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Il deserto dei tartari: come le abitudini diventano destino

2021-08-31 08:51:09

Il deserto dei Tartari, romanzo di Buzzati, è stato scritto nel 1900 ma, per le sue implicazioni e metafore psicologiche, è di un'attualità sconcertante !

l deserto dei tartari è un romanzo di Dino Buzzati pubblicato nel 1940. Racconta la vita di Giovanni Drogo, ufficiale dell'esercito di un paese che, così com'è descritto nel romanzo, somiglia all'Italia della prima metà del Novecento; tuttavia confina con
un grande deserto. In fondo a questo deserto si suppone vivano i Tartari. Un deserto onirico, dove i confini rimangono incerti e si dilatano all'infinito. 
Lo sfondo integratore del romanzo è la fortezza Bastiani. A differenza dell'agrimensore del Castello, il tenente Drogo raggiunge la fortezza, ci entra, viene arruolato e accolto. Il problema è come uscirne. Buzzati attenua di un grado lo stile di Kafka, Drogo entra nella fortezza, prende servizio e può anche andarsene. Nessuno, in linea di fatto, glielo impedisce. Rispetto al Signor K., Giovanni Drogo è libero; giunge alla Fortezza ha un colloquio immediato con il comandante e chiede il trasferimento, l'impressione di
quei luoghi non è buona, vuole partire appena possibile. Ci resterà per la vita, esercitando la libera scelta. La Fortezza, come la vita, ha un fascino irresistibile. Lo emana mano a mano che il tempo passa. Si tratta della presenza dell'altro: i
Tartari. Realtà tenebrosa e sotterranea. Il Tartaro è il luogo della
catatonia. Si può pensare al Deserto dei tartari come a un
delirio catatonico, che ripete sempre l'identico. Catatonico è chi non
decide mai diversamente, fedele al suo gesto, lo ripete infinitamente,
senza differenza. La Fortezza Bastiani è eterno ritorno del medesimo.
Quando la struttura omeostatica si trova di fronte a differenze, le
annulla.  La regola è ferrea, non concede eccezioni; come nel caso di sparare a
chiunque si avvicini alla Fortezza senza conoscere la parola d'ordine.
Antica regola militare: “Alto là, chi va là, fermo o sparo!”. L'occasione sarà fatale a un soldato che, sotto il comando di Drogo,
viene fucilato secondo la regola. L'occasione nasce dal deserto. La
guarnigione di Drogo intravede il primo segno di vita nelle vicinanze
della postazione esterna alla Fortezza, dove si monta la guardia a
turno, appena sopra il deserto. L'ipotesi che nel deserto ci siano
davvero i tartari, a conferma di antiche voci, sembra prendere corpo.
Inizia l'incanto, il delirio.  Pochi mesi dopo il suo arrivo, Drogo può rientrare, è tutto pronto, sta per andarsene, il medico lo dimette con una scusa.
Avessero pur suonato le trombe, si fossero pure udite canzoni di
guerra, dal nord fossero pure giunti inquietanti messaggi, se era solo
questo Drogo sarebbe ugualmente partito; ma c'era già in lui il torpore
delle abitudini, la vanità militare, l'amore domestico per le quotidiane
mura. Al monotono ritmo del servizio, quattro mesi erano bastati per
invischiarlo.  Qui si decide l'andamento del romanzo, il punto di svolta. Il lettore
comincia a pensare all'irreversibilità. Alla fine del periodo, proprio
nel momento di partire per non tornare mai più, si ribaltano d'un colpo
le premesse. 

Solo un grande scrittore può farlo. Buzzati descrive l'ambiguità che
lega Drogo alla Fortezza, trasforma questa ambiguità in una scissione.
Ribaltamento paradossale dei pensieri di Drogo. Il delirio ha preso
corpo. Si forma un complesso a tonalità affettiva. Drogo perde il suo residuo identitario, non è più se stesso. Al suo posto si installa la Fortezza Bastiani.  Con questa rinuncia, Giovanni Drogo e la Fortezza Bastiani diventano una cosa sola.

In quelle righe, Buzzati descrive uno scompenso psicotico; potremmo
leggere il resto del romanzo come il delirio segreto del tenente che, in
realtà, finisce i suoi giorni in una Fortezza manicomiale. 

Alla prima decisione, radicale, di rimanere, ne seguiranno altre. La
giovane donna che, al suo rientro, dopo quattro anni, lo sta aspettando –
Giovanni avrebbe potuto sposarla e rimanere in servizio nelle vicinanze
– viene disillusa, Drogo lascia cadere ogni spunto di conversazione. Il
rifiuto del Generale di trasferirlo avrebbe potuto portarlo a
dimettersi, per cominciare una vita borghese. 

 Invece, dopo il breve periodo di licenza, il capitano Drogo decide di tornare alla Fortezza.


L'errore più grave, per il lettore, è considerare la vicenda narrata nel libro con superficialità, pensando: "A me non sarebbe accaduto/non potrebbe accadere" quando, al contrario, il racconto storico/militare è solo una metafora della vita di tutti noi , che siamo - o rischiamo facilmente di finire - intrappolati nelle abitudini quotidiane....

A me questo romanzo ha messo i brividi, anzi (a dirla tutta) mi ha spaventato e da allora ho davvero APERTO LA MIA MENTE - INFATTI LO CONSIDERO UN ROMANZO OPEN YOUR MIND - E CANCELLATO RADICALMENTE ALCUNE MIE ABITUDINI, RIVISTO E RETTIFICATO ALTRE...

NON RICORDO CHI DISSE....ATTENTO AI TUOI PENSIERI CHE DIVENTANO ABITUDINI, ATTENTO ALLE TUE ABITUDINI CHE DIVENTANO CARATTERE, ATTENTO AL TUO CARATTERE PERCHE' DIVENTA IL TUO DESTINO (O LA TUA VITA, TANTO E' UGUALE...)...ECCO, LA FIGURA DI GIOVANNI DROGO SIA UN MONITO PER TUTTI NOI....

A PROPOSITO DI ABITUDINI POSITIVE, INVECE....UN'OTTIMA ABITUDINE E' IMPARARE L'EDUCAZIONE FINANZIARIA...SE NON LO HAI ANCORA FATTO SCOPRI IL MIO CANALE TEMATICO, CLICCA QUI SOTTO