Cristina Tagliabue

Founder Junior

Storia di Becco

2019-09-27 20:09:56

"Storia di Becco" è un racconto de "I dieci verbi di Adì". Volevo raccontare l'amicizia al di là delle barriere, dei confini, delle paure.

Storia di Becco


...

Gli anni delle scuole elementari passarono veloci e spensierati e l’era delle medie arrivò con la sola certezza di non essere solo ad affrontare quello che tutti descrivevano come un importante passaggio. Avevo un amico al fianco.


Mi accorsi in breve tempo che gli equilibri erano radicalmente cambiati. Da squaletto in uno stagno a pesce rosso in un oceano. Ecco ciò che ero diventato.

E i problemi non tardarono…


C’era un gruppo di ragazzi molto più grandi di me, o almeno questa era l’impressione, che giravano con il giubbotto di pelle, la sigaretta tra le dita e il portafoglio nella tasca dei jeans (io, al massimo, avevo a disposizione qualche spicciolo per la cioccolata della macchinetta).

Li vedevo tutte le mattine nel piazzale esterno, stavano spalla a spalla in cerchio, come un circolo chiuso dove essere ammessi era un onore cui tutti aspiravano. L’ingresso a scuola poi era plateale, camminavano a testa alta, le mani alla costante ricerca dell’accendino, la camminata lenta, volutamente strascicata.

Spesso mettevano le braccia intorno alle spalle di qualche ragazza che, ne sono sicuro, non era mai la stessa per più di tre giorni.

Non avevo la minima idea della sezione che frequentassero o a che piano della scuola stava la loro classe ma il fatto è che me li trovavo sempre tra i piedi e gli sguardi che ricevevo erano tutt’altro che amichevoli.


Non sono un attaccabrighe e rifiuto volentieri l’amicizia di spacconi e prepotenti. Per un po’ la mia linea fu semplicemente quella di ignorarli ma, si sa, il troppo logora e quando uno dei manichini vestiti di pelle sputò a pochi centimetri da me e Bento durante l’ingresso da vip a scuola, il confine fu superato.


‘Adesso basta, vado a chiedere a quegli imbecilli che problema hanno!’

‘Adì...’

‘Non me ne frega niente se sono grandi e grossi!’

‘Adì...’

‘Scommetti che se corro non mi prendono? Si rovinano i vestiti firmati i signorini!’

‘Adì...’

‘Beh ciao!’

Feci per andarmene ma Bento mi afferrò le spalle costringendomi a voltarmi

‘Non ce l’hanno con te Adì!’

‘Ma cosa stai dicendo?’

‘Ti sto dicendo la verità. Mettiti l’anima in pace, sono io il problema’

‘Tu? Perché li conosci? Avete litigato? Perché non mi hai detto…’

non mi fece finire...

‘ADI’! GUARDAMI!’ con le manone aperte si indicò il viso e dai suoi occhi, neri come la notte, scaturì tutta la pesantezza di una condizione con la quale, prima o poi, dover fare i conti.

Poi abbassò lo sguardo e prese a torturarsi le dita, come quel giorno lontano in seconda elementare.


Il mio amico Bento è una montagna di ricci neri, due spalle larghe, alto una spanna più di me e indossa maglioni coloratissimi. Ma capii.

Il mio amico Bento è anche un’altra cosa: una persona decisamente più coraggiosa del sottoscritto perché se fosse successo a me di essere strappato da casa, dagli amici, dalla Terra in cui sono nato per ricominciare tutto daccapo in un luogo lontano, beh non ce l’avrei fatta. Non come lui.

Bento è peruviano e la piccola insignificante diversità che faceva storcere il naso a quei bulli era la bellissima tonalità cioccolato della sua pelle.


‘Sono solo invidiosi’ dissi ‘la pelle abbronzata attira le ragazze...’

Sapevamo tutti e due che non avevano bisogno della pelle abbronzata per rimorchiare ma sapevamo anche, ed era solo questo a contare, che la nostra amicizia andava oltre.

In gruppo facevano i bulli ma presi singolarmente erano insignificanti e fastidiosi come una mosca in un occhio.

Questo dissi a Becco e il suo sorriso fu la cosa più bella di quella giornata.

by Cristina Tagliabue