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Salute & Benessere

I grassi del latte fanno meglio alla salute rispetto a quelli della carne

2020-11-13 21:55:11

I grassi si dividono in insaturi, principalmente presenti nei vegetali e nel pesce, e saturi, che si trovano soprattutto negli alimenti di origine animale. Ma tra i grassi della carne e quelli di latte e derivati ci sono molte differenze che incidono sulla salute.



Grassi del latte e grassi della carne

Occorre precisare che vi è differenza tra i grassi del latte e quelli contenuti nella carne degli animali. Circa il 70% dei grassi totali del latte sono saturi, ma differenti rispetto a quelli della carne: questo perché sono frutto dell’attività secretiva della ghiandola mammaria della vacca. I grassi secreti dalla mammella sono costituiti da globuli rivestiti da una speciale membrana lipo-proteica , che comprende vari strati contenenti lipidi polari e numerose proteine bioattive con funzioni metaboliche, di trasporto e di protezione dalle infezioni. Su questa membrana agisce rapidamente un enzima chiamato lipasi , che si occupa di scindere i grassi trasformando i trigliceridi, responsabili del rischio cardiovascolare, in glicerolo e acidi grassi. I grassi della carne invece, malgrado l’estrema variabilità dovuta alla specie, al taglio, all’età e all’allevamento dell’animale, sono principalmente rappresentati dai trigliceridi . In altre parole, la differenza principale tra i grassi del latte e i grassi della carne è che questi ultimi non appartengono ad un momento secretivo, non sono sostanze esocrine, secrete cioè da una ghiandola nel lume di un dotto (mammella) e non sono anatomicamente costitutivi e strutturati nel tessuto muscolare edibile della carcassa dell’animale.

Inoltre, studi d’intervento su donne e uomini di mezza età hanno dimostrato che una dieta con un apporto di grassi da latte, formaggio e gelati per il 20% dell’energia giornaliera ha ridotto i valori di colesterolo LDL (quello “cattivo”) dal 4,3 al 5,3%. Si può perciò dedurre che il grasso del latte come “molecola aggregata” sia, dal punto di vista biologico e nutrizionale, un grasso diverso, cioè non gravato da quel rischio cardiovascolare tipico dei grassi saturi degli altri alimenti.

I grassi trans

Un’ulteriore tipologia di grassi, questa volta non presenti in natura, sono quelli trans. Nascono da un processo industriale chiamato idrogenazione attraverso il quale i grassi vegetali di basso costo (palma, cocco, etc.) vengono chimicamente “spezzati e riassemblati” tra loro dando forma ai grassi trans . Questo processo consente di ottenere un grasso più compatto, più facilmente spalmabile, con maggiore palpabilità e con un più lungo tempo di conservazione e tutto a costi molto ridotti per le industrie alimentari. È bene sottolineare che questo tipo di acidi grassi determinano un aumento del colesterolo “cattivo” (lipoproteine LDL), accompagnato da una diminuzione di quello “buono” (lipoproteine HDL). Pertanto, un’alimentazione ricca di grassi trans aumenta il rischio di sviluppare gravi patologie cardiovascolari come aterosclerosi, trombosi, ictus, etc. Sembra inoltre che gli acidi grassi trans svolgano un’azione pro-infiammatoria , cioè che favorisce l’insorgenza delle infiammazioni, e che producano un’alterazione della normale funzione dell’endotelio, il tessuto che ricopre l’interno dei vasi sanguigni e linfatici del cuore (disfunzione endoteliale), come riportato in un ampio studio (Nurses Health Study ). Le linee guida dell’OMS raccomandano la limitazione delle calorie derivate dai grassi trans, che dovrebbero rappresentare massimo l’1% delle calorie introdotte con la dieta, e sottolineano come un’alimentazione ricca di questo tipo di grassi aumenti il rischio di malattie cardiache del 21% e di morte del 28%. Il fabbisogno giornaliero di lipidi viene valutato in percentuale rispetto alle calorie giornaliere consumate. I valori più alti, giustificati dallo sviluppo neuronale, si hanno nei lattanti (6-12 mesi) con il 40% delle calorie totali e nei bambini (1-3 anni) con il 35-40%. Nei bambini dai 4 anni, nell’adolescenza e nell’età adulta, compresa gravidanza e allattamento, il fabbisogno varia dal 20 al 35%. Oltre a considerazioni di tipo quantitativo, è necessaria una valutazione qualitativa, infatti i grassi saturi assunti in quantità elevata influenzano negativamente i valori del colesterolo LDL. In sostanza, in una corretta alimentazione è fondamentale rispettare il fabbisogno di lipidi rispetto alle calorie totali ma, data la differente struttura chimica e funzionale degli acidi grassi, è importante che i grassi saturi non superino il 10% dell’energia totale della dieta e che la restante percentuale sia distribuita equamente tra acidi grassi mono e polinsaturi. In riferimento a questi ultimi, il loro fabbisogno è aumentato fino ai 2 anni di età e durante la gravidanza e l’allattamento per lo sviluppo neuronale e visivo. Il colesterolo appartiene alla famiglia dei lipidi e non deriva solo dagli alimenti introdotti: l’80% viene prodotto dal nostro fegato perché, nelle giuste quantità, svolge importanti funzioni per il nostro organismo ed è parte delle membrane cellulari.