Anni fa, ad un convegno, tutti noi partecipanti eravamo assorti ad ascoltare l’oratore, quando in aula fa il suo ingresso un giovane uomo, intorno ai 40 anni, tutto preso da se’.
Il professore, invece di ignorarlo o essere infastidito dal ritardo, si rivolge alla platea: “Facciamogli un applauso. Vuoi un applauso??”
Lui, pienamente soddisfatto, prende posto in mezzo agli studenti.
In Veneto, ho appreso una frase che, seppur regional-popolare, rappresenta molto bene la figura del narcisista: ‘Son figo, son béo, son fotomodéo”. Davvero azzecata!
Ma torniamo alla figura dei narcisisti: ne esistono di diverso tipo.
Ci sono quelli innocui: sono persone che fanno, del loro bisogno di conferme, anche uno strumento per veicolare qualcosa di buono; un professore, un medico, un artista.
Ad un livello integrato e ancora ben funzionante, il narciso si accorge persino di te e ti accoglie tra i suoi ‘aspiranti veneratori’.
A differenza delle personalità istrioniche (come, ad esempio Fiorello) che si impegnano per ottenere gli applausi, i nostri narcisisti sono da immaginare come una bella statua: “Non sono io che devo darmi da fare, ma sono gli altri che devono venerarmi“.
C’è tutta una cultura, nella canzone italiana, che per diverse generazioni ha alimentato il loro culto. Hai in mente la strofa iniziale de “L’importante è finire” di Mina? “E adesso, arriva lui…”
Se sei una fanciulla che ha avuto un’esperienza di questo genere, forse ti stai ancora leccando le ferite. Le altre sono avvisate!
Buon cammino