Luca Chiesi

Disabilità & Invalidità

Luca Chiesi

Disabilità & Invalidità

Come sono stato 120 giorni consecutivi senza bere – e perchè!

2019-08-31 23:17:03

Scopri anche tu come usare la sete... per controllare e migliorare la tua salute e la tua alimentazione. Ecco come ho fatto io. E nota bene: sono sempre vivo per raccontarlo! Ci avresti creduto che si potesse sopravvivere a 4 mesi senza bere NULLA?

Se racconto questa storia è solo perché per me è stato MOLTO istruttivo fare ciò che ho fatto. Ma non suggerisco a nessuno  di provare a rifarlo senza adeguata preparazione, motivazione e controllo medico assiduo e costante. E' una esperienza in un certo senso estrema e come tale deve essere considerata.

I motivi che avevano spinto me sono stati molto semplici, ovvero solo molta curiosità e la volontà di spostare un mio (apparente) limite qualche passo più in là. Ero in salute, molto determinato a cercare la verità fuori dai libri e soprattutto ero perfettamente cosciente di quello che facevo.

Mi fa sorridere il fatto che sembra siano 10/14 giorni il limite massimo di sopravvivenza senza bere... Sorrido (anzi, rido apertamente!) perchè ovviamente è una sciocchezza e il fatto che dopo tanti anni io ci possa persino scrivere un articolo ne è la ovvia prova!

E’ bello comunque sapere che più o meno ho migliorato il record precedente, anche se in maniera non ufficiale, di circa un ...1000%! :-) Alla faccia della barriera psicologica...

Vedendo che l’articolo è diventato piuttosto lungo e di sicuro lo è molto di più dei miei articoli precedenti, credo sia utile mettere una breve lista di quello che troverai in seguito, così che tu possa decidere fin d’ora se continuare o meno questa lettura.

  • Perché e come ho fatto 120 giorni senza bere
  • Riflessione sulla ricca ( o povera?) dieta a base cerealicola suggerita da Ohsawa
  • Importanza della masticazione
  • Effetti fisici e psicologici istantanei del decidere di seguire una dieta
  • Cambiamenti visibili nel corpo e nella mente nel corso dei 120 giorni
  • Un nuovo significato e un nuovo utilizzo della “sete”
  • La più grande sfida dei 120 giorni senza bere e come l’ho affrontata e vinta
  • Prevalenza dell’istinto/intuizione del corpo sulle teorie e sulle informazioni
  • Le durate dei 4 periodi più “significativi” per fare una dieta
  • Cosa ho imparato da questi 120 giorni senza bere
  • Perché ho scritto questo articolo

Detto ciò, sarà meglio chiarire fin da subito il contesto in cui si è sviluppata l’idea stare tanto tempo senza bere nulla, ovvero… perchè da alcuni anni ero già abituato a bere poco, avendo preso la buona abitudine di masticare molto, come suggeriva George Ohsawa.

Seguivo con alti e bassi un’alimentazione macrobiotica ohsawiana, ovvero mi nutrivo principalmente di cereali, legumi, ortaggi di stagione e poco più, con una netta predilezione per i cereali ma non rinunciando a quasi nulla, nelle dovute e ragionevoli proporzioni. Avevo solo escluso lo zucchero dalla dieta, come peraltro consiglio e consiglierò di fare a chiunque e per sempre, per mille buoni motivi.

Mi preme sottolineare che una dieta in apparenza tanto “povera” (come la “dieta 7” di Ohsawa) sia invece incredibilmente ricca e varia: tanto per fare un esempio, se io scrivo “cereali” intendo riso, miglio, farro, orzo, grano saraceno, kamut, sorgo, segale, avena, amaranto, quinoa, mais, ecc. ognuno preparato in molti modi diversi, ognuno dei quali può essere a sua volta considerato un alimento a sè stante.

La crema di saraceno per la colazione, per esempio, ha un sapore e una consistenza completamente diversa dalle crepes di saraceno per la merenda, e anche dal saraceno in chicchi cotto in pentola a pressione per il pranzo, e anche dalla polenta taragna di mais e saraceno, magari croccante perchè cotta in forno e da portare in giro come “snack”...

Da questi soli 12 alimenti possono uscire decine e decine di piatti differenti, tanto che in un mese si potrebbe letteralmente mangiare qualcosa di diverso ad ogni pasto, e non è un modo di dire. Figuriamoci potendo aggiungere anche tutti i legumi e tutti gli ortaggi di stagione...

In questo contesto “cerealicolo”, in cui una buona masticazione è essenziale, puoi già capire intuitivamente come il bisogno di bere liquidi aggiuntivi - visto che i cereali cotti con un pizzico di sale marino integrale, essendo composti in grande quantità da acqua, non fanno venire alcuna sete - sia davvero ridotto al minimo. Minimo che però non era quasi mai stato davvero “zero”, perchè un qualche caffè d’orzo, un qualche bicchiere di té kukicha, una qualche zuppa di miso o di decotto di azuki capitavano con una certa regolarità.

Ma se nella dieta erano presenti anche legumi e ortaggi, che in certi casi posso contenere tranquillamente un 80/90% di acqua, la possibilità di stare completamente SENZA BERE mi sembrava perlomeno da non scartare a priori.

Così, nella stagione più umida dell’anno, ho preso la decisione di provare a seguire alla lettera il suggerimento di Ohsawa ai malati della sua epoca che recitava “bere il meno possibile”: sarei rimasto senza bere per un po’, così almeno mi sarei tolto la soddisfazione di poter dire con una certa sicurezza che le raccomandazioni di bere almeno 2 litri di acqua al giorno possono essere prive di fondamento, in certi casi specifici...

Il 1° novembre di alcuni anni fa ho perciò iniziato con molta determinazione e curiosità ma anche un po’ di trepidazione un periodo senza bere un goccio di acqua, o di altri liquidi, né tantomeno mangiare frutta, che è il primo cibo che viene in mente quando si parla di “qualcosa che faccia passare la sete”.

I primi giorni non sono stati un problema, perchè il prendere la decisione di seguire un certo regime alimentare per un certo tempo (come avevo già fatto tante volte in passato, per esempio durante i periodi fatti a “dieta 7”, cioè praticamente solo a cereali più alcuni condimenti) rende tutto molto semplice.

La cosa incredibile - e che mi stupisce tuttora! - dopo aver fatto tanti brevi periodi così (tipo 10 giorni per volta), è vedere come gli effetti positivi, fisici e psicologici, si manifestino fin dall’inizio del primo giorno, ancora prima che il cibo possa ragionevolmente fare il suo effetto.

E anche in questo caso gli effetti sono stati istantanei: chiarezza mentale, determinazione crescente, una grande tranquillità durante tutto il giorno, un diffuso senso di benessere e di forza fisica, oltre alla sicurezza di poter andare avanti molto a lungo.

La “sete” che si faceva sentire ogni tanto, in realtà, era più “psicologica” che “fisica”, perchè mentre il numero di giorni cresceva ed ero ben oltre i soliti 10, 20, 30 giorni di “dieta”, la “paura” dell’ignoto (essendo in una zona credo inesplorata da quasi tutti gli esseri umani!) si ...materializzava soprattutto di sera con una voglia insistente di bere anche solo alcune gocce di acqua “pura”, prontamente scacciata a seconda dei casi con lo sgranocchiare una carota cruda, oppure con una tazza aggiuntiva di crema di riso, oppure (in modo decisamente più elegante!) tenendo in bocca il nocciolo di una Umeboshi, che in oriente era usata come rimedio tradizionale alla sete (l’acqua pura infatti non fa davvero passare la sete, mentre l’acqua con dentro una Umeboshi decisamente sì, come sanno tanti sportivi!).

Lavarmi i denti (stando ben attento a non ingoiare nemmeno una goccia di acqua!) era diventata improvvisamente una attività particolarmente piacevole, per la mia mente “assetata”!

Parlo di mente, perchè il corpo, in realtà, sembrava non accorgersi minimamente del cambiamento: andavo regolarmente ad urinare due o tre volte al giorno, anche quando mangiavo molte gallette o altri cibi abbastanza secchi.

Gli unici cambiamenti, decisamente visibili, erano in realtà positivi, per esempio la pelle era diventata molto più bella, avevo perso un paio di chili, non mi svegliavo MAI con le borse sotto gli occhi, il sonno era molto riposante anche se breve e il battito del cuore a riposo era diminuito moltissimo, passando dai circa 70 dell’inizio ai circa 48 verso la fine di quei giorni “a secco”.

La prima vera “sfida” la incontrai per caso, ovvero... un giorno che accompagnavo una classe in gita scolastica.
Destinazione: mare. Con pranzo a base di pesce... e con una piatto contenente una quantità di fritto misto davvero spropositata!

Il fritto, unito al salato della pastella e al pesce abbondante, mi sembrava potenzialmente una minaccia troppo grossa da affrontare: il primo boccone mi fece capire che era ben oltre quello che potevo reggere semplicemente masticando molto, come mio solito!

Una onesta e modestissima insalata si rivelò essere la carta vincente: senza dare troppo nell’occhio feci incetta di tutte le insalate (che ovviamente gli altri snobbavano!) nel mio tavolo e in quelli vicini e riuscii tranquillamente a superare ...l’enorme piatto di fritto misto senza sentire minimamente la sete che temevo. Da qual giorno non ebbi più alcun problema anche con cibi “off limits”, perchè avevo fatto esperienza diretta di come tamponare anche sapori molto forti o estremi, come per esempio una pizza di bassa qualità e molto piccante oppure un piatto di pesce particolarmente saporito.

E’ stato quel giorno che ho intuito un possibile utilizzo “bizzarro” della sete: un meccanismo unico di autocontrollo della qualità del cibo, della tua scelta delle proporzioni e quantità dei vari alimenti e naturalmente della tua masticazione.

E’ così, infatti, che chiunque può avere ad ogni pasto un check-up completo di quello che ha mangiato: troppo salato? Troppo piccante? Troppo secco? Troppo dolce? Troppa quantità di cibo? Troppo olio? Troppi insaporitori artificiali? Troppo piccante? Poca masticazione?

Ebbene, la sete ti rivelerà se nel suo complesso il pasto è stato “equilibrato” oppure no. Perché se non è stato equilibrato, ti servirà un po’ di acqua o di altre bevande per compensare e “diluire” un eccesso o un altro.

Credo che molti siano talmente abituati a bere ad ogni pasto che forse non correlerebbero mai la normale “sete durante il pasto” a qualcosa di “squilibrato”.

Eppure, la mia esperienza senza bere mi ha insegnato proprio questo: per quanto uno segua delle tabelle o delle direttive in teoria “corrette” o “autorevoli”, l’istinto/intuizione del nostro corpo, seppure malato o diseducato da tanti anni di cattiva alimentazione, ha (quasi) sempre ragione: se non mangi le cose giuste, o nelle proporzioni giuste, o nelle quantità giuste, o non le mastichi nel modo giusto, la sete si farà sentire e il corpo richiederà liquidi. E’ inevitabile.

Il mio periodo senza bere, che aveva una data d’inizio ma non una di termine, ho deciso in corso d’opera di farlo durare 120 giorni.

Un po’ per noia, perché tanto avevo già visto che potevo probabilmente proseguire a tempo quasi indeterminato senza particolari problemi e quindi l’esperimento aveva perso interesse e non mi incuriosiva più; un po’ perchè tra i vari periodi che si possono scegliere per fare una dieta “significativa”, i 120 giorni penso siano i più impegnativi ma anche i migliori.

I potenziali candidati, infatti, dal mio punto di vista, erano e rimangono almeno 4:

  • 3 giorni sono interessanti perchè è circa la durata minima per far scomparire la maggior parte del cibo vecchio dal nostro intestino e quindi 3 giorni sono sufficienti per vedere i primi effetti di qualunque tipo di dieta o alimento nuovo.
  • 10 giorni sono interessanti perchè sono il periodo che consigliava Ohsawa per fare un periodo di “dieta 7” e coincidono con il tempo necessario a cambiare completamente le piastrine e i globuli bianchi del proprio sangue. In 10 giorni si vedono già cambiamenti a livello psicologico, oltre che fisico.
  • 40 giorni sono interessanti perchè coincidono con la durata del digiuno che si dovrebbe fare in Quaresima e anche nella Quaresima di Natale degli ortodossi. Questo immagino perchè 40 giorni di digiuno sono da sempre attribuiti a Mosè, ad Elia e a Gesù Cristo nel deserto. Se tradizionalmente la durata è questa, anche se non ne conosco l’esatto motivo, sono certo che siano un periodo particolarmente significativo dal punto di vista fisico, psicologico o addirittura spirituale.
  • 120 giorni sono interessanti perchè sono il tempo in cui il sangue viene rigenerato completamente, essendo 4 mesi la vita media dei globuli rossi (la parte più longeva del sangue). Sono anche il periodo massimo entro cui, secondo Ohsawa, era possibile guarire da qualunque malattia che lui classificava come “malattia del sangue”, seguendo un accurato e specifico regime macrobiotico, per esempio una dieta 6 o 7, con alcuni alimenti specifici, tra i quali la TEKKA o il grano saraceno.

Vista la mia passione per i numeri e visto che il 120 lo trovo un numero meraviglioso a prescindere, visto che 120 è la durata in giorni di un periodo fisiologicamente importantissimo come il tempo per rigenerare completamente tutto il nostro sangue, visto che la motivazione era calata drasticamente causa noia... ho concluso l’esperienza e ho tirato le mie conclusioni, che mi porto dentro da allora (e che sono cresciute poi nel tempo) e condivido volentieri con te e i pochi altri che saranno arrivati a leggere fin qui.

  1. Credo di avere capito abbastanza a fondo cosa sia davvero la “sete”, cioè un segnale inequivocabile che il nostro corpo ci lancia ogni giorno, più volte al giorno, su quella che è la nostra alimentazione e il nostro modo di mangiare/masticare e più in generale il nostro stile di vita RISPETTO a quelle che sarebbero le nostre possibilità fisiologiche. Se abbiamo sete, ALLORA certamente abbiamo avuto fretta, o abbiamo scelto male un cibo o le proporzioni tra i cibi, oppure abbiamo tenuto per troppo tempo un comportamento “innaturale” (per esempio, allenamenti sportivi ultra intensivi o lavori per troppo tempo sotto il sole cocente - in questo caso, l’acqua serve al corpo anche per trasmutare il sodio in potassio e disperdere così il calore eccessivo. Di questi fenomeni ne ho ampiamente trattato nella mia tesi di laurea e nel saggio che è la relativa versione divulgativa, quindi mi fermo qui, anche se ovviamente la cosa meriterebbe più di un approfondimento).La sete è quindi un potentissimo strumento di AUTODIAGNOSI, che tutti potrebbero usare al posto di leggere tanti libri inutili sull’alimentazione o ascoltare tanti esperti che poi ...tanto esperti non sono, ma solo dei semplici “fonografi”, come diceva Ohsawa (o “registratori”, come diremmo noi 60 anni più tardi...).

  2. Noi siamo un “sistema” di cui il cibo e i liquidi di cui ci nutriamo sono elementi talmente importanti da sovrastare quasi tutto il resto, perlomeno nel breve/medio periodo.
    Un così lungo periodo di attenzione ad ogni cosa che mangiavo mi ha permesso di capire maggiormente le differenze tra le diverse qualità di alimenti, preparazioni e metodi di cottura, ma soprattutto di apprezzare appieno l’importanza di ciò che avviene in bocca (e che NON SI PUO’ in alcun modo sostituire o delegare), che di fatto ha la potenza di trasformare anche un cibo scadente in un cibo accettabile, nel senso che non richieda liquidi aggiuntivi per essere “accettato” dal nostro corpo. Scegliere cibo di buona qualità e saper fare le giuste proporzioni fra tutto è essenziale, ma se anche talvolta non fosse possibile, la masticazione può letteralmente fare il miracolo di trasformare un quasi veleno in qualcosa di quasi buono, o perlomeno di non così nocivo. E’ quindi la nostra volontà (decidere consapevolmente quanto masticare, per esempio) ad avere in ogni caso l’ultima parola sulle circostanze esterne anche apparentemente più sfavorevoli. Inutile dire che è vero anche il contrario: un cibo costosissimo e di qualità eccellente e persino nelle giuste proporzioni, ma masticato poco e male, porterà inevitabilmente a qualche squilibrio che potrà poi sfociare in una malattia vera e propria.

  3. Quello che si legge sui libri e si ascolta dagli altri è sempre molto interessante... ma a volte è MOLTO lontano dalla realtà, perlomeno dalla nostra. Perchè allora non essere NOI a scrivere il NOSTRO proprio libro e a raccontare qual’è la NOSTRA realtà? Tutti noi esseri umani siamo simili e quindi è ovvio che esistano un principio universale e delle indicazioni e informazioni generali valide per la quasi totalità di noi, in merito a come funzioni il nostro corpo e a come agire per farlo ritornare in salute.
    Ma è anche vero che ciascun essere umano è diverso e quindi possono esserci mille strade valide per risolvere un certo problema o malattia, anche la più grave; nostro compito primario è quello di trovare innanzitutto il NOSTRO specifico ....libretto delle istruzioni. Come fare? Per esempio sperimentando, sperimentando, sperimentando le teorie o le idee con cui veniamo in contatto ogni giorno e che ci sembrano le più promettenti.

    “La teoria senza la pratica è inutile; la pratica senza la teoria è pericolosa”, citando al volo Ohsawa.

    Il bello dello sperimentare è... che si possono anche trovare delle novità piuttosto interessanti anche se la “scienza” crede ormai di sapere tutto sul corpo umano, per esempio scoprire che ogni essere umano può vivere senza bere anche ben oltre i 120 giorni; oppure che il sangue non si forma solo nel midollo osseo e che richiede delle reazioni nucleari a debole energia per essere prodotto (ecco perchè la scienza attuale non riesce a replicarlo! Ma questo è un altro discorso...).

Ho voluto scrivere un articolo su questa esperienza così particolare e così bizzarra perchè dopo tanto tempo ho voluto riflettere meglio e con occhi nuovi su una esperienza che senz’altro al mondo hanno fatto in pochi, ma che all’epoca tutto sommato non mi era nemmeno sembrata qualcosa di speciale, visto che in un certo senso “sapevo a priori” che ci sarei riuscito, avendo una grande fiducia nelle parole di Ohsawa che ripeteva come un mantra “bere il meno possibile” alle persone malate della sua epoca (ben diverse da quelle malate di QUESTA EPOCA, sia ben chiaro).

(Per conoscere meglio il pensiero di Georges Ohsawa, ovvero Yukikazu Sakurazawa, il modo migliore è senz'altro il libro che assieme ad altri 15 volonterosi abbiamo tradotto, con 3 anni di lavoro e di cui una presentazione puoi trovare sul sito http://lagrandeopera.it)


Tante volte mi è capitato di fare accenni a questa esperienza quasi solo per “stupire” in maniera superficiale ed inutile le persone con cui parlavo; con questo racconto - ben più dettagliato e scritto con la volontà di mettere ordine tra i miei pensieri, di trovare nuovi stimoli e nuova determinazione per imprese ben più importanti di quella appena esposta e in parte anche di ispirare un poco tu che leggi a procedere con la tua personale ricerca della Verità - spero che tu abbia trovato almeno UN motivo di riflessione sulle tue credenze attuali e sulla vita che stai conducendo.

Sono felice di aver riaperto per un giorno questa parentesi così curiosa del mio passato, che ora richiudo.

Se queste righe ti hanno fatto nascere riflessioni, domande o commenti che vuoi condividere con me, sarei grato se me li scrivessi qui sotto! Prometto una rapida risposta, come mio solito.

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Luca Chiesi
www.lucachiesi.com