Trasforma un’esperienza difficile
Perché le persone disponibili diventano invisibili
Sempre più frequentemente mi viene chiesto aiuto per elaborare sensazioni di rifiuto vissute da persone accomodanti e disponibili. Alcune riflessioni e suggerimenti.
L’invisibilità delle persone disponibili o accomodanti è una realtà che conosco molto bene e, negli anni, ho imparato a convivere e a gestire quello che, spesso, diventa un problema emotivo pesante.
Nell’ultimo anno ho aumentato considerevolmente la mia attività di coaching, in particolare con l’I Ching, e di supporto nella gestione delle esperienze difficili: una delle problematiche che mi vengono presentate sempre più frequentemente è la sofferenza di essere disponibili, verso la famiglia, gli amici, o in un gruppo di lavoro, e sentirsi disconosciuti, invisibili.
Ovviamente parlo di vera disponibilità, sento la sofferenza di chi mi racconta, la sensazione di solitudine, abbandono, rifiuto, che non di rado porta al crollo dell’autostima o alla rabbia e al rancore, o entrambe.
Le riflessioni e considerazioni che ne conseguono sono molte, e forse non riuscirò ad esprimerle in maniera ordinata e logica: su questa innegabile realtà problematica urlano il cuore e la pancia, e il cervello della testa fatica a razionalizzare. Ma confido che questo articolo sarà comunque un piccolissimo, ma utile, conforto o contributo.
Ci sono diverse motivazioni per cui una persona mostra la più totale disponibilità:
- amore verso le persone del gruppo, e questo accade prevalentemente in famiglia o con gli amici
- disinteresse più o meno totale, della serie “mi va bene tutto perché non me ne frega niente”: situazione non rara sul lavoro
- bisogno di essere amati, speranza che la disponibilità porti, in cambio, affetto e accoglienza, accompagnato o meno da carenza di autostima. Questa è una situazione di comportamenti reiterati che si può manifestare in ogni ambito, spesso complessa da affrontare
- convinzione verso il bene comune, privilegiando l’interesse del gruppo rispetto al proprio. È la situazione problematica più frequente, e più devastante poiché quando la motivazione è questa e il gruppo, o qualcuno del gruppo, ci fa sentire invisibili si subisce un tracollo sia al livello di identità che di vision, e la ricostruzione di questi livelli insieme è davvero complicata.
Cerchiamo anche di comprendere cosa significa invisibilità e quali comportamenti del gruppo o di membri del gruppo scatena l’impressione di essere invisibile nella persona più disponibile.
Inizio questo tema invitandovi a vedere il bellissimo monologo di Nicole Johnson La donna invisibile. Qui si parla di famiglia, di sacrificio e di Dio. Non concordo sul termine sacrificio, e credo più nella religiosità che nella religione, ma ho trovato questo monologo assolutamente affascinante ed illuminante.
E torniamo all’argomento dell’articolo, parlando del mondo del team working, della collaborazione, dei progetti condivisi… identificando alcuni dei comportamenti che inducono i partecipanti più disponibili del gruppo a sentirsi invisibili, poi farò alcune riflessioni sul perché, sulle conseguenze e su qualche possibile rimedio.
Comportamenti per l’invisibilità
- Si prende una decisione insieme e l’invisibile ha accettato la decisione del gruppo. Pochi giorni dopo arriva la comunicazione che la decisione è stata modificata senza minimamente consultare l’invisibile, che riceve solo l’annuncio del cambiamento
- Durante un incontro, l’invisibile dice qualcosa, e non viene considerato oppure viene contestato, o zittito. Passano pochi istanti, e qualcun altro fa la stessa considerazione, ricevendo attenzione, complimenti e piena partecipazione
- Si condividono problemi o criticità, e ogni membro del gruppo ottiene aiuto, supporto, attenzione, ma non l’invisibile, e cui magari si chiede anche di dare aiuto o supporto ad altri
Ti sei mai trovato in situazioni simili? Ovviamente sto descrivendo solo la punta di un iceberg, ci sono molti altri comportamenti che fanno sentire invisibili.
Perché avviene tutto ciò?
La risposta più istintiva è considerare che… tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare (spesso un enorme oceano). Si parla di vision condivisa, Lean e Teal organisation, team working, condivisione, ma quello che domina è sempre l’egoismo.
Credetemi, per quanto istintiva la risposta non è l’unica e, spesso, non è neanche una risposta valida: esamina solo una parte della situazione.
- L’invisibile è spesso una persona che cerca di essere forte e di risolvere i problemi, propri e altrui. Non chiede aiuto: fa proprio fatica a chiedere aiuto. Altri fanno della propria fragilità un’arma potente, chiedono aiuto e supporto, ma non l’invisibile. Il fragile di mestiere, il fragile per opportunismo, fa sentire forti e potenti gli altri. L’invisibile può arrivare a trasmettere agli altri un messaggio di non utilità.
- L’invisibile tace, spesso e a lungo. Poi non ne può più e sbotta, anche malamente. Chi più chiede, più frequentemente si lamenta, ottiene attenzione e considerazione, almeno in una certa percentuale di casi. E se l'invisibile esplode, la risposta più comune è “non ti sei mai lamentato, quindi pensavo che ti andasse tutto bene. Cosa vuoi adesso?”
Con questi esempi, e ce se sarebbero altri, non voglio certo affermare che l’invisibile è colpevole della propria invisibilità: non ci sono colpevoli o, in ogni caso, cercarli e persino identificarli è completamente inutile.
Che fare, dunque?
Ci sono diverse soluzioni e suggerimenti, ma li rimando ad un prossimo articolo: in fondo questo è un articolo, non un libro. Alla prossima puntata!