.

Dopo tanto tempo, riscopro quanto sia bello camminare con qualcuno. Una fatica condivisa alleggerisce il peso dello zaino e da sputi di parole germogliano riflessioni che diventano metafisiche.

Come i paesaggi che attraversano i nostri sguardi variano i discorsi. Racconti di viaggio, di pericoli scampati, di piccoli grandi azioni quali ricambiare il sorriso allo sconosciuto. Riscoprendosi negli sguardi, i sorrisi divampano come raggi che scaldano anche la notte.

Conosco meglio il dottor mont. Wolfgang Lämmerer, laureato in processi minerali in una delle università più prestigiose d'Austria.

<<Dunque lavori come ingegnere?>> chiedo.

<<No!>>

<<Perche' non ti piace quel lavoro?>> insisto.

<<Ho l'impressione che l'intera evoluzione umana non voleva farmi finire seduto su una sedia... Si, sono laureato, dottore, premiato, ma ho deciso di tornare a vivere i miei boschi, a contemplare le montagne in silenzio con le mie trenta vacche rivestendo il nome col quale sono conosciuto nel nostro villaggio Bochsbichlev (cocciuto come il colle)>>

Più cammino con Wolf, più cresce la mia ammirazione nei suoi confronti, ed e' lieve il cuore, per questa sua conclusone. Ha sfaldato le crepe di ogni certezza pur di ascendere al centro della sua volontà. Miro nelle sue scelte l'intero itinerario di una specie difficile da qualificare: umano.

I nostri passi si sincronizzano. Vaghiamo come specchi che confondono il passato e il futuro con le scie dei nostri affanni.

Attraversiamo il coro degli uccelli, il fluire dei ruscelli, i passi affondano nel fango e scivolano sull'erba. L'odore di nebbia e il cielo si apre. Pare che gridi l'armonia dell'aria e danzano le foglie.

Vaghiamo come specchi con zaini, composti da anima e sostanza, trasportati in un tempo che vola come uno schiocco, stemperandosi la sera, le nostre ombre si spengono nel paese di Marhamat.

Freddo e pioggia. Accatastiamo gli zaini sulla parete maiolicata di una cucina informale. Nei piatti affogiamo la fame.

Poi un messaggio non piu' sperato. Elsevar ci mette in contatto con l'amico di un suo zio, ormai troppo anziano "per accoglierci come si deve".

Un uomo con un cappello di capra ci viene in contro. Khaddir-Ben esaudisce i desideri nascosti nei cuori di chiunque: riposare un negozio di immobili, su materassi impacchetati... Sogno avverato.

Mattino. Un tumultuoso suono di trombe sveglia il sonno d'incanto. Le percussione annunciano un matrimonio. Encora non mi capacito come sia possibile partecipare a tre matrimoni in due giorni. Eppure...

Un Jamal incontrato per la via insiste nel renderci ospiti principali dell'evento. Siamo testimoni di ogni scena.

La madre disperata che piange per la dipartita di una figlia. Di lei rimarrà solo il ricordo di una bambina cresciuta tra le sua mura. Ma e' nel ristorante che ci sarà il cambio di status.

Ristorante lussuoso seppure disperso in un paesino senza nome. La giovane sposa non parla con nessuno. I suoi gesti sono ritualizzati ed e' ricoperta da un'aria sacrale. Inchini geometrici accompagnano la sua trasformazione e ad ogni inchino i presenti rispondono con delicata volutta.

Sul tappeto bianco steso di fronte ai novelli ognuno degli invitati lascia con orgoglio generose offerte. Prosperità, opulenza, abbondanza, simboli di augurio per un futuro florido.

A turno amici e famigliari prendono il microfono augurando ai novelli ogni bene. Segue la danza. Si avvicinano tutti presenti lasciando ulteriori offerte che i danzatari porteranno agli sposi.

Con queste usanze, cosi' curiose ai nostri occhi, salutiamo definitivamente l'Uzbekistan dove tra chi ospita e chi e' ospite va creandosi un'armonia perfetta. Come un cerchio che si chiude sulla sua stessa coda e che si accorda ad una storia passata e ad una che ancora vanta la libertà di non essere stata narrata.

Ahyr Uzbekistan,

Nel cuore ti porto come mi hai colto.

Vi ricordo l'intento del mio viaggio!

Con la fatica e l'infinita bellezza di un viaggio a piedi tra gli uomini, utilizzando la più moderna tecnologia digitale, sono partito da Venezia (in realtà da Napoli! :-D) e voglio arrivare a Zhoukoudian, dove sono stati scoperti i resti dell'Homo Pechinensis, risalenti a 750.000 anni fa.

Il mio vorrebbe essere un viaggio alle radici della nostra storia, diretto verso il futuro, e ce la sto mettendo tutta!!


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Grazie di cuore a tutti voi che seguite!!