Alessandro Rebuscini

"Est modus in rebus".

CHE COS'È IL "MEOTODE"?

2020-06-09 07:22:13

Con questo ultimo articolo portiamo a termine il nostro primo viaggio all'interno del mondo del karate tradizionale di Okinawa. Quello che approfondiremo in questo articolo è un termine molto importante che rappresenta un principio fondamentale.

L'ultimo termine che andiamo a scoprire ci permetterà di comprendere più a fondo l'arte marziale che pratichiamo e ci consentirà anche di scoprire quanto nella loro forma originale tutte le arti marziali avevano lo stesso scopo e quindi sono più simili di quanto pensiamo.


Per l'appunto in questa sede parliamo di "meotode" o "mitodi" che normalmente è un termine sconosciuto alla maggior parte dei praticanti di karate.


Questo termine tipico della lingua parlata un tempo sull'isola di Okinawa si può tradurre in questo modo: "mani marito e moglie" e viene utilizzato nella pratica del karate per identificare un principio di combattimento.


Le mani infatti secondo questo principio lavorano simultaneamente ovvero con lo stesso obiettivo. 


Per comprendere meglio questo concetto basta immaginare appunto un uomo ed una donna che decidono di stare insieme per tutta la vita (oggi succede raramente) e che utilizzano le proprie energie ed impiegano le proprie risorse mirando entrambi a raggiungere un obiettivo o più obiettivi che hanno concordato essere per loro importanti. Per fare questo è necessario che entrambi "remino" nella stessa direzione altrimenti andranno incontro a maggiori difficoltà e faranno molto più fatica o addirittura non raggiungeranno mai i loro scopi. 


Se trasportiamo questo esempio nel mondo dell'arte marziale e nello specifico nel principio rappresentato dal termine "meotode" è facile intuire che allo stesso modo, se vogliamo saperci difendere, che era e dovrebbe essere ancora oggi lo scopo primario del karate, dobbiamo pensare che le nostre braccia e mani devono collaborare.


Quando ci viene spiegato ad esempio che l'attacco e la difesa sono un tutt'uno, ecco in questo caso stiamo parlando di "meotode", in quanto se le nostre mani si sostengono l'un l'altra nell'azione si può allo stesso tempo parare un colpo, deviandolo, spostandolo, spingendolo e afferrandolo creando un vantaggio rappresentato ad esempio da un'apertura nella guardia oppure dallo squilibrio dell'avversario che ci consente di contrattaccare in maniera più efficace.


Quindi in sostanza se le nostre mani operano in questo modo si ha più efficacia rispetto a se queste lavorassero ognuna per sé stessa.


Ovviamente questo principio è facilmente individuabile all'interno dei diversi kata ed è comune a tutti gli stili di karate anche se in alcuni è sicuramente più presente.
Come accennato ad inizio articolo questo principio non è esclusivo del karate ma lo si può trovare anche in altre arti marziali. 
Voglio menzionare come esempio la grande somiglianza tra la guardia tipica della boxe a mani nude o "bare-knuckle boxe" che poi divenne la moderna boxe sportiva che tutti conosciamo e la tipica guardia o "kamae" del karate tradizionale che si chiama "meotode gamae".


In questo tipo di guardia non esiste la cosiddetta "mano morta" o passiva in quanto entrambe sono pronte e posizionate in modo strategico sia per l'attacco che per la difesa ad esempio di punti vitali o deboli. 


In un contesto di difesa personale e di conseguenza a distanza ravvicinata l'utilizzo delle mani secondo questo principio è essenziale.  Essendo, in origine, le arti marziali studiate per la difesa e la sopravvivenza questo tipo applicazione è riconducibile a tutte le discipline nate con questo scopo.


Anche questo termine da questo momento in poi non sarà più immerso in un alone di mistero e mi auguro che possiate approfondirlo attraverso la pratica e la ricerca che sono entrambi aspetti che non dovrebbero mai  mancare per la crescita all'interno del mondo delle arti marziali ma in generale in ogni aspetto ed attività della vita.


P.S.

Questi termini che abbiamo approfondito nei vari articoli sono solo alcuni di quelli presenti nella terminologia legata al karate tradizionale di Okinawa però ci tengo a precisare che a differenza del karate sviluppatosi nel resto del Giappone, esistono molti meno termini in quanto per differenza di cultura gli okinawensi non sono portati, rispetto al resto dei giapponesi, ad identificare attraverso un termine preciso un determinato aspetto della pratica. 



Siamo arrivati alla conclusione di questo viaggio che spero possa avervi intrattenuto in maniera leggera ed allo stesso tempo arricchito di informazioni e conoscenze utili per la vostra pratica.


Se sono riuscito ad incuriosire qualche persona che di arti marziali e di karate non aveva mai sentito parlare o non aveva mai desiderato approfondirne le tematiche posso solo che ritenermi soddisfatto. Come sempre vi invito a contattarmi per qualsiasi dubbio o curiosità.



A presto.

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by Alessandro Rebuscini