Alessandro Rebuscini

"Est modus in rebus".

"OSU" IL TERMINE USATO DA CHI PRATICA KARATE!?

2020-06-19 14:25:01

Il termine "OSU" o "OSS" è conosciuto da quasi tutti i praticanti di karate ed assume svariati significati. Ma sappiamo quello che stiamo dicendo?! Cosa significa questa parola? Qual'è la sua storia? In che contesto si è sviluppata? Originariamente era legata al mondo del karate? SCOPRIAMOLO!

UTILIZZARE O NON UTILIZZARE IL TERMINE "OSU"/"OSS"?

Se chi sta leggendo queste parole è un praticante di karate, sono quasi sicuro al 100% che avrà sentito pronunciare, ed avrà pronunciato lui stesso, questo termine innumerevoli volte durante il corso del tempo passato a praticare quest'arte marziale.


Infatti anche io, prima di conoscere il karate di Okinawa, ho sempre utilizzato questa parola che mi è stata insegnata a partire dalla prima lezione a cui ho partecipato e che mi ha accompagnato durante anni di pratica fungendo da "passe-partout" in qualsiasi situazione che ho vissuto legata alla pratica della disciplina.


Questo termine viene usato per salutare i presenti quando si entra nel dojo o nella palestra, si usa per confermare di aver capito quanto viene spiegato dal maestro oppure dagli altri praticanti, si usa per ringraziare dopo una correzione ricevuta e si usa anche come segno distintivo e di appartenenza con altre persone che condividono la stessa passione. 


Quelli elencati sopra sono solo alcuni tra i vari significati che questa parola assume ma sicuramente sono i più comuni.


Mi sono sempre chiesto cosa volesse dire questa parola che utilizzavo per dire tante cose diverse e quindi ho iniziato a fare alcune ricerche online per capirne di più. 


"Lo so, ho un brutto difetto, non mi piace ripetere come un pappagallo le cose senza sapere cosa sto dicendo o facendo".


Dopo le ricerche che ho avuto modo di eseguire, tutto mi è sembrato più chiaro anche e soprattutto perché come accennato ad inizio articolo, ho avuto la fortuna di conoscere il karate di Okinawa, riuscendo anche a realizzare il sogno di recarmici, ed constatando che in quell'isola i praticanti di karate non utilizzano il termine protagonista dell'articolo.


Come mai quindi tutti i karateka del mondo utilizzano il termine "OSU" e ad Okinawa dove quell'arte si è sviluppata quel termine non viene utilizzato ed anzi non è visto sotto una luce positiva?


Partiamo dal significato di questo termine utilizzando un vocabolario:


Ho utilizzato un vocabolario che consente di tradurre diversi termini provenienti non solo dalla lingua giapponese ma anche da i vari dialetti. Il dizionario online è https://www.jlect.com/.


Il termine in questione rappresentato dai seguenti kanji おす, è stato dato il significato di "resistere spingendosi al limite" anche se presi singolarmente i kanji indicano:

.お (O) sta per spingere, premere fisicamente ma anche psicologicamente fare pressione a qualcuno;

.す (SU) sta per resistere ed assicurarsi.


Quindi possiamo dire che questo termine ha lo scopo di identificare un preciso modo di praticare l'arte marziale. Per riuscire a fare propria queste caratteristiche sia nel fisico che nella mente secondo questo concetto bisognerebbe allenarsi in maniera dura, severa e cercando di resistere anche al dolore ed alla fatica rimanendo impassibili. 


Questo termine inoltre viene usato per esprimere massima fiducia nei confronti del maestro. Fiducia che in alcuni casi non consente di valutare quello che viene insegnato, accettando per buono e veritiero tutto ciò che viene trasmesso all'allievo.


Può nascere spontanea una domanda, ora:


se questo termine non è utilizzato ad Okinawa e quindi non è cresciuto insieme alla pratica del karate, quando, dove e perché questa parola misteriosa ha iniziato ad essere utilizzata?


Secondo il ricercatore Andreas Quast (qui il link di collegamento al suo blog), il termine in discussione è nato in un preciso contesto storico nel quale la cultura giapponese cercava di affermarsi a livello mondiale. 
Una strada per fare questo, venne rappresentata dalla fondazione nel 1895, della "Dai Nippon Butokukai" ovvero la "Società delle Virtù Marziali del Grande Giappone".  Attraverso questa associazione il Giappone voleva dimostrare lo spirito del popolo giapponese promuovendo il "bujutsu" ovvero le arti marziali tipiche del Sol Levante.


P.S.Il karate per entrare a far parte di questa associazione, nel 1933,  subì diversi cambiamenti per rispettare alcuni requisiti posti in essere dal budo giapponese. Queste modifiche lo snaturarono ed impoverirono da una parte per arricchirlo da un'altra ma in ogni caso il karate che si sviluppò successivamente sul suolo giapponese era diverso da quello ancora praticato sull'isola di nascita.
Nel 1905 venne istituita, a Kyoto, la Senmon Gakko, ovvero una scuola specializzata nella diffusione delle arti marziali e dei suoi valori. In questa scuola venivano formati istruttori di arti marziali, prevalentemente di kendo e judo. Attreaverso questa scuola voluta sempre dalla Dai Nippon Butokukai, si cercava di trasmettere lo spirito del samurai. Oltre alle arti marziali in questo luogo venivano insegnate la letteratura cinese e la lingua giapponese.
In questa scuola potevano essere ammessi solo maschi e la pratica delle arti marziali seguiva rigidi schemi di insegnamento che vietavano lo studio di pratiche diverse d quelle proposte alla classe di riferimento. Inoltre gli scontri tra i praticanti erano molto cruenti e non erano rari incidenti.
Gli allievi che non rispettavano a pieno le regole imposte dalla scuola venivano anche fisicamente puniti o nel migliore dei casi dovevano subire prediche lunghe ore restando seduti sulle ginocchia.
Tra gli anni venti e gli anni trenta del 1900, le arti marziali crebbero insieme ai valori ultra-nazionalisti portati avanti e diffusi anche dal militarismo, dall'imperialismo e dal colonialismo che durarono fino al 1945 quando il Giappone venne sconfitto durante la Seconda Guerra Mondiale.
Secondo l'autore quindi il termine "OSU" o "OSS" è nato e si è sviluppato all'interno di questa scuola, nel contesto bellico tipico della prima metà del XX secolo e rappresenta oggi un residuo di un' ideologia nazionalista, militaresca, megalomane e maschilista
Ci sono anche altre teorie sulla nascita di questo termine, 3 in particolare sono le più accreditate, in ogni caso tutte hanno in comune uno sviluppo avvenuto lontano dalla terra che ha originato il karate. 


Se volete approfondire queste altre teorie potete trovare un articolo, molto interessante, scritto da Jesse Enkamp il "Karate Nerd" più famoso di Internet, nel quale troverete molte curiosità in merito.


Ora che, sono sicuro, conoscete qualcosa in più di questo termine rimane a voi la scelta se continuare ad utilizzare una parola ambigua che in realtà ha poco a che fare con la storia del karate, oppure sostituirla con quelle classiche parole di utilizzo comune che vengono utilizzate anche ad Okinawa.


Ad esempio quando si entra e si esce da un dojo, ci si limita a dire in giapponese "buonasera", "buongiorno", "ci vediamo domani".


Quando invece dovete annuire, dire che avete capito, che siete pronti potete dire un semplice "hai" che vuol dire "si", "si ho capito", oppure potete semplicemente annuire in silenzio, che non è mai una brutta idea.


Per ringraziare potete dire semplicemente "grazie" ovvero "arigatou" oppure "arigatou gozaimashita".

Ultima precisazione:


Il video che ho inserito come copertina di questo articolo, illustra brevemente la storia della fondazione dell' Università di Keio che per il karate ha rappresentato un'importante luogo di diffusione in quanto il Maestro Gichin Funakoshi, padre del karate della scuola Shotokan, vi ha insegnato.


La connessione con il tema trattato dall'articolo e questo video, sta nel fatto che è proprio negli ambienti universitari che probabilmente, il termine che abbiamo analizzato, si è sviluppato.


Vi ringrazio per l'attenzione che mi avete dedicato e spero di non avervi annoiato con troppe parole. 


Mi sto allenando, ma il dono della sintesi per ora non l'ho ancora "posseduto".


Quello a cui tengo maggiormente però è il condividere con voi quello che so e mi auguro che questo sapere possa tornarvi utile.


Ci ritroviamo nel prossimo articolo...



by Alessandro Rebuscini