✨Massimiliano Cedro✨

Founder President

Il nostro pianeta ha 2 polmoni

2019-08-24 09:56:01

LA TERRA ha due polmoni. Uno è formato dalle foreste, il secondo dal mare. Per ogni respiro che proviene dal polmone verde, un altro è offerto dal polmone blu.

Nelle acque superficiali, raggiunte dalla luce del Sole, vivono migliaia di specie di microrganismi che producono il 50% dell'ossigeno del pianeta grazie alla fotosintesi clorofilliana. Non solo gli oceani ci forniscono metà dell'ossigeno che respiriamo. Assorbono anche il 90% del calore causato dai gas serra e un quarto dell'anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili. "Le minuscole creature del mare sono più numerose delle stelle dell'universo e rappresentano le fondamenta di tutte le catene alimentari del mare. Producono e consumano metà del materiale organico generato sulla Terra". In un litro d'acqua vivono 200 miliardi di esemplari di virus e 20 di batteri. Le specie che formano il plancton - fra le più antiche dal punto di vista evolutivo, visto che la vita si è formata proprio negli oceani - non si limitano a sfamare pesci e balene, ma si dividono anch'esse in prede e predatori, in parassiti e ospiti, in coppie che vivono in simbiosi fra loro. A discriminare la presenza del plancton negli oceani - che rappresenta il 90% della massa di tutta la vita marina - è il livello di calore dell'acqua. "La scoperta che la temperatura determina quali specie sono presenti in una zona è molto importante, alla luce del cambiamento climatico che stiamo vivendo ". I mari che si riscaldano non influiscono dunque solo sulle rotte dei pesci più grandi, ma minano anche la base della catena alimentare formata dal plancton. Gli oceani assorbono tra il 25% e il 30% dell'anidride carbonica rilasciata annualmente nell'atmosfera. Questo gas, disciogliendosi in mare, forma l'acido carbonico: il processo è simile a quello con cui si forma l'acqua gassata. 

Man mano che la concentrazione di CO2 presente nell'atmosfera aumenta, questa viene via via assorbita dai mari e dagli oceani, provocandone lo spostamento dell'equilibrio chimico. Questo processo, noto come acidificazione degli oceani, sta diventando sempre più evidente man mano che la quantità di CO2 aumenta nell'atmosfera, con una crescita complessiva di circa il 30% dalla Rivoluzione industriale.

La chimica degli oceani sta cambiando rapidamente, così rapidamente che la loro capacità di adattamento non riesce a tenere il ritmo con la velocità con cui avanza il cambiamento climatico.

L'acidificazione influisce su importanti fattori, come la diminuzione di ioni carbonato, indispensabili per la costruzione di gusci calcarei di molti organismi marini. Molluschi e crostacei, ad esempio, possiedono un guscio calcareo che viene costruito assorbendo ioni calcio proprio dal mare. Un aumento dell'acidificazione degli oceani potrebbe rendere questo processo sempre più difficoltoso, minacciando l'esistenza stessa delle specie coinvolte.

Anche l'esistenza di molti organismi planctonici è in pericolo: il fitoplancton produce il 50% dell’ossigeno che respiriamo, grazie alla fotosintesi clorofilliana.

Per fitoplancton si intende l'insieme degli organismi autotrofi fotosintetizzanti presenti nel plancton, ovvero da quegli organismi in grado di sintetizzare sostanza organica a partire dalle sostanze inorganiche disciolte, utilizzando la radiazione solare come fonte di energia.

Un altro importante problema è quello connesso all'overfishing: l'industria della pesca spreme così fortemente alcune zone, che diventa impossibile determinarne l'impatto sull'ecosistema.

Come emerge da un rapporto di Greenpeace, oggi la pesca si è trasformata in una macchina da guerra, che non solo danneggia gli ecosistemi quando è eccessiva, ma anche quando è condotta con sistemi distruttivi.

Circa il 90% degli stock ittici mondiali è eccessivamente sfruttato: le reti dei pescherecci possono raggiungere oggi i 600 metri di profondità e pescare 300 tonnellate di pesce in un solo giorno, la natura non riesce a tenere il ritmo di questi prelievi forzosi e le specie ittiche sono quindi in pericolo.

Sono numerose le azioni che si stanno compiendo per promuovere la pesca sostenibile: la Riforma Comune della Pesca è entrata in vigore in tutta l'Unione Europea a inizio 2014 e prevede l'eliminazione della pesca eccessiva e il raggiungimento della sostenibilità ambientale.

La Riforma contribuirà a ricostituire gli stock ittici, ridurre l’impatto della pesca sull’ambiente marino, eliminando le pratiche di rigetto in mare che comportano sprechi inutili. Verranno inoltre sostenute le realtà della piccola pesca artigianale, ai giovani pescatori e alle industrie ittiche locali. Si vuole in questo modo stimolare l’innovazione, aiutare le comunità a diversificare le loro economie e finanziare progetti utili a migliorare la qualità della vita nelle regioni costiere dell'Europa.