Rosa Borgia

Arte & Intrattenimento

Rosa Borgia

Arte & Intrattenimento

La plasticità del cervello.

2019-05-29 06:58:45

La plasticità corrisponde alla capacità del cervello di essere modificato dopo un cambio di ambiente. Durante il nostro sviluppo, esistono delle finestre temporali precise con forte plasticità (chiamate periodi critici). Questi periodi critici sono delle finestre di apprendimento scaglionate

nel corso dello sviluppo. In effetti, non impariamo tutto nello stesso tempo: sono innanzitutto le nostre aree sensoriali primarie (vista, udito…) che sono plastiche, poi le zone della corteccia che corrispondono alla locomozione, linguaggio ed infine le aree cognitive superiori. Una volta adulto, tutti questi periodi critici sono finiti, e la corteccia adulta è poco plastica. Questa plasticità ci permette di spiegare che sia più facile imparare a camminare o parlare una nuova lingua quando siamo giovani piuttosto che quando siamo adulti.

È una cosa buona che la corteccia adulta non sia più plastica, ciò ci permette di memorizzare quello che è stato imparato. In effetti, se il nostro cervello fosse sempre plastico, non arriveremmo a tenere l’informazione imparata, ciò che sarebbero uguali a sintomi di Alzheimer. Ad esempio ho imparato a fare bici quando ero piccolo (durante un periodo critico) ma non ne ho fatto da due 2 anni. Però, oggi, potrei fare di nuovo bici senza problemi perché questa informazione è stata registrata.

Esistono alcune malattie che possono essere dovute ad un cattivo periodo critico (troppo corto o troppo lungo) o dovute ad un cattivo apprendimento durante questo periodo (non gli stimoli adeguati). È soprattutto il caso dell’ambliopia, per la quale le afferenze degli occhi verso la corteccia visiva binoculare non sono ottimali. In questi casi, sarebbe interessante di potere aprire di nuovo temporalmente una finestra di plasticità nell’adulto per potere imparare più tardi quello che è stato imparato male. Inoltre, la rieducazione dopo un ictus potrebbe essere facilitata con una riapertura del periodo critico rimuovendo questo freno all’apprendimento. In effetti, l’ambliopia corrisponde ad una malattia che colpisce i pazienti con le afferenze dei due occhi non collegate bene a livello della corteccia visiva binoculare. Possiamo correggere questo problema se chiudiamo l’occhio che si collega troppo a questa corteccia durante il periodo critico. Nell’uomo, questo periodo critico si chiude tra 10 e 12 anni. Dopo 12 anni, l’ambliopia è più difficile da correggere perché la corteccia visiva adulta è meno plastica (periodo critico chiuso). Durante la mia tesi, mi sono interessato a sviluppare degli strumenti che permettono di ridare della plasticità alla corteccia visiva adulta riaprendo un periodo critico. I primi studi sui periodi critici sono stati fatti nella corteccia visiva. Questi studi hanno evidenziati i meccanismi biologici che permettono di spiegare l’apertura e la chiusura del periodo critico. Tra tutti questi fattori, è stato dimostrato che la concentrazione di una certa molecola (chiamata Otx2) controlla l’apertura e la chiusura del periodo critico (finestra di plasticità). Ciò che è interessante si trova nel fatto che questa molecola non sia prodotta dalle cellule della corteccia visiva ma ci riesce grazie al liquido cerebrospinale (prodotto dal plesso coroideo). Così, Otx2 riconosce le cellule che controllano questa plasticità grazie alla matrice extracellulare che circonda queste cellule, e soprattutto uno “zucchero” di questa matrice.