Una Storia veneta. L'avventura di Dino Boscarato

Founder Junior

7- Ristoranti ai Molini. Riprende il racconto di "Una storia Veneta"

2020-05-05 13:16:05

Racconto di una storia della ristorazione veneta. Continua l'avventura di Dino Boscarato, cadorino di nascita, tra coloro i quali hanno ha scritto la storia della ristorazione veneziana e italiana alla fine del secolo scorso con la trattoria dall'Amelia di Mestre. Oggi racconta i "Molini" di Mirano.

Dino Boscarato, ristoratore veneto

Continua la storia di Dino Boscarato, che dalle montagne del Cadore e di San Viglio di Marebbe scende in terraferma, nel 1961.

Ma prima di raccontare la storia dell'Amelia, in questa sua autobiografia ("Una storia Veneta") narra l'avventura dei Molini di Mirano, rilevati nel 1976 e poi ceduti nel 1988, prima di avventurarsi nell'acquisto di tre locali a Venezia.


Nella foto in copertina vedete il ristorante "El Tinelo dei Molini", un piccolo gioiello incastonato nella campagna veneta, sulle sponde del fiume Muson, che è rimasto aperto dal 1976 al 1988 conseguendo alcuni importanti riconoscimenti gastronomici dell'epoca (vittoria al Fogher d'oro, inserimento nella guida Michelin, ...)

«I Molini sono stati aperti nel 1976… Il locale funzionava molto bene, con una formula nuova: venivano serviti antipasti a scelta, poi offrivamo un menu a prezzo fisso, e lavoravamo in modo spettacolare.»

  

Anche se cronologicamente viene prima, vorrei tenere l’Amelia per ultima e parlare prima invece dei Molini a Mirano, di Albarella nel Delta del Po e del centro storico di Venezia, tre iniziative prese nel periodo in cui avevo l’Amelia già ben avviata (oltre alla lavanderia, di cui ero socio con il signor Maschietto e Villa Soligo, dove ero socio con Alain Messegué).


I Molini sono stati aperti nel 1976. Era un locale molto ben articolato nel centro di Mirano, con il fiume Muson che scorreva proprio sotto il locale, ricavato da un mulino del quindicesimo secolo. C’era la pizzeria, una grande sala da pranzo al piano di sopra e il salottino sotto, cioè il “Tinello” che doveva diventare il gioiellino dei Molini, era infatti la mia ambizione per le “due stelle”. La gestione era partita bene, perché con la collaborazione di Giovanni Gallinaro era stata data una bella impostazione a tutto il lavoro.


Il locale funzionava molto bene, facevamo una gran quantità di lavoro con una formula nuova: venivano serviti antipasti a scelta, poi offrivamo un menu a prezzi fissi, e lavoravamo in modo spettacolare. Devo dire che il locale si prestava molto per banchetti e matrimoni, e qualche sabato o domenica siamo arrivati a fare addirittura dieci matrimoni in due giorni. Il suo limite era che funzionava sì, ma purtroppo solamente durante le festività e il fine settimana. Gli altri giorni c’era una gran fiacca, mentre la paga del personale correva comunque. I Molini, insomma, non riuscirono a decollare economicamente perché tutto quel molto che guadagnavamo il sabato e la domenica ce lo “mangiavamo” dal martedì al venerdì.


Dei Molini ricordo molto bene, e per un buon motivo, l’inaugurazione. In quell’occasione c’erano circa mille persone, avevamo preparato vari buffet nelle sale e ogni spazio era stracolmo. Serata indimenticabile dicevo, perché alle dieci e mezzo, in piena festa, una telefonata anonima annuncia che nel locale c’è una bomba. Per fortuna in quel periodo c’era a comandare la stazione dei carabinieri di Mestre mio cugino, il capitano Sergio Boscarato, ospite a cena quella sera.

Appena ho ricevuto la telefonata l’ho chiamato e insieme siamo rimasti d’accordo che il momento era un po’ pericoloso, ma che poteva trattarsi di uno scherzo. Così abbiamo aspettato ancora un po’ che la festa andasse avanti. Alle undici e un quarto, un’altra telefonata dice: “Guardate che non è uno scherzo, le bombe scoppieranno di sicuro”. Sergio ha detto: “Guardiamo sotto i tavoli!”, ma io gli ho fatto notare che se cominciavamo a guardare sotto i tavoli succedeva un terremoto: c’erano 500-600 persone accalcate, solo a dire Forse c’è una bomba, uscite, facevamo scoppiare qualche guaio.

Abbiamo tenuto duro, la gente se ne è andata via tranquilla, lui nel frattempo aveva organizzato delle pattuglie di carabinieri che fossero pronte per l’aiuto in caso di necessità, e la serata è passata indenne. Lo sapevamo solo io e lui, neppure la Mara era stata avvisata, e all’una, quando gliel’abbiamo detto e abbiamo bevuto una bottiglia di spumante per distendere i nervi, io e Sergio eravamo estenuati. Io, se scoppiava una bomba, dovevo ricostruire tutta la mia vita perché non ero neanche assicurato, e a Sergio saltava la carriera.


«…e io mi sono trovato a dover tamponare la situazione gestendo i quattro ristoranti dell isola di Albarella.»


(segue...)