Erica Scherl

La viola d’amore: lo strumento con il nome più bello che ci sia

2020-04-26 20:10:09

Oggi vi presento uno strumento davvero affascinante e poco conosciuto: la viola d’amore.

Un po' di storia


Si ipotizza che la viola d'amore abbia origini orientali o addirittura indiane, anche se la sua prima apparizione europea viene testimoniata a Monaco di Baviera alla fine del XVII secolo. Da lì si diffonde in Boemia, Italia e Francia. Raggiunge il massimo fulgore, soprattutto nel repertorio italiano, durante il XVIII secolo, e cade poi in disuso, non sappiamo precisamente come mai, forse per la sua complessità di uso e di gestione.

La viola d’amore è molto apprezzata dai compositori del tempo, Antonio Vivaldi le dedica molte composizioni, ma anche Heinrich Bieber, Johann Sebastian Bach, Georg Philipp Telemann. Dopo un periodo di quasi completo oblio, anche compositori novecenteschi fra cui Paul Hindemit, Hector Villa Lobos e Bruno Maderna, la fanno rivivere, prevedendone l’impiego in alcune composizioni.


Qualche dettaglio organologico


La viola d'amore fa parte dell'ampia e variegata famiglia delle viole da braccio, ed è uno strumento a sei o sette corde. La sua particolarità maggiore, che ne definisce l’unicità, consiste nel fatto che, poste parallelamente sotto alle corde che vengono strofinate dall’archetto, ci sono delle corde di risonanza, che non vengono sfregate direttamente dall’arco, ma vibrano per simpatia quando le corde superiori vengono suonate, conferendo così allo strumento un timbro “argentino” e rotondo davvero affascinante.


Qualche ipotesi sul nome


Altrettanto affascinanti sono le ipotesi riguardanti l’origine di questo nome così singolare. Un’ipotesi è che il nome derivi dal fatto che spesso la testa del ricciolo è intagliata a forma di testolina di Cupido. Un’altra ipotesi è che questo nome sia testimonianza della probabile origine orientale dello strumento, riscontrabile anche nell’estetica di alcuni dettagli costruttivi, quali ad esempio la forma “a fiamma” delle aperture che nel violino sono invece a forma di “f”. Secondo questa ipotesi, per la verità non molto accreditata, il nome “d’amore” sarebbe una contrazione della definizione “de’ mori”.

Quella che però mi piace di più, è l’ipotesi secondo cui questo nome deriverebbe dal fatto che le corde inferiori vengono messe in vibrazione da quelle superiori, conferendo così al timbro dello strumento una particolarissima dolcezza. Allo stesso modo, le persone che si amano entrano in risonanza reciproca, e le vibrazioni dell'una fanno vibrare le corde dell’altra.

I viaggi meravigliosi degli strumenti, tra lo spazio e il tempo


Come abbiamo visto in altri casi, gli strumenti viaggiano attraverso il tempo e i luoghi in modo inaspettato. Troviamo uno strumento molto simile alla viola d’amore, anche se con caratteristiche ornamentali che si sono evolute diversamente, in Norvegia. 

Lo strumento tradizionale della musica norvegese si chiama infatti hardingfele, ed è praticamente identico alla viola d’amore. La testa del ricciolo è a forma di drago o di “leone di Norvegia” e molto spesso la tastiera è splendidamente ornata in madreperla. Viene utilizzata prevalentemente nel repertorio tradizionale per accompagnare le danze o le funzioni liturgiche.


Nei prossimi giorni vi farò sentire qualche esempio che vi possa far apprezzare ancora di più di questi meravigliosi strumenti!