Marta Marina Ibba

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DONNE E TEATRO (seconda parte)

2019-08-26 17:37:06

DONNE, TEATRO E TANTE RESTRIZIONI

Nora. Ofelia. Porzia. Rosina. Emarginate, considerate esseri freddi senza alcun tipo di cedimento, dedite solo a monetizzare il loro fascino, esse erano conosciute con il nome di “meretrici oneste”. Bisognerà aspettare l’Ottocento perché le cose inizino davvero a cambiare. Le giovani in questione, sono donne che recitano, scrivono e dirigono. Donne che la Chiesa non ci mette molto a condannare, denunciandole come figure promiscue e strumenti comandati dal diavolo in persona che cercano di incantare il pubblico. Sta di fatto che ai confini dei territori del Papa le donne dovevano essere sostituite dai ragazzini.


Un passo avanti quindi: la Commedia dell’Arte regala una sorta di emancipazione alla donna, inserendola in un ambiente che fino a quel momento le era stato precluso. E due passi indietro: con la Controriforma la donna viene ricondotta all’interno della tradizionale società patriarcale. Quindi può interpretare solo tre piccoli ruoli nella vita di tutti i giorni: vergine, moglie o vedova; parti che non può scegliere lei.


La Signora Ponza. La Tosca. Viola. Il teatro, nella sua lunga storia, ha visto molte forme di censura. Ma la censura più grande, l’hanno fatta coloro che lavoravano nel teatro, per molti secoli: hanno proibito alle donne di recitare. Ma esse non si arresero e continuarono per la loro strada, chi pubblicamente e chi fingendosi un uomo, chi davanti ad un pubblico e chi nei propri salotti privati. Continuarono a fare quello per cui sentivano di essere nate. E pian piano la situazione iniziò a cambiare.


Nel Settecento i ruoli femminili iniziarono a crescere di importanza; è  un periodo storico molto importante – soprattutto per il teatro londinese – in cui inizia a esserci maggiore rispettabilità verso la professione dell’attrice, non più considerata alla pari di una “prostituta d’alto bordo”. L’Ottocento fu il secolo delle grandi attrici che proponevano l’immagine della donna angelo, figura eterea, bella e dalle impagabili virtù. Tra fine Ottocento e inizio Novecento inizia a venire presentata la figura della donna acculturata, lavoratrice e indipendente, che contribuisce alla sua stessa emancipazione. Grande attrice dell’epoca fu Eleonora Duse.


Alla fine di questa storia non c’è nessun vero lieto fine – la strada è ancora lunga – né un principe che salva la sua dama. Non c’è nessuna damigella in pericolo, solo un gruppo di donne che chiedono a gran voce di poter recitare la loro parte in questa vasta terra chiamata mondo, in questo grande copione chiamato vita.

Articolo originale di Sara Properzi