Bernardo Maria

Ai tempi di Gesù, la Palestina era una provincia dell’Impero romano: la Giudea. Nella cartina i luoghi teatro della vita di Gesù: Nazaret, dove trascorse l’infanzia; i dintorni del Lago di Tiberiade, dove predicò; Gerusalemme, dove fu crocefisso e dove si concentrarono i suoi primi seguaci. | NUMERO CHIUSO. Secondo il Protovangelo, invece, quando Maria compì 12 anni, il sacerdote Zaccaria ordinò che tutti i vedovi di stirpe reale giungessero a Gerusalemme, affinché uno di loro fosse scelto da Dio come sposo della giovane, che da tempo viveva nel tempio in odor di santità. Tra costoro c’era anche Giuseppe: la sua prima moglie (di cui si ignora il nome) era morta, lasciandolo padre di più figli: 4 maschi (Giuda, Giuseppe, Giacomo e Simone) e più femmine, almeno 2. Anche in questa storia l’intento è chiaro: giustificare i fratelli di Gesù presenti nei vangeli, senza contaminare il mito della Vergine. Che Gesù avesse dei fratelli, infatti, nessuno l’aveva negato: nel Vangelo di Marco (6,3-4) e di Matteo (13,55-56) sono citati per nome. «E dopo la morte di Gesù» spiega ancora Pesce «il fratello Giacomo ebbe un ruolo importante nel gruppo dei seguaci a Gerusalemme. Secondo gli Atti degli Apostoli, è addirittura a capo della comunità. Il problema, semmai, era capire se i figli fossero di Maria o di un’altra, come afferma il Protovangelo di Giacomo. Io credo che siano tutti fratelli di sangue. Nessun testo canonico, quando parla di loro, nega che siano figli di Maria e di Giuseppe». Eppure, nell’iconografia la sacra famiglia è sempre composta da mamma, papà e bambino. «Fratelli e sorelle sono stati eliminati dal quadro familiare» spiega Pesce «per privare di significato la figura storica di Gesù ed esaltarne la figura divina». Un analisi, questa, che però non convince tutti gli esperti, perché si scontra su un aspetto linguistico fondamentale: al tempo e in quei luoghi, il termine fratello aveva un significato molto più ampio di quello che abbiamo oggi. Un po' come quando i giovani di oggi si salutano dandosi del fratello o bro'... pur non essendo affatto fratelli. Guarda: Come sono nate le tradizioni del Natale? TUTTI A BETLEMME. Ad ogni modo, ora occorreva il posto giusto per far venire al mondo Gesù. Il luogo ideale era Betlemme, dove era nato re Davide. Su questo insistono Matteo e Luca: nascere nella città di Davide, appartenendo alla sua stirpe, costituisce una conferma che fosse l’atteso Messia. Tanto che Flavia Giulia Elena, la madre dell’imperatore Costantino, nel 327 giunse in pellegrinaggio nei luoghi della passione di Gesù. E proprio a Betlemme si fece indicare da gente del posto dove fosse nato il Salvatore. Trovò così una grotta dietro a un altare romano dedicato ad Adone : un posto ideale per farci nascere Gesù. Qui fu costruita la Basilica della Natività. La penna di Matteo e Luca, insomma, vuole offrire a Gesù quegli aspetti divini che i fedeli si attendevano fin dall’Antico Testamento. E così, se in Matteo i genitori di Cristo sembrano spinti dal destino a Betlemme proprio quando Maria deve partorire, Luca fornisce una spiegazione più terrena: erano a Betlemme perché c’era un grande censimento, che obbligava tutti a tornare dove erano nati. Ma c’è un problema: il censimento di Augusto dell’8 a. C. riguardava solo i cittadini romani. Il censimento di cui parla Luca fu invece di Quirinio, governatore della Siria, del 6 d. C.: forse lo scrittore forzò le date pur di collocare la nascita a Betlemme. Altri storici invece pensano che il censimento citato sia quello del 6 a. C., sempre dello stesso Quirinio, quando era un semplice funzionario. Ma ciò che importa, alla fine, è salvare la simbologia: come ha un valore simbolico il suo giorno di nascita, collocato, nel 4° secolo, al 25 dicembre . Del resto, gli evangelisti qualificano Gesù come “nazareno”: probabilmente

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A CASA DI MARIA. Nessun testo dice che Maria fosse di Gerusalemme. Anzi, l’angelo la va a trovare a Nazaret, paese di Giuseppe, quando ella è già sua promessa sposa. Così narra Luca, che prosegue con la storia della visitazione di Maria alla cugina Elisabetta, anch’ella protagonista di una gravidanza miracolosa perché era già anziana. Sebbene le due donne si incontrino fuori dalle mura cittadine , Elisabetta abitava di certo poco distante da Gerusalemme, poiché era la moglie del sommo sacerdote Zaccaria, che al tempio doveva per forza recarsi. Inoltre, per Luca questa coppia è essenziale ai fini del messaggio che vuole inviare: da Elisabetta e Zaccaria nascerà Giovanni il Battista, il profeta che riconoscerà Gesù come il Messia, ma anche suo cugino. Una parentela di santità assoluta, insomma. Il Protovangelo di Giacomo colloca la famigliola di Maria a Gerusalemme. Giuseppe, invece, abitava a Nazaret. Ma come s’incontrarono? L’autore del Protovangelo cercò di unire tutti i fili del racconto: Maria nasce a Gerusalemme e trascorre l’intera infanzia nel tempio dove “riceveva il cibo dalla mano di un angelo”. In seguito sarà data sposa a Giuseppe, che la condurrà a Nazaret. Qui la troverà l’angelo dell’Annunciazione e da qui partirà per cercare Elisabetta. E, a questo punto, il Protovangelo deve prendersi cura del papà di Gesù, che diventa una figura cardine. I vangeli di Matteo e di Luca pongono Davide, re e messia d’Israele, fra gli avi di Giuseppe. Ma, oltre a questa genealogia, sul padre putativo di Gesù gli evangelisti dicono ben poco: si sa che era un tékton, termine greco per molto tempo tradotto come “falegname”, ma in realtà significa “carpentiere”: non fabbricava armadi, ma lavorava nell’edilizia.

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Il luogo della Natività nella Basilica di Betlemme. | VERGINE E MADRE. Maria, la madre di Gesù, concepì il bambino senza perdere la verginità (e attenzione non è l'Immacolata Concezione). Lo racconta Luca e lo conferma Matteo, che narra l’apparizione dell’angelo a Giuseppe (“Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo”). Sulla verginità di Maria dopo il parto «insiste anche un vangelo apocrifo che ha avuto un influsso enorme, il Protovangelo di Giacomo scritto verso il 150 d. C.» nota Mauro Pesce, docente di Storia del cristianesimo all’Università di Bologna. Per giustificare il miracolo, Matteo cita il profeta biblico Isaia: “Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele (Dio con noi)”. L’obiettivo è chiaro: «Una parte dei primi cristiani» dice Pesce «era convinta che le Sacre scritture ebraiche avessero riferimenti precisi a Gesù. Così interpretavano gli antichi testi biblici in modo da adattarli alla contemporaneità». Alla base di tutto, però, c’è una probabile forzatura: nel passo di Isaia, la parola ebraica almàh significa sì “vergine”, ma nel senso di “giovane donna”, senza precisarne la condizione sessuale. Ma nel 2° secolo d. C., alcuni cristiani, influenzati da filosofie ellenistiche, guardavano con sospetto la materia e la sessualità: così, traducendo almàh, preferirono accentuare quella sfumatura. «E la verginità di Maria è servita a rafforzare una visione antisessuale», dice Pesce.

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