Dr. Andrea Militello Andrologo Urologo

2021-11-24 07:32:06

Il testosterone fa male alla prostata: sfatiamo definitivamente questo mitoInizio modulo

Purtroppo ancora oggi molti pazienti e alcuni medici sono del parere che la somministrazione di testosterone a scopo terapeutico, per esempio nella medicina anti-age o nel trattamento dell’ipogonadismo, sia in grado di indurre malattie alla prostata, o addirittura vecchie leggende metropolitane dove si riferisce che la terapia con testosterone possa provocare cancro della prostata!!!

Tutto nasce da uno studio sperimentale eseguito nel 1941 dal dottor Huggins che mise in evidenza come la castrazione chirurgica su animali affetti da tumore della prostata provocava effettivamente una riduzione del volume del tumore.

Si dedusse quindi che il testosterone era in grado di stimolare la progressione del tumore e la sua crescita e quindi una castrazione chirurgica, che diventò poi successivamente di tipo ormonale, era in grado di controllare i valori di testosterone nel sangue se non addirittura azzerarli e controllare quindi l’andamento della malattia tumorale.

Erronamente così per molti anni si è associato il testosterone e l’uso del testosterone alla possibilità di ammalarsi di cancro della prostata.

Ma in tempi molto più recenti, e forse non da tutti conosciuti, Pearson nel 2005 e Roddam nel 2008 con importanti lavori scientifici pubblicati sul Journal of The National Cancer Institute hanno dimostrato in maniera netta e precisa che non esiste alcuna associazione fra i livelli di testosterone nel sangue e il rischio di ammalare di cancro della prostata.

Ma addirittura studi di Morgentaler del 2009 hanno evidenziato come i soggetti con bassi livelli di testosterone sono più soggetti ad ammalare di cancro della prostata.

Anche studi italiani, ad esempio Salonia nel 2011 hanno dimostrato come i soggetti affetti da tumore della prostata sono maggiormente a rischio quando i loro valori di testosterone nel sangue sono di basso livello.

Questo sembra predisporre a un maggior grado di malignità e ha una maggiore coinvolgimento dei linfonodi e delle vescicole seminali.

Gli studi più attuali, e quindi non quelli lontani del 1941, ci indicano che basse concentrazioni di testosterone possono favorire il rischio di neoplasia prostatica tanto che, ormai da 11 anni, nel 2009 è stata in maniera definitiva cancellata la possibilità di definire il testosterone come responsabile del cancro della prostata, ma purtroppo molte di queste concezioni non sono ancora entrate nella cultura dei medici e dei pazienti.

Tengo nuovamente a indicare quanto sia importante avere un valore normale di testosterone nel sangue specialmente nella media età, in cui il testosterone tende a essere fisiologicamente meno prodotto e quindi meno presente a livello ematico con tutte le ripercussioni sulle condizioni di salute psicofisica e non solo sessuale e della libido.

Il testosterone è inoltre un ottimo assistente ormonale per quelle condizioni legate all’andropausa come ad esempio la depressione, la mancanza di attenzione e di concentrazione e l’affaticamento psicofisico.

Continua a leggere :

https://www.urologia-andrologia.net/il-testosterone-fa-male-alla-prostata-sfatiamo-definitivamente-questo-mito/

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Dr. Andrea Militello Andrologo Urologo

2021-11-20 11:56:29

Gli effetti degli inibitori dell’aromatasi su lipidi e trombosiInizio modulo

In questo articolo mi permetto di fare riflessioni sulla necessità di non abbassare in maniera incosciente i livelli di estrogeni nell’uomo ma anche sugli effetti collaterali dell’uso indiscriminato di antiaromatasi. Prendo spunto dal mondo della ginecologia molto più “esperto” nell’uso di tali sostanze, utilizzate nel controllo di malattie tumorali ( e non solo ) estrogeno dipendenti

È noto che gli estrogeni influenzano i livelli di lipidi nel sangue e sebbene i suoi effetti cardioprotettivi siano meno chiari di quanto si pensasse, rimane la preoccupazione che la riduzione dei livelli di estrogeni durante il trattamento ormonale per il cancro al seno possa avere un effetto negativo sul rischio cardiovascolare.

Sebbene sia stato dimostrato che il tamoxifene migliora i profili lipidici, gli inibitori dell’aromatasi hanno una modalità d’azione molto diversa e non possiedono gli effetti estrogeno-agonisti del tamoxifene.

Al momento, ci sono pochi dati sugli effetti di questi agenti sui profili lipidici.

I dati disponibili sono misti, ma suggeriscono che i diversi inibitori dell’aromatasi hanno effetti diversi sui profili lipidici.

Alcuni studi mostrano che anastrozolo ha generalmente scarso effetto sui lipidi, mentre altri hanno indicato effetti avversi sui profili lipidici/aumento dell’ipercolesterolemia.

Il letrozolo è stato associato ad effetti avversi sui profili lipidici in alcuni studi, incluso BIG 1-98, ma i dati a breve termine provenienti da studi randomizzati non mostrano un aumento della morbilità cardiovascolare.

Al contrario, l’exemestane, che è stato studiato in modo leggermente più dettagliato, può avere scarso effetto o può essere associato a profili lipidici leggermente migliorati.

In generale, i cambiamenti sono stati piccoli e probabilmente di scarsa rilevanza nelle donne con carcinoma mammario avanzato, ma se questi agenti verranno utilizzati nel carcinoma mammario in fase iniziale, il loro impatto sui profili lipidici potrebbe diventare più importante.

Sono attualmente in corso molti studi con gli inibitori dell’aromatasi, con valutazioni di sicurezza incluso il monitoraggio dei livelli lipidici. I risultati di questi studi sono molto attesi.

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https://www.tagmedicina.it/2021/11/20/gli-effetti-degli-inibitori-aromatasi/

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Dr. Andrea Militello Andrologo Urologo

2021-11-16 06:45:19

L’età del padre influenza l’esito della procreazione assistitaInizio modulo

La bassa qualità del liquido seminale obbliga spesso l'uso della tecnologia di riproduzione assistita (ART), tuttavia l'associazione tra la qualità del liquido seminale e gli esiti della riproduzione assistita è incerta. A questo proposito è stato condotto presso un unico centro accademico di medicina riproduttiva (tra gennaio 2012 e dicembre 2018) uno studio di coorte retrospettivo.

L'età del padre condiziona la fertilità?

Sono stati inclusi pazienti sottoposti ad almeno un ciclo di procreazione assistita utilizzando liquido seminale appena eiaculato dal partner maschile.

Gli autori hanno valutato l'associazione tra la qualità del liquido seminale (stratificata sulla base dei criteri della 5a edizione dell'OMS), l'età paterna (

Per valutare le differenze nei risultati della riproduzione assistita in base ai parametri del liquido seminale e all’età, sono state applicate equazioni di stima generalizzate per tassi di fecondazione, gravidanza, impianto, aborto spontaneo, nati vivi, formazione di blasti, età gestazionale e biopsia dell'embrione normale.

I risultati dello studio sull'incidenza dell'età del liquido seminale

Sono state identificate 2063 coppie che hanno subito 4517 cicli riproduzione assistita e l'età media dei partner maschi e femmine era rispettivamente di 39,8 e 37,7 anni.

Sono stati osservati tassi di gravidanza inferiori nei cicli con motilità degli spermatozoi inferiore (cioè <40%; 39,9% vs 44,1%) e conteggio totale (cioè <9 milioni; 38,3% vs 43,5%).

Quando si esaminano solo i cicli che utilizzano l'ICSI, solo un conteggio della motilità inferiore è stato associato a un calo del tasso di gravidanza (39,1% vs 44,9%).

Non è stata identificata alcuna associazione tra la qualità dello sperma e l'età gestazionale o il peso alla nascita.

L'età paterna non era associata ai risultati della riproduzione assistita, tuttavia tra i cicli ART nelle donne <40 anni, il tasso di aneuploidia era più alto per gli uomini più anziani (p <0,001). Nei cicli con donne> 40, non è stata identificata alcuna associazione tra aneuploidia ed età maschile.

La prevenzione inizia dall'adolescenza

La motilità degli spermatozoi è associata ai tassi di gravidanza, mentre altri parametri dello sperma non lo sono. Nei cicli nelle donne <40 anni, l'età paterna è associata al tasso di aneuploidia embrionale.

I fattori paterni sono associati ai risultati della riproduzione assistita e studi futuri dovrebbero esplorare i meccanismi attraverso i quali la qualità del seme è associata ai risultati della ART.

Tutto questo ci fa capire come per la fertilità maschile un atteggiamento preventivo sia indispensabile a partire dall’età adolescenziale.

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https://www.medicitalia.it/blog/andrologia/8647-l-eta-del-padre-influenza-l-esito-della-procreazione-assistita.html

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