Cristiana Lenoci

Blogger, redattrice web

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Donne e Potere: l’eccezionale caso delle Badesse del Monastero di San Benedetto a Conversano (Ba)

2020-01-22 13:11:58

La Puglia è ricca di storia e di aneddoti che è un piacere conoscere e divulgare. Oggi voglio condividere con voi una ricostruzione storica e artistica del Monastero di San Benedetto a Conversano (Ba). La storia ci offre straordinari esempi di modernità anche in tempi lontani: eccone uno.

Tutt’oggi si discute di sacerdozio femminile e la questione è quanto mai spinosa e divisiva. Tuttavia c’è stato un angolo di Puglia in cui il sacerdozio femminile era una realtà  consolidata  e   riconosciuta,  seppur  tra   mille  difficoltà.  


La   fondazione  del monastero  di   San  Benedetto  a   Conversano  risale  al   periodo  alto  medievale.   I  primi documenti in cui viene nominato infatti risalgono al X secolo. Sin   dalle  origini  venne   investito  di  molti   privilegi  da  parte   dei  conti  normanni e  dai loro  successori,   in particolare  dal  conte   Goffredo.  Egli  concesse   ai monaci  il   grande feudo  di  Castellana   nel  1098,  su  cui esercitarono  potere  su   uomini  e  terre.   


Nel  1110 papa Pasquale II riconobbe ai monaci l’autonomia dal vescovo locale e la possibilità di  eleggere   il  proprio  abate.   Rendendo  il  monastero nullius,  vale   a  dire  dipendente direttamente  dalla   santa  sede,  il  papa  diede   origine  ad  una   situazione  eccezionale,  in cui l’abate di San Benedetto e i suoi successori assunsero poteri assimilabili a quelli di  un   vescovo,  provocando  un   dissidio  con  il   clero  locale,  la   cui  autorità  venne ridimensionata.


Dopo la morte dell’imperatore Federico II, si scatenarono lotte di potere tra la fazione sveva e angioina. I monaci furono costretti ad abbandonare Conversano, forse perché schierati si  contro   il  re  Manfredi,   amato  figlio  del   sovrano.  Fu  a questo  punto   che subentrò l’ordine femminile delle monache cistercensi. Nel 1266, in un momento di grande  difficoltà  per   il  regno,  papa   Clemente  IV  affidò   alle  consorelle  il   compito  di risollevare  il destino   del  monastero.  


I   privilegi,  prima  concessi   ai  membri  maschili dell’ordine,  vennero   pienamente riconfermati.  I   documenti  ufficiali  papali, gelosamente custoditi, sarebbero stati mostrati con orgoglio ogni qual volta qualcuno avesse messo in dubbio il legittimo potere delle badesse.


I dettagli di questo passaggio di testimone ci sono sconosciuti e, se dovessimo far  fede   ad  una  leggenda   locale,  è  probabile   che  la  prima   madre  badessa  fu   Dametta Paleologa,  religiosa  forse   imparentata  con  la   famiglia  reale  di   Costantinopoli.  A prescindere  dalle  testimonianze   molto  incerte,  è   certo  che  sin   dal  principio  non  fu semplice  fare  i   conti  con  tali   poteri  straordinari  accordati   a  una  donna   e,  fra  alti  e bassi, fu sempre costante lo scontro fra le badesse e il vescovo della cittadina.


Fra  il   XVII  e  il   XVIII  secolo  si   ebbe  il  periodo   di  maggior  splendore   per  il monastero.  Le   badesse  di  questa   insolita  comunità  erano   scelte  fra  le   consorelle  di origine  nobiliare.   Alcune  di  loro   erano  imparentate  con   la  famiglia  del   Conte  stesso, come  nel   caso  di  Caterina   Acquaviva  o  di   Donata,  figlia  del   conte  Giangirolamo  II Acquaviva   d’Aragona,  portatrici  di   immense  doti  e   omaggiate  dalla  ricca   nobiltà locale. Nei secoli accumularono grandi ricchezze in quella che era diventata una  vera e propria “cittadella sacra” all’interno del paese. 


Ad ulteriore conferma della loro importanza, durante una campagna di lavori attorno al 1620, venne apposta una targa presso l’ingresso privato del palazzo delle badesse in cui le si definiva antistate, cioè vescovesse.


Tutto  questo   si  traduceva  anche   nello  sfarzo  dei   paramenti  indossati  dalla   badessa. Ella  infatti  sedeva   su  un  trono,   incoronata  da  una   ricca  mitria,  copricapo   vescovile per eccellenza, e munita di pastorale. Inoltre un’antica tradizione prevedeva che la si omaggiasse con un baciamano, segno di riverenza che non fu mai gradito dal vescovo e da tutto il clero maschile. Tale usanza era praticata anche in occasione del funerale. 


A  metà  del   1600  risalgono  quindi   le  maggiori  trasformazioni  dell’antica   chiesa romanica.  Venne  messa   in  opera  il   grande  affresco  delle   volte  della  chiesa   ad  opera dei  pittori   bitontini  Carlo  Rosa   e  Nicola  Gliri,   mentre  l’altare  maggiore   fu impreziosito  di  una   tela  del  pittore   napoletano  Paolo  Finoglio   raffigurante  San Benedetto  e   San  Biagio.  Infine   s’intraprese  la  campagna   di  costruzione  di  un altissimo  campanile - portale.  


Con   atto  notarile,  s’impedì   che  a  Conversano   ce  ne fossero  di   più  alti  e,   dunque,  anche  la   torre  campanaria  della   cattedrale  sarebbe dovuta  essere   più bassa  di  quella   del  nostro  monastero.   Un  ennesimo  motivo   di disputa con il potere vescovile.


Fu  in  questo   periodo  che  nacque   l’appellativo  di  Monstrum   Apuliae       (Stupore  di Puglia) per definire l’eccezionalità di queste donne potenti e facoltose, poi ripreso successivamente  dagli   storici  di  metà  Ottocento.