Cinzia Giluni

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QUALCOSA DI ME

2019-04-30 02:24:00

PARTE TERZA

IO E LA MIA PROFESSIONE

Finite le scuole superiori avrei tanto voluto andare all università per diventare medico anzi la mia aspirazione era diventare cardiochirurgo ma purtroppo mio padre non me lo permise sia per un problema economico ma anche e soprattutto perché l università era ad 80 km da casa e per mio padre era impensabile che io andassi così lontana.


Dopo un anno di vari lavoretti mi si presentò l occasione di fare la scuola infermieri, all'epoca corso regionale che ti riconosceva anche una indennità di frequenza e quindi mi dissi perché no visto che mi avrebbe consentito di rimanere in ambito ospedaliero e così iniziai questa avventura.


Chi mi conosceva era certo che non ce l avrei mai fatta visto che ero una persona troppo "delicata" e invece ad oggi sono 25 anni che sono infermiera ed è forse l unica cosa dove mi sento sicura di me. 



Quando iniziai anche io ero convinta che alcune cose non sarei mai riuscita a farle come per esempio l'igiene intima del paziente uomo e invece fin da subito tutto risultò per me molto naturale.


Visto la mia esperienza negativa con la figura maschile e visto anche quello che mi era stato inculcato sul ruolo della donna e dell'uomo ero certa che sarebbe stato un ostacolo insormontabile e invece fin da subito mi resi conto che nel momento in cui una persona diventava "paziente" non c era distinzione di sesso.


Piccola parentesi


Spesso si è portati a credere che una cosa è impossibile oppure che non si riesce a fare perché troppo difficile per noi e invece quando iniziamo a farla ci rendiamo conto che non era nulla di così tremendo.


Il più delle volte gli ostacoli che crediamo di vedere sono solo creati dalla nostra mente.


Quello che crediamo essere un muro insormontabile nel momento in cui ci avviciniamo per toccarlo si dissolve come se fosse fatto di sabbia.

Quando terminai la scuola infermieri iniziai facendo prestazioni infermieristiche a domicilio e assistenze a pazienti terminali (in merito a questo poi farò un articolo a parte)  e fu proprio tramite una di questi che conobbi il medico per il quale lavorai per sei anni.


Quello fu il periodo che ricordo con maggiore entusiasmo, amavo quel lavoro, sia per il lavoro in se sia perché mi dava l opportunità di essere a contatto con molte persone e di conseguenza incrementare il mio lavoro domiciliare.


Essendo un lavoro part time dovetti integrarlo con un secondo lavoro durante il weekend nell infermeria di una fabbrica fino a quando non venni chiamata da una clinica e visto che si trattava di un lavoro a tempo pieno e indeterminato lo accettai. 

Sinceramente di quel periodo non ho bei ricordi se non il guadagno, ma per il resto non mi sentivo soddisfatta, appagata, mi sentivo in trappola ma non ne riuscivo a capire il motivo visto che in fin dei conti era un lavoro sicuro.


Fu quello il periodo in cui poi mi sposai ed ebbi i miei figli e questo aumentò la mia insofferenza nei confronti del lavoro ma continuavo a non capirne il motivo.


In parte era legato al modo in cui dovevo gestire i pazienti, visto il poco personale si lavorava in maniera approssimativa facendo il più delle volte solo l essenziale (a volte nemmeno quello) ma in seguito capii il nocciolo della questione.


Quando mi separai fui costretta a mettermi in aspettativa, al momento di rientrare al lavoro fui trasferita in una situazione più tranquilla e familiare e seppure qui la condizione lavorativa era sicuramente migliore, ad un certo punto i pagamenti dello stipendio si interruppero, facendomi entrare in una spirale da cui non riuscii ad uscire e così mi licenziai.


Non avrei mai pensato di arrivare ad una decisione simile, lasciai un posto fisso per fare sostituzioni qui e la che però mi aprirono completamente gli occhi su cosa fino a quel momento mi aveva fatto sentire in prigione.


Come nel discorso spirituale anche qui erano gli schemi a rendermi insofferente e a farmi arrivare al punto di odiare il mio lavoro.


Toccai il fondo anche qui, perché non sapevo più cosa volessi fare, anche perché io sapevo solo occuparmi dei pazienti e non pensavo di essere in grado di fare altro.


Piano piano dopo un periodo di pochissimo lavoro domiciliare i pazienti sono iniziati ad aumentare.


Oggi ne ho quattro che gestisco personalmente più qualche prestazione infermieristica occasionale.


Nel tempo ne ho persi diversi ma ora ho raggiunto il mio equilibrio seppur nella precarietà.


Oggi non riesco a pensare ad una modalità di lavoro diverso anche perché in questo modo riesco a gestire i miei figli senza doverli affidare ad una babysitter in quanto lavoro principalmente quando i ragazzi sono a scuola o dal papà, riesco ad essere presente ad ogni recita, ad ogni spettacolo, ad ogni gara, ad ogni incontro a scuola e non riuscirei a lavorare in maniera diversa almeno fino a quando loro non raggiungano un certo grado di autonomia e x questo ci vorrà ancora qualche anno.


È troppo importante per me viverli anche perché questi anni non torneranno più!!!