Riflessioni per Nutrire l'Anima

Spiritualità & Filosofia

Riflessioni per nutrire l’anima

2018-12-17 09:58:33

Sono convinto che alla base della serenità di una persona ci siano tre azioni che esercitate da terzi possono concorrere a fare la differenza…

Alcune estati fa, mentre solevo fare una camminata recitando il Rosario, prassi che utilizzo spesso al mattino perché mi rilassa, dicono infatti che la preghiera più antica popolare rivolta alla Madonna funge da calmante e tonifica lo spirito, mi sono soffermato nell’esaminare le tre invocazioni all’Agnello di Dio dopo le litanie alla Madre di Dio:

“Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, perdonaci Signore;
 Agnello  di Dio che togli i peccati del mondo, ascoltaci Signore;
 Agnello  di Dio che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi“


E’ stata una illuminazione, e mi sono detto chiaramente: “qui ci sono le tre condizioni che rendono libera una persona”.

Ricevere il perdono

E’ secondo me la dimensione più bella. E’ noto che nella nostra vita apprendiamo per tentativi ed è facile provare senso di colpa per qualcosa che non siamo riusciti a fare. Di solito in  noi alberga un forte giudice che ci opprime. Ora se dall’esterno arriva un gesto di comprensione “per dono“, in modo gratuito, la nostra persona si rassicura e prende di nuovo fiducia in se stessa.


A tale proposito ricordo volentieri la parabola del “figlio prodigo“ o “il Padre Misericordioso” che si trova nel Vangelo di Luca  al capitolo 15 versetti 11-32:

“Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio.Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si getto al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a dar festa…”

Il giovane decide di fare di testa propria, di gestire in prima persona il proprio patrimonio, cosa legittima, ma invece di valorizzare i propri talenti, sperpera tutto, non riesce nell’intento. Ecco che in lui affiora il suo giudice interiore che lo invita a tornare a casa, con umiliazione, e ricoprire il ruolo di servo pur di sopravvivere. L’accoglienza del Padre che gli va incontro, è un gesto inatteso, non sperato, un vero dono che ridona al giovane piena legittimità.

Essere ascoltati

Ritengo che farsi ascoltare sia il bisogno più grande nella vita di ciascuno di noi. Abbiamo una necessità impellente  di essere ascoltati, senza giudizio sulla nostra persona, per essere accettati.

Trovare un confidente, un padre spirituale, un professionista che ci ascolti è di vitale importanza.

Quando parlo ai miei clienti uso la metafora del palloncino:

“noi siamo come dei palloncini che si gonfiano di tutte le incomprensioni che riceviamo lungo il percorso, per cui è importante sgonfiarsi, con una certa periodicità, per non incorrere in spiacevoli esplosioni di rabbia”.

 

Ricevere piena comprensione

Così traduco la frase “ricevere pietà”. E’ la dimensione più profonda del disagio riparato. Quando ci sentiamo abbandonati, lasciati a noi stessi provare compassione per il “nostro bambino interiore” è sicuramente una buona partenza. Per far questo ci dobbiamo far seguire da persona esperta perché non è una fase automatica del nostro vivere interiore.

In alternativa, provare pietà per il nostro prossimo è una buona prassi per imparare ad essere comprensivi verso noi stessi.

Ai miei clienti consiglio di fare del volontariato perché in questo modo possono fare esperienza.

Aiutando i più disagati nella difficoltà prendiamo le distanze dalle nostre “manie di perfezione”, dalle nostre “fissazioni” e impariamo ad “accettare con ironia” la nostra vita e quella degli altri.

Quando veniamo pienamente compresi e aiutati in modo amorevole esplodiamo in un sorriso compiaciuto e questo atteggiamento l’ho scoperto nei meno fortunati quando, allo sportello Caritas della nostra parrocchia riusciamo a dare un lavoro: “la persona entra in sacrestia e il suo volto sorridente illumina tutta la stanza, anticipa la notizia verbale della dimensione lavorativa ritrovata”.


Auguro a me stesso e a voi di nutrirci di queste tre dimensioni perché non sono scontate e comunque necessarie per stare bene con noi stessi perché “non siamo una macchina perfetta, ma possiamo diventare migliori grazie all’amore di chi ci sta accanto e ci vuole bene”

Un caro saluto a tutti.
Antonio

 

by Antonio Masoch