Alberto Pucci

Founder President

A cena si parlava di trascendente

2020-02-17 12:16:38

Opera di Antonio Menegazzo in arte AMEN (apri foto per dettagli). Considerazioni e riflessioni a seguire.

Il sistema nervoso è dotato di una mente, che funziona attraverso un flusso di immagini organizzate in un' ottica di equilibrio e miglioramento (omeostasi).


Il sistema nervoso (di cui la mente fa parte come ultima  arrivata in senso filogenetico) è poi così importante anche perché gestisce la comunicazione tra le varie parti dell'organismo - e dell’organismo in rapporto all’ambiente circostante.
Nello schermo della mente fluiscono le immagini associate al mondo esterno (i sensi), alle azioni (equilibrio propriocettivo autonomo) ed anche ai pensieri della stessa mente.


La mente ha come scopo il rendere migliore la vita in funzione di ciò che sono gli input nervosi autonomi (che gestiscono la sopravvivenza).
La mente, infatti, è supportata, per lo più inconsapevolmente, dalla collaborazione dello stesso sistema nervoso autonomo, il quale associa alla mente i vari parametri degli organi interni  che processano la "vita" in senso stretto e reale (segnalando con diverse intensità: salute o malattia, freddo o caldo, fame o sete, pericolo o sorpresa, tristezza o gioia, rabbia o paura, postura adeguata o inadeguata, ma soprattutto piacere o dolore; ed un sacco di altre cose). Questo permette alla mente di valutare inconsapevolmete (gli psicologi direbbero "inconsciamente", ma diciamo piuttosto: "implicitamente", che si addice di più ad un comportamento) la corretta condotta da adottare per meglio perseguire l’adattamento (Damasio, Panksepp).


Tutto questo perché chi vive - lo si sappia o meno - vuole poter vivere, perseguendo in questo modo (consapevole o non consapevole - esplicitamente o implicitamente), la propria omeostasi (biologicamente parlando, significa perseguire il miglior equilibrio funzionale alla vita).

L'omeostasi è "il miglior stato di equilibrio dell'organismo compatibile con la vita".


Anche i "frutti della mente" (che arrivano sempre dopo rispetto agli atteggiamenti impliciti), come ad esempio i pensieri di miglioramento, come le conquiste scientifiche, la risoluzione di problemi, le relazioni con gli altri, sono da leggersi in questa prospettiva, cioè esse nascono da atteggiamenti.

Facciamo un esempio di ciò che si intende per implicito: se il mio organismo è molestato, il comportamento conseguente che si può adottare è quello di irritarsi per far fronte ad una situazione molesta. I neuroni percettivi sono cellule che si "irritano" scaricando segnali, quando vengono stimolate dagli agenti interni ed esterni. Ecco perché uno stato organico implicito si chiama atteggiamento: un comportamento "irritato" ha in sé stesso un atteggiamento di irritazione - oppure possiede atteggiamento "disponibile, o aperto, o cordiale, o attendista, o resistivo, ecc.", se quello che vuol fare è rispondere ad un diverso tipo di stimolazione.
Non occorre esprimerlo a parole: “è l'atteggiamento, che è implicito". Non è uno "stato d'animo" (non nasce dalla psiche), ma è uno stato del corpo organico (che può influenzare o meno il pensiero a seconda della sua intensità). Ecco perché un atteggiamento può instaurare uno stato d’animo, o uno “stato mentale”: dipende dalla sua capacità di “scuotere” l’organismo. Questa “scossa” cos’è? 

L’emozione! 

Stando così le cose, non sorprende che per riportare calma (per indurre un atteggiamento di calma) in una persona turbata, si dice: “respira!”, oppure: “vuoi un bicchier d’acqua?”. Anche nel porgere una notizia che si presume induca forti risposte emotive all’organismo, si dice prima all’interessato: “siediti”, per prevenirgli “un atteggiamento” di forte inadeguatezza.

A proposito, l'atteggiamento non è necessariamente un comportamento: si può star fermi ed "avere comunque un atteggiamento".


La 'relazione con il trascendente' può rientrare in ciò che si intende per "relazioni con gli altri", anch’essa influenzata da un atteggiamento. 

Personalmente credo che il riconoscersi come un “organismo che ha vita”, cioè un tipo di stato che non è possibile ottenere autonomamente (non “ci si dà la vita”), permetta di introdursi in una prospettiva di creaturalità: cioè di riconoscersi creatura, individuando intuitivamente un possibile creatore quale interlocutore con cui relazionarsi.

Questo autoriconoscimento dello stato creaturale è una forma di atteggiamento che l'organismo adotta davanti alla realtà di un pensiero che appare sullo schermo della mente con cui esso si misura  e si definisce, grazie alla stessa mente. E scusate se è poco.


Si instaura, con la possibilità che l’atteggiamento adeguato dona al soggetto, un eventuale tipo di relazione con il trascendente,

Da un primo atteggiamento di apertura si potrà passare ad un conseguente comportamento di avanzata o ritiro, a seconda della relazione e conforme all’inclinazione di ogni singolo individuo;

La cosa più naturale del mondo. 


Poi, che uno abbia o meno fiducia che questo dialogo si possa verificare, sono affari suoi.


L’umiltà di riconoscersi creatura è un riconoscimento che probabilmente è la semplice verità.
Una umiltà che è pura e semplice constatazione del confronto tra la definizione di una misura di esistenza terrena con ciò che è incommensurabilmente altro. Questa umiltà è da sempre un atteggiamento molto più diffuso di quanto si pensi oggigiorno, perché è ragionevole

Ma, anche senza “dialogo con il trascendente”, almeno per i nostri occhi e per i nostri sensi, la vita stessa è l'unico miracolo a cui non si può non credere.

Sapevàtelo.