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Che cos’è precisamente il bullismo? Non si tratta solo di una molestia o di un’aggressione. Il bullismo di solito non consiste in uno o in pochi episodi, ma in molti piccoli episodi che si sommano con il tempo. Lo psicologo Dan Olweus, uno dei primi ad aver studiato il fenomeno in maniera sistematica, identifica in questo comportamento elementi comuni, quali aggressività deliberata e marcata disparità di forza tra il bullo e la vittima. Anche se è praticamente impossibile racchiudere in un’unica definizione tutti gli aspetti, il bullismo è stato definito “intenzionale e consapevole volontà di ferire qualcuno e causargli stress”. Lo stress viene causato non solo da ciò che accade, ma anche dalla paura di ciò che potrebbe accadere. Fra le tattiche usate ci sono canzonature crudeli, critiche continue, insulti, pettegolezzo e richieste irragionevoli.

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Burn-out: Chi è a rischio e perché? IMMAGINATE di avere un lavoro d’ufficio e una famiglia; o forse questa è realmente la vostra situazione. Sulla scrivania si è accumulato un sacco di lavoro. Il telefono squilla in continuazione: si tratta invariabilmente di clienti che vi subissano di richieste quasi impossibili da soddisfare. Il capoufficio è seccato perché non riuscite a evadere tutto il lavoro affidatovi. Vostro figlio si è comportato male a scuola e l’insegnante vuole vedervi immediatamente. Il vostro coniuge rimane indifferente alle vostre richieste di aiuto. Quando la situazione sembra sfuggirvi di mano lo stress si trasforma in angoscia, e può facilmente scatenarsi il burn-out. È il superlavoro a provocare il burn-out? Ann McGee-Cooper, che studia il cervello umano, ha affermato che il burn-out è “il risultato di una vita non equilibrata, di una vita in cui il lavoro assume sempre più importanza e lo svago sempre meno”. Ma non è solo questione di superlavoro; nelle stesse circostanze stressanti, alcuni vengono colpiti dal burn-out e altri no. Perché si arriva al burn-out Un sondaggio condotto su un certo numero di infermieri ha evidenziato tre fattori che portano al burn-out. Il primo era la quantità di preoccupazioni quotidiane che generano frustrazione. Ad esempio, quasi tutti gli infermieri dovevano sobbarcarsi grosse responsabilità, affrontare problemi nei rapporti con i pazienti, imparare a maneggiare nuovi macchinari, affrontare spese sempre maggiori e condurre una vita sregolata. “Queste preoccupazioni quotidiane costituiscono il più serio fattore che porta al burn-out”, dice il libro Moetsukishokogun. Se i problemi rimangono irrisolti, la frustrazione aumenta fino a sfociare nel burn-out. Il secondo fattore riscontrato era la mancanza di sostegno, il non avere nessuno con cui aprirsi. Per questo una madre che si isola da altre madri è più soggetta al burn-out. Il summenzionato sondaggio ha messo in evidenza che il problema del burn-out è più diffuso tra gli infermieri non sposati che tra quelli sposati. Nondimeno, essere sposati può aumentare le preoccupazioni quotidiane qualora moglie e marito non comunichino apertamente. Anche quando tutti sono in casa ci si può sentire soli perché il resto della famiglia è intento a guardare la televisione. Il terzo fattore era la sensazione di impotenza. Ad esempio, gli infermieri sono più esposti dei medici a questa sensazione perché forse non hanno l’autorità di cambiare le cose. In un’azienda, i direttori di medio livello possono cadere vittime del burn-out quando vedono che tutti i loro sforzi non approdano a nulla. Come ha detto un dirigente aziendale addetto al personale, il burn-out nasce dalla “frustrazione di chi cerca di dare un contributo significativo e non gli viene prestata attenzione”. La sensazione di impotenza germoglia nel terreno dell’ingratitudine e produce come frutto il burn-out. Questa malattia colpisce le mogli quando il marito non si rende conto di quanto lavoro ci vuole per badare alla casa e ai bambini. Colpisce i direttori di medio livello quando un superiore ignora un lavoro ben fatto e li critica per errori meno importanti. “La morale è che tutti noi abbiamo bisogno di vedere riconosciuti e apprezzati i nostri sforzi”, dice la rivista Parents, “e se lavoriamo in un luogo in cui non veniamo gratificati — si tratti della casa o dell’ufficio — allora è più probabile che sviluppiamo la sindrome del burn-out”. Fatto degno di nota, nonostante l’elevata incidenza dei casi di burn-out tra gli infermieri, gli ostetrici ne sono colpiti in misura molto minore. In genere, il lavoro dell’ostetrico include l’aiutare nuove vite a venire al mondo. Madri e padri sono grati agli ostetrici per il loro lavoro. Quando si è apprezzati, ci si sente utili e motivati.

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