Una Storia veneta. L'avventura di Dino Boscarato

Founder Junior

6- Una storia veneta. Voglia di fare festa e ospiti illustri.

2020-03-04 19:56:54

Continua "Una storia veneta" con il racconto della voglia di divertirsi e di svago, tangibile. Ospiti illustri, Fred Bongusto, Toti dal Monte, le ex-tempore di pittura con Virgilio Guidi, Cadorin, i pittori della scuola di Burano, feste di Ferragosto e il risotto "alla beduina".

Un’altra esperienza che mi ha di certo preparato alle future imprese è stata quella dello Chalet a San Vito di Cadore. I miei fratelli, allora, gestivano gli alberghi, mentre io volevo fare qualcosa di indipendente. E quindi ho cominciato a guardarmi in giro per trovare un’occasione che mi soddisfacesse. A San Vito, in quegli anni, c’era un locale che lavorava il sabato e la domenica (frequentato anche da incalliti bevitori). Si chiamava Chalet e io l’ho preso in gestione pensando di farlo funzionare tutti i giorni della settimana, e introducendovi qualche novità.

Come ci sono entrato e ci ho messo le mani, pian piano è diventato più “frequentabile”, non dico raffinato, però con un suo carattere evidente, tanto da diventare piuttosto famoso nella zona. Addirittura, negli ultimi anni, batteva per notorietà il Cristallino di Cortina, e ha costretto alla chiusura un club a San Vito che si dava tante arie. Per un po’ di tempo ho continuato a lavorare su due fronti, allo Chalet e in albergo a San Vigilio. Una vita veramente dura perché lasciavo lo Chalet verso le tre-quattro del mattino, mi mettevo in macchina e andavo a San Vigilio per organizzare la giornata. Durante il viaggio mi veniva sonno, e allora fermavo la macchina ai bordi della strada e facevo un pisolo; poi via di nuovo e ancora una sosta più avanti: una sofferenza. L’ho fatta per quasi due anni questa vita, poi abbiamo venduto l’albergo e tenuto lo Chalet, che andava fortissimo.

Lo Chalet era un locale diversificato dove c’era il tennis, la pesca sportiva, il noleggio di barche sul laghetto, il ping pong e altre attività tipiche di un posto di villeggiatura. Un mix abbastanza popolare, se ci penso. Con, in più, un vero jolly da giocare, quel laghetto, molto grazioso, che era però problematico perché spesso si riempiva di alghe che ci toccava raccogliere con il rastrello dalla riva. Era veramente faticoso tenerlo un po’ in ordine, però senza manutenzione sarebbe diventato impraticabile e brutto.

Comunque, lo Chalet pian piano diventò “in”, perché l’avevo arricchito con orchestrine che suonavano pomeriggio e sera, e con le nostre attrazioni divenne un posto dove la gente si incontrava volentieri, non solo i paesani ma anche i turisti naturalmente. Avevo anche organizzato un allevamento di trote, che mi ha dato delle grosse soddisfazioni. Comperavo gli avannotti e li facevo crescere in vasca, fuori stagione, nutrendoli con il mangime. In stagione, poi, vendevo le trote fresche e guizzanti o le immettevo nel laghetto dove si potevano pescare a pagamento. Naturalmente finivano anche sulla tavola dei nostri clienti a pranzo e cena. Era divertente vedere quelli che cercavano di prenderle senza pagare: una signora, ricordo, ha quasi rovinato una borsetta per nascondere la trota che si era accaparrata de sfroso.

Ho avuto anche personaggi famosi allo Chalet. Ricordo bene Mariano Rumor, politico e presidente del consiglio, il trombettista Nini Rosso, ma anche Aldo Moro nel periodo in cui veniva a villeggiare in Cadore.

Abbiamo organizzato magnifiche serate, e una in particolar modo è stata indimenticabile: una grande manifestazione sul lago (c’era ancora mio fratello Tarcisio, allora) dove abbiamo realizzato una specie di piccolo Redentore veneziano, però spostato alla festività di ferragosto. In quell’occasione, su una piattaforma galleggiante costruita apposta sul laghetto, si è esibita una selezione dell’orchestra del Teatro La Fenice di Venezia.

Un’altra serata memorabile, anche se per motivi diversi, è stata quella con Lino Toffolo, e lui stesso me la ricorda sempre quando ci vediamo.

Ho sempre avuto il pallino di organizzare manifestazioni e serate a tema, e hanno sempre avuto un buon successo. Organizzavo anche tè danzanti e cacce al tesoro che sono diventate famose nella zona perché mettevano in moto tutti i villeggianti di San Vito, e anche qualcuno di Cortina, e le facevo in collaborazione con due gruppi di amici che io chiamavo “I romani vecchi”, di età fra i venti e i quaranta, e “I romani giovani”.

C’era un organizzatore che faceva parte della “Compagnia della vela” di Venezia, e l’ho tenuto un anno. Era molto bravo, e mi ha dato il la per organizzare manifestazioni anche con un altro ragazzo di Bologna, Massimo, che è diventato poi un celebre avvocato, e con un altro tipo che si interessava di musica, di cui purtroppo non ricordo il nome. Tutti loro assieme hanno anche concorso a fare i due “giornalini” dello Chalet nel ’60 e nel ’61.

Siccome lavoravo molto in quel periodo, mi chiamavano “l’uomo dal milione al giorno”. Una fama che purtroppo non era vera, ma mi dava comunque una bella soddisfazione.

Un’altra serata straordinaria che ricordo con piacere è quella delle “barche allegoriche”, organizzata per un ferragosto. Le abbiamo fatte sfilare alla sera sul lago illuminate dai fari delle automobili, perché le nostre finanze non consentivano altro. Una delle barche che mi è rimasta più impressa era fatta a forma di grande conchiglia, come quella della Shell – cioè in veneziano una capasanta gigante – e dentro c’era una ragazza del posto, che di cognome faceva Giol, in costume da bagno tutta spruzzata di porporina, e così colorata sembrava fosse nuda. Sfilava intorno al lago assieme alle altre sette-otto barche, creando una grande agitazione tra i maschi. Ricordo che era un ferragosto piuttosto freddo, e la ragazza si è quasi congelata!

Ho organizzato anche, e qui emerge un po’ la mia passione per le arti, una ex-tempore molto importante con Italo Pradella. C’erano dei grandi artisti, tra cui Armando Pizzinato, Virgilio Guidi, e diversi altri provenienti da Milano. Se qualcuno voleva, c’era anche una modella a disposizione, ed era la Toti Dal Monte. Perché questa scelta? Perché Guidi aveva dipinto in quel periodo la testa della Toti Dal Monte, ne aveva fatto anche diverse litografie, ed era diventata quindi molto nota.

Non ho mai trascurato la musica, anzi ho sempre avuto orchestre molto buone. C’era un ragazzo, Jack Greci, che mi ha sempre dato delle grosse soddisfazioni. L’ultimo inverno che sono stato lì volevo addirittura portare Don Marino Barreto, e se solo il Comune mi avesse dato una mano ce l’avrei fatta. Don Marino era in auge, suonava al Cristallino di Cortina e io volevo portarlo giù allo Chalet. Credo che sarebbe stato un successo, perché allo Chalet, oltre alla gestione normale del ristorante, avevamo costruito anche un pista di ghiaccio dove la gente poteva pattinare o esibirsi durante la serata: un’attrazione sarebbe stata la ciliegina sulla torta. Ma purtroppo non ce l’ho fatta.

Ma, al posto di Barreto, ho avuto Fred Bongusto, che era già piuttosto bravo ma non era ancora così famoso come lo è diventato dopo. Io e Fred abbiamo fatto subito amicizia con un gruppo di romani che venivano a villeggiare su al Belprà. Alla sera organizzavo sempre qualcosa verso la mezzanotte o l’una: spaghettate, risotti, o panini freschi appena sfornati che emanavano un profumo di pane favoloso.

Per l’inverno avevo inventato una specie di gioco che è andato anche sui giornali di cronaca mondana del periodo: era il “risotto alla beduina”. Si trattava in realtà di una cosa semplice: a un certo punto, verso l’una, l’una e mezza, uscivamo dalla cucina con il risotto, e tutti gli ospiti dovevano sedersi per terra, al centro della pista da ballo, e io e Armando De Bortoli riempivamo delle ciotole di riso per questi “beduini”, che se ne stavano seduti come fossero sotto la tenda nel deserto. Fred Buongusto si incavolava con me in quelle occasioni e il perché è presto spiegato: siccome gli orchestrali venivano a sedersi con noi per mangiare il risotto, non potevamo fare tutto in silenzio, senza accompagnamento di musica. Così toccava sempre a Fred suonare: era lui che faceva la colonna sonora del risotto alla beduina, con la chitarra, che fra l’altro suonava in modo meraviglioso!

Ma a volte le serate le finivamo altrove: ad esempio prendevamo le auto e andavamo in cima al Falzarego con sacchi di panini e con la chitarra, e aspettavamo suonando e mangiando che sorgesse l’alba sulla Marmolada.

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