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Archetipi a confronto: ancora il Martire

2021-12-31 13:47:34

Una frase frequente, rivolta al paziente: Devi vivere… per i tuoi cari e abitudini di pensiero, modelli mentali, analoghi ripetuti ai familiari. 

Frasi e concetti che lavorano sull’archetipo del Martire. 

Contesto! E ti racconto perché.

Guardiamo la situazione dal punto di vista del paziente. 

È ovvio che amare, ed essere amati, dà un forza immensa.

Ciò che dà forza, coraggio, felicità, è una risorsa, un supporto, una motivazione, un aiuto alla vita.

Trovare e accedere alle proprie risorse è una parte importante, direi essenziale, del processo di cura (nei miei corsi e nei miei percorsi di mentoring dedico parecchio tempo alle risorse).

Una risorsa!

Il suggerimento che, invece, viene spesso offerto al paziente (devi vivere per i tuoi cari, i tuoi cari hanno bisogno di te…) è un fortissimo richiamo all’archetipo del martire.

In pratica, almeno per quanto percepisce l’inconscio o, se preferite, il cervello della pancia, è come comunicare che la vita è utile e vale la pena di essere vissuta in virtù di quanto siamo utili agli altri che, per quanto ci amino, sono sempre esterni. Invece di potenziare nel paziente l’amore e la cura per se stesso, lo si sollecita a dedicarsi agli altri.

Per importanti motivi (che ti racconto tra poco) quando il tumore è toccato a me avevo già ragionato molto proprio su questo, al punto che, quando lo psicologo è caduto su questa banalità (trova il coraggio di reagire alla malattia, devi vivere perché tuo marito, tua sorella, i tuoi nipoti, hanno bisogno di te) ho reagito malissimo. Con non poca aggressività, che in me è molto rara, ho dichiarato che se dovevo vivere per gli altri, tanto valeva morire. Era il momento di trovare talmente tanto amore per me stessa e per la vita da riuscire a sopportare operazioni e cure. 

Devo ammetterlo: il mio psicologo è un uomo fantastico. Mi ha capito, e abbiamo iniziato un diverso approccio.

E il caregiver?

Il concetto che il malato debba essere incentivato a vivere, salvato, dall’amore dei suoi cari e per i suoi cari è profondamente radicato: fa parte delle frasi fatte e delle banalità che si ripetono spesso.

Io l’ho sentito ripetuto molte volte e, soprattutto, l’ho sentito da bambina. Peccato che mia madre fosse morta, di cancro, quando avevo meno di tre anni. Ho vissuto questo concetto come se io non fossi stata abbastanza per far vivere mia madre, e si è rapidamente trasformato nella convinzione di inutilità e di non essere, in assoluto, abbastanza.

Quando ho cominciato a capire, e a lavorarci su, ho anche “indagato” e scoperto che per molti la convinzione che il malato potesse vivere per i suoi cari aveva creato spaventosi sensi di colpa, inutilità, fallimento.

Inoltre anche il caregiver viene incentivato a coltivare l’archetipo del martire: se mi dedico totalmente al paziente che amo posso farlo vivere. Chi si prende cura, chi ama un paziente, si ritrova così a cancellare la sua stessa vita in una totale dedizione. 

Non vado oltre. 


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