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Parole alla Poesia.

La sostenibilissima leggerezza dell'unguento per i piedi

2021-06-08 09:03:38

Gli incontri, nel cammino, sono tutti miracolosi. Ma qualcuno lo è di più. Vi racconto una storia.

Giustamente errare

Cari amici,

siamo in prossimità del lancio del libro, il 24 giugno!

Riprendendo le memorie di quei giorni, mi è capitata in mano una scatoletta che per me è un cimelio, un piccolo miracolo.

Un piccolo miracolo

Vi racconto la storia.
Gennaio 2007, primo pomeriggio.
Immaginatemi arrancando, con uno zaino pesantissimo (lo avrei alleggerito del superfluo nei giorni successivi), salendo il passo della Cisa, dopo essere partito da Berceto.

Terzo o quarto giorno di cammino, dopo Fidenza, con nessuna esperienza, poca preparazione e tanto entusiasmo.
Ma l'entusiasmo era già agli sgoccioli e la carica energetica sobbalzava dalla zona di allarme al minimo utile per fare un passo, poi ancora un passo, ancora un passo. Uno alla volta, passi.
Non ce la facevo più.
Pensavo spesso, con le poche forze rimaste, a chi me l'aveva fatto fare.
In qualche modo però, aggiungendo tratti a tratti, si arriva, e il passo della Cisa è apparso alla sguardo, i cartelli indicatori, qualche edificio.
Un'osteria, in lontananza.
Mi avvicino al portone d'ingresso, trascino dentro il mio corpo, ma è l'anima che entra prima e segue dopo, e la si vede tutta. Distrutto dalla fatica, depresso per la lontananza dell'obiettivo da raggiungere, con le orecchie a terra.
Mi vede dietro al bancone un oste. Non so come si chiamasse, forse Angelo. Ma anche se il suo nome non era questo, lo era di fatto.
Mi squadra. dall'alto in basso. Mi avvicino.
Timidamente chiedo un té, al limone.
Silenzio, continua a squadrarmi.

"Un té al limone? No caro mio, io ti do un bel bicchiere di vino rosso!"

Resto di stucco. Un té al limone era la mia richiesta per il mondo, perché "così si fa"; la richiesta da bravo ragazzo e da buona persona, quella che uno dovrebbe aspettarsi da un buon uomo in pellegrinaggio. Avevo parlato con questa immagine di me.

Ma dentro di me avrei spaccato il mondo e mi sarei disteso sulle sue pietre a riposare. Con una fiasca di vino al fianco.

L'oste, lui sì, è stato capace di "vedermi"!
E dopo il vino, bevuto d'un fiato, e i consueti convenevoli ("dove stai andando, da quando sei in viaggio, etc. , le classiche domande del cammino: nessuno ti chiede chi sei, perché lo vedono, sei un pellegrino. Ti chiedono "dove sei" e dimostrano affetto), un regalo:
una scatola di burro per i piedi.

"Tieni, ti servirà."

Mai frase potrebbe essere stata più vera. Quella scatoletta è stata compagna di viaggio e sollievo per tutto il tempo del cammino.
E ancora adesso, sentendone i profumi di erbe, mi coglie un tuffo al cuore, riportando alla memoria la pienezza di quei giorni, la bellezza di quegli incontri, la magia di quelle ore.
Cosa ci facesse una scatola di burro per i piedi in mano a un oste sul passo della Cisa, pronto a donarla a un pellegrino di passaggio, con le orecchie basse e il morale da risollevare, non l'ho ancora capito.
E neppure credo lo capirò mai, ma ne colgo la profonda e intima bellezza.
Quella giornata si concluse a tarda sera, con altro bicchiere di vino, presso il convento dei cappuccini di Pontremoli, raggiunto dopo oltre 40 chilometri e dopo la sequenza quasi  infinita di una decina di gradini, che non riuscivo a salire.
Ho riposato tre giorni, prima di ripartire.
Il burro è ancora come lo vedete, nella foto.

Leggerete queste ed altre cronache nel mio libro, "Giustamente errare", in vendita dal 24 giugno, al link che verrà indicato qui