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Body e Fat Shaming. Storia di un corpo maledetto
La giornalista Giovanna Botteri vittima di Body Shaming. Foto: officinevannegut.com
IL BODY SHAMING e il FAT SHAMING
La prima locuzione ha come significato letterale “un corpo di cui ci deve vergognare”
La seconda è “la vergogna di un corpo in sovrappeso”.
La parola vergogna è la linea d sollineatura che evidenzia senza sbavature l’accanimento crudele di chi, senza pietà, deride e umilia una persona che ha, non per scelta, una pelle di un colore diverso, delle rotondità molto pronunciate, un corpo non armonico o fa uso di supporto correttivo..
Una vera e propria forma di bullismo indirizzata verso chi ha “osato” non rispettare i canoni della bellezza che travalica i confini dell’età infantile/adolescenziale per strabordare ed inquinare la mente e l’anima di tutte le età .
Mio figlio mi dice spesso quando mi vede soffrire e a volte piangere di fronte alla crudeltà degli uomini, “Mamma ma tu non fai testo in questo mondo, sei un’irrinunciabile idealista” e continua scuotendo la testa un pò sconsolato come se fossi ormai allo stadio terminale “ per te dovremmo volerci tutti bene e nessuno dovrebbe fare del male, eppure come vedi non è così”
Lasciatemi chiedere, “Perché”?
Perchè noi che dovremmo riconoscerci l’un l’altro come esseri tutt’altro che perfetti e accettarci come tali rifiutiamo i difetti che ci caratterizzano?
Come terapeuta vengo a contatto quotidianamente con le persone e guardandole negli occhi e mi immergo in pozzi profondi di dolore, vergogna, smarrimento; ciò mi procura un senso di compassione (nel significato buddhista).
Mi ricordo che quando ero alle elementari ho dovuto mettere gli occhiali, “quattrocchi” era il termine più gentile che ricevevo.
Tale esperienza mi fece vergognare di me stessa tanto che cercavo di non indossarli se non obbligata.
Mi ci sono voluti anni per scrollarmi di dosso quel disagio.
L'onorevole Filippo Sensi, vittima di Fat Shaming
Essere vittima di Body o Fat Shamin è come salire sul banco degli imputati dove vieni giudicato colpevole per le tue “inesattezze fisiche” e condannato, seppur innocente, ad anni di derisione e crudeltà verbali.
Poco importano gli effetti devastanti che ne conseguono alla povera vittima che si sentirà sbagliata, inadatta, non meritevole di attenzione, che verrà isolata in modo tale che gli atti di bullismo verbale abbiano una maggiore eco specie quando la esponi al pubblico ludibrio pronta per essere lapidata, non con pietre ma con qualcosa che fa più male, le parole.
Oggi, ad esempio, con il cyberbullismo ogni singolo anfratto della vita di ognuno può essere reso pubblico a tutta la comunità, per cui l’umiliazione non si ferma più a pochi compagni di classe o conoscenti ma dilaga come uno Tzunami.
A farne le spese sono, in gran parte, le donne e per ironia della sorte sono proprio molte donne a indirizzare le offese verso la loro stessa identità di genere.
Parliamo d grandi numeri, in Italia il 68% delle donne, in Corea il 72%, in Indonesia il 60%, negli USA 80%, ecc.
Le conseguenze? Un profondo senso di vergogna di sé, frustrazione, tendenza ad annullarsi, il craving alimentare, depressione con conseguenze a volte infauste con atti di suicidio.
Molte ragazze arrivano ad attuare il “comportamento di autoferimento” (autolesionismo) per aver sviluppato odio verso il proprio corpo.
Provate, per un attimo, ad immaginare la prigione più stretta in si può essere rinchiusi, il proprio corpo.
Quel corpo da cui si vorrebbe scappare, nemico dell’anima che lo abita, che costringe a vivere esperienze dalle quali non ci si può allontanare.
Cosa si fa a quel corpo che è l’unico vero nemico che viene identificato? Lo si dilania, lo si ferisce tanto lo si disprezza, lo si fa abbuffare per consolarlo, lo si fa cambiare forzatamente per silenziare tanta crudeltà.
E il senso di vergogna spezza l’Io della vittima, lo piega in se stesso per senso di protezione, lo fa perdere nelle pieghe del suo essere troppo imperfetto per la società.
Quel che è peggio è che questi sentimenti dal momento che si incistano dentro procurano così tante ferite che difficilmente si richiuderanno se non con tanto coraggio di affrontarle.
La mia opinione è che a far del male agli altri è chi soffre dentro di sé, si direziona il dolore sugli altri per silenziare il proprio, un modo di condividere il disprezzo che si ha per se stessi scaricandolo sugli altri.
Non ho mai conosciuto una persona in pace con se stessa che facesse del male a qualcuno.
Partendo dal fatto che nessuno è perfetto imparare ad accettare e successivamente innamorarsi dei propri difetti dà la forza per contrastare le maldicenze altrui.
E’ importante chiedere aiuto quando si capisce di non farcela senza per questo sentirsi sminuiti.
Mai arrendersi, le situazioni possono cambiare se dentro di sé c’è la speranza di riuscirci, magari non da soli, ma l’importante è comprendere che NON si è sbagliati solo perché qualcun altro ce lo dice, chi fa del male dimostra solo il grande smarrimento che ha dentro di sé, non bisogna farlo proprio.
Per cui, quando ci capita di ferire qualcuno pensiamo al fatto che gli stiamo semplicemente proiettando il nostro mondo interiore.