Erica Scherl

La Musica, riflessioni sull'avventura di una vita

2020-03-24 20:41:34

La mia avventura musicale è iniziata ufficialmente quando avevo cinque anni e portavo ancora i capelli a caschetto. Invitata da un contesto familiare in cui la musica era un’amatissima e costante presenza, mi sono trovata un violino fra le mani e da quella volta, non l'ho più lasciato.

Fiorire in Musica - I primi passi

La mia avventura musicale è iniziata ufficialmente quando avevo cinque anni e portavo ancora i capelli a caschetto. Invitata da un contesto familiare in cui la musica era un’amatissima e costante presenza, mi sono trovata un violino fra le mani e da quella volta, pure con alterne vicende, come in tutti i grandi amori, non l’ho più lasciato.

Ero una bambina assolutamente normale. Con questo intendo dire che, pur avendo sicuramente un ottimo orecchio musicale e una facilità innata nel contatto con la musica e il suo linguaggio, non ero una di quelle bambine “nate con il violino in mano” e non appartenevo alla categoria dei “bambini prodigio”. 

Mi piaceva moltissimo la musica, e questo era il fattore trainante. Ma mi piaceva soprattutto quando le cose mi venivano con facilità e senza molta fatica. Adoravo suonare quando il risultato sonoro corrispondeva quasi subito al risultato immaginato. Detestavo invece suonare quando il brano che affrontavo presentava delle difficoltà che non riuscivo a superare immediatamente e mi avrebbe richiesto l'impegno di osservare il problema tecnico, aggirarlo, scomporlo, provare e riprovare con mente desta, esplorativa e spirito curioso. Ancora non possedevo queste qualità, ma ne parleremo approfonditamente in seguito. Posso intanto dire che proprio in questo consisteva la mia assoluta “normalità” di bambina: in una certa inerzia e in una forma di incrollabile incredulità rispetto alla necessità dell’impegno. 

Nel corso di molti anni d’insegnamento, il mio osservatorio privilegiato, il dato che accomuna la maggioranza dei bambini “normali” nel loro approccio a uno strumento musicale è proprio questo: una bassissima tolleranza della frustrazione e l’attaccamento a una condizione di dipendenza, in cui è l’adulto “onnipotente” a dover infondere con la sua sola presenza un’abilità e una competenza musicale, senza che il giovane allievo partecipi in modo attivo. 

Del resto, come dare loro torto? O almeno, come non provare un senso di comprensione e solidarietà per questo desiderio? Chi di noi ha dimenticato il senso di meraviglia e di magia nell’osservare le evoluzioni di un acrobata, il senso di miracolo e di leggerezza, una fiducia improvvisa nell’esistenza di una magia capace di aggirare i limiti della realtà ordinaria, che ci faceva palpitare il cuore e pensare: “adesso, quando lo spettacolo è finito, mi alzo dalla sedia e lo faccio anch’io”? (Io infatti ci ho provato, lanciandomi come una trapezista fra due rami di un albero alto: mi sono sbucciata le mani, ho rischiato di non prendere il ramo successivo, mi sono strattonata una spalla…forse a salvarmi la vita è stata proprio la fede assoluta nel fatto che sarei stata in grado di fare la trapezista nel giardino di casa?…ma questa è un’altra storia). La stessa fascinazione si accende quando osserviamo un musicista eccelso. Ciò che egli ci trasmette non è la fatica, ma uno stato di grazia. La dolcezza struggente ed espressiva di un suono di violino perfettamente modulato, l’acrobaticità di un passaggio virtuosistico eseguito con maestria, fanno risuonare in noi una sensazione di facilità e felicità. 

Questo è certamente quello che affascina e innamora un bambino e gli fa dire: “voglio farlo anch’io”. Non la promessa di un lungo percorso fatto di tentativi, errori, studio, applicazione, impegno, approfondimento. Il bambino non riesce a visualizzare e ad immaginare un “percorso” accidentato che si frapponga tra la formulazione del suo desiderio e la realizzazione del risultato che lo ha acceso. La visione del risultato finale, con il suo portato di magia, gioia e leggerezza è ciò che fa accendere il fuoco dell’innamoramento. Ed è compito dell’adulto affiancare e sostenere il bambino affinché questo fuoco giunga a maturazione senza spegnersi, che l’innamoramento iniziale diventi un amore profondo e duraturo per la musica, e per qualsiasi forma di arte e di vita, attraversando tutte le difficili e inevitabili prove che l’apprendimento comporta. L’esito finale, la maturità vera, sarà un recupero di gioia, una magia vissuta e goduta, la capacità di giocare con la leggerezza di un bambino e con la profondità di un essere adulto. 

Io posso certamente affermare che, con il passare degli anni e con la maturazione musicale ed umana, è stato proprio questo il dono più prezioso che l’ incontro con la musica, avvenuto in così tenera età, mi ha portato. Il fatto di innamorarmi profondamente del percorso. Di godermi moltissimo il viaggio. La perla nascosta. La conquista continua di nuovi spazi, il senso di un limite che si sposta sempre, come si sposta la linea dell’orizzonte durante una lunga navigazione, un paesaggio che diventa sempre più ampio quanto più ci si alza in volo.